Sentenza n. 353 del 1992

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SENTENZA N. 353

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 411 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 novembre 1991, n. 352, recante proroga del termine di cui all'art. 3 della legge 18 ottobre 1961, n. 1048, relativo all'Ente autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni), nella parte in cui sostituiscono, rispettivamente, l'art. 2, n. 1, lett. a) e n. 2, e l'art. 4, n. 2, lett.c), della legge 18 ottobre 1961, n. 1048, nonchè dell'art. 6 della stessa legge 30 dicembre 1991, n. 411, promosso con ricorso della Regione Toscana, notificato il 29 gennaio 1992, depositato in cancelleria il 7 febbraio successivo ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 1992.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 2 giugno 1992 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

uditi l'avv. Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana e l'avv. dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. La Regione Toscana, con ricorso notificato il 29 gennaio 1991, ha impugnato deducendone il contrasto con gli artt. 97, 117, 118 e 123 Cost.: l'art. 2, primo comma, lett. a) e secondo comma della l. 18 ottobre 1961, n. 1048, come sostituito dall'art. 2 della l. 30 dicembre 1991, n.411; l'art. 3 di quest'ultima legge, nella parte in cui ha sostituito l'art.4, secondo comma, lett. c) della suddetta legge n. 1048 del 1961;l'art. 6 della legge n. 411 del 1991.

Nel ricorso - premesso che la legge n. 411 del 1991 ha ad oggetto la proroga del termine trentennale previsto dall'art. 3 della l. 18 ottobre 1961, n.1048, relativa all'istituzione dell'Ente per l'irrigazione della Valdichiana, delle valli contermini aretine, del bacino idrografico del Trasimeno e dell'Alta valle del Tevere umbro-toscana, nonchè la ristrutturazione di tale Ente - si deduce che l'art. 2, comma primo, lett.a) suddetto, dispone che l'Ente provvede "alla progettazione ed alla esecuzione di opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo, nonchè alla relativa gestione, esercizio e manutenzione, nell'ambito delle competenze attribuite al ministero dell'agricoltura e delle foreste dalla legislazione vigente". Tale norma sarebbe solo apparentemente rispettosa delle competenze regionali in quanto, dopo il trasferimento alle regioni delle competenze nella materia de qua, quelle restate all'Ente sono state determinate con il d.P.R. 18 aprile 1979, il quale le ha circoscritte alla "progettazione ed esecuzione delle opere idrauliche di seconda categoria di cui all'art. 2, secondo comma, della l.18 ottobre 1961, n. 1048, relative a bacini idrografici interregionali, individuati con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 1977, n. 13551, previste dagli artt. 89 e 91 del d.P.R. n. 616 del 1977 o dall'art. 12 ultimo comma della l. 27 dicembre 1977, n. 984".

Rispetto a tale previsione residuano attualmente all'Ente le sole competenze ex art. 12, ultimo comma, della l. 27 dicembre 1977, n.984, per essere state delegate alle regioni le altre funzioni a far data dall'1 gennaio 1980, come prescritto dall'art. 89 del d.P.R. n. 616 del 1977. Tali residue competenze afferiscono esclusivamente "alle opere di accumulo di acqua a prevalente scopo irriguo nonchè alle opere primarie di adduzione e riparto delle acque ad uso irriguo". Ciò nonostante - come sopra si è visto - l'art. 2, comma primo, lettera a), della legge n. 1048 del 1961, nel testo di cui all'art. 2 della legge n. 411 del 1991, prescrive che l'Ente provvede, nell'ambito delle disposizioni di cui al d.P.R. 18 aprile 1979, "alla progettazione e alla esecuzione di opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo". Ciò comporterebbe - secondo la regione ricorrente - che all'Ente non sarebbero più attribuite solo competenze in ordine alle opere "primarie", già di competenza statale, ma anche ad altre opere.

2. Quanto al secondo comma dell'art. 2 della legge n. 1048 del 1961, come sostituito dall'art. 2 della legge n. 411 del 1991, nel ricorso si espone che esso - stabilendo che "l'Ente può provvedere ad interventi in materia di realizzazione, manutenzione ed esercizio di opere pubbliche irrigue, di bonifica idraulica ed infrastrutturali, su incarico o concessione delle Regioni Umbria e Toscana, nonchè agli interventi che, nelle stesse materie, siano ad esso affidati da enti locali territoriali" - , ha legiferato in materia riservata alla legislazione regionale.

Infatti, la materia della bonifica, ai sensi dell'art. 117 Cost. e del d.P.R. n. 616 del 1977, è di competenza regionale e la regione Toscana ha emanato in proposito la legge regionale 23 dicembre 1977, n. 83 (e altre leggi di modifica). Al legislatore statale, pertanto, competeva solo di emanare norme di principio e non anche norme di dettaglio come quella dell'art. 2, comma secondo, impugnato.

3. Riguardo all'art. 3 della legge n. 411 del 1991, nella parte in cui sostituisce l'art. 4, n. 2, lett. c) della legge n. 1048 del 1961, nel ricorso si deduce che tale norma, al secondo comma (lett. c) stabilisce che il Consiglio di amministrazione è composto, tra gli altri, da "tre rappresentanti della Regione Toscana designati dal Consiglio regionale, in modo che sia assicurata la presenza di almeno un rappresentante delle minoranze". Questa previsione - secondo la regione - lederebbe la sfera di competenza garantitale dall'art. 123 della Costituzione, ai sensi del quale "ogni regione ha uno Statuto il quale, in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica, stabilisce le norme relative all'organizzazione interna della regione". Spetta infatti alla regione, per mezzo dello Statuto e delle sue leggi, disciplinare il riparto delle competenze tra i diversi organi e ciò anche relativamente alle nomine e designazioni di rappresentanti regionali in enti terzi. La legge statale non poteva quindi attribuire la suddetta competenza al Consiglio regionale.

4. Per quel che concerne l'art. 6 della legge n. 411 del 1991, la regione espone che tale articolo denomina l'ex Ente autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni quale "Ente irriguo Umbro-Toscano", assegnandogli così un ruolo strumentale, oltre che dello Stato, delle due suddette regioni.

Ciò violerebbe sia l'art. 118 della Costituzione, sia l'art.57 dello Statuto toscano, che definisce i presupposti, i requisiti e le modalità operative degli enti dipendenti regionali, stabilendo che la regione può attribuire ad enti regionali la cura di una determinata materia solo quando la competenza in tale materia non sia delegabile agli enti locali per la loro natura e dimensione. La via ordinaria di esercizio delle funzioni regionali è, infatti, secondo lo Statuto, quella della delega agli enti locali, in armonia con la previsione dell'art. 118 della Costituzione, secondo il quale la regione "esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici". Pertanto, avendo la regione già provveduto, nella materia regolata dalla legge n. 411 del 1991, mediante la legge regionale n. 83 del 1977, a delegare le competenze agli enti locali, sarebbe illegittima la istituzione, tanto da parte dello Stato che delle stesse regioni, di un ente strumentale.

Al riguardo la regione conclude osservando che "le contraddizioni di cui è permeata la legge impugnata altro non sono se non il risvolto delle difficoltà incontrate dal legislatore nazionale di trovare uno spazio operativo ad un soggetto istituzionale che, se aveva una ragione di esistenza negli anni in cui prese vita (le regioni non erano ancora istituite), oggi certamente è molto più difficilmente ravvisabile". Da qui, l'incongruenza e la irrazionalità della disciplina, con violazione dell'art. 97 Cost..

5. Dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato.

Nell'atto di costituzione si sostiene in proposito l'infondatezza della censura relativa all'art. 2, primo comma, lett. a), in quanto tale articolo espressamente limita l'attribuzione di competenze all'Ente istituito dalla legge n. 1048 del 1961 a quelle riservate allo Stato.

Quanto alla censura relativa al secondo comma dell'art. 2, l'Avvocatura generale dello Stato sostiene che esso, prevedendo l'utilizzabilità dell'Ente da parte degli enti locali territoriali, oltre che delle Regioni Umbria e Toscana, non provoca alcuna invasione delle competenze regionali, limitandosi ad offrire un ulteriore strumento operativo oltre quelli già previsti dalla legislazione regionale.

Riguardo all'art. 4, comma secondo, lett. c), nell'atto di costituzione si deduce che esso non interferisce nell'organizzazione regionale, ma all'organizzazione dell'Ente suddetto, che non è un ente regionale.

Quanto, infine, all'art. 6 della legge n. 411 del 1991, si deduce che esso si limita a mutare la denominazione di un Ente preesistente, cosicchè la sua declaratoria d'illegittimità costituzionale sarebbe priva di conseguenze giuridiche. Comunque, esso non avrebbe reso l'Ente in questione un ente dipendente o strumentale delle regioni, e la sua esistenza sarebbe giustificata da esigenze di bonifica nella zona interessata, che richiedono interventi coordinati, tali da non poter essere devoluti agli enti locali.

Considerato in diritto

1. La prima censura del ricorso proposto dalla Regione Toscana investe l'art. 2, primo comma, lett. a) della l. 18 ottobre 1961, n. 1048, così come sostituito dall'art. 2 della l. 30 dicembre 1991, n.411, che demanda all'ente irriguo umbro-toscano la progettazione, l'esecuzione di opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo, nonchè la relativa gestione, esercizio e manutenzione, "nell'ambito delle competenze attribuite al ministero dell'agricoltura e foreste dalla legislazione vigente".

La delimitazione delle attribuzioni - con riferimento all'organo centrale dello Stato in materia di agricoltura e foreste - consente di escludere agevolmente la violazione denunciata dalla regione circa l'accrescimento delle competenze dell'ente irriguo, con diminuzione di quelle spettanti alla regione stessa, anche a seguito dell'evoluzione della legislazione nazionale contraddistinta dall'incremento delle attribuzioni regionali nella materia.

É da aggiungere che il suddetto art. 2, nel primo comma, statuisce che le attribuzioni devolute all'ente, di cui è questione, si esplicano "nell'ambito delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1979". Questo decreto determina "le funzioni residue dell'ente" e tra esse include la progettazione e l'esecuzione delle opere idrauliche di seconda categoria, relative a bacini idrografici interregionali individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 1977, n. 13551, previste dagli artt. 89 e 91 del d.P.R.24 luglio 1977, n. 616 o dall'art. 12, ultimo comma, l. 27 dicembre 1977, n.984.

Dal complesso delle norme ora indicate si desume: a) il passaggio per delega alle Regioni dal 1 gennaio 1980 anche delle competenze dello Stato circa le opere idrauliche relative ai bacini idrografici interregionali, con il riconoscimento di talune attribuzioni programmatiche allo Stato (artt. 89 e 91 cit.); b) la incidenza a totale carico dello Stato - "applicandosi le norme relative alle opere pubbliche statali per quanto attiene alla istruttoria dei progetti e alle modalità di esecuzione delle opere" - delle opere di accumulo di acqua a prevalente scopo irriguo, nonchè delle opere primarie di adduzione e riparto delle acque ad uso irriguo, riconosciute, d'intesa con le regioni, di interesse nazionale (art. 12, ultimo comma, l.27 dicembre 1977, n. 984).

In questo quadro normativo, al quale fa chiaro riferimento l'impugnato art.2 lett. a), non si realizza modificazione in majus di competenza dell'ente irriguo al di fuori di quelle "attribuite al ministero dell'agricoltura e delle foreste dalla legislazione vigente". Tale richiamo è rispettoso sia dell'attribuzione primaria, sia dei successivi trasferimenti alle regioni delle materie attinenti alla difesa idraulica, alla bonifica e, nell'ambito di essa, all'irrigazione.

Diventa a tal punto inutile soffermarsi sul problema se la lett. a) dell'art. 2 della legge n. 1048 del 1961 come sostituito dall'art.2 della legge n. 411 del 1991 concreti una norma di principio o di dettaglio, dato che il contenuto di essa non determina, per quanto si è detto, alcuna incidenza sulle competenze regionali.

2. Quanto alla denuncia di illegittimità dell'art. 2, n. 2, della già ricordata legge n. 1048 del 1961, come sostituito dall'art. 2 della legge n.411 del 1991, che prevede la possibilità che all'ente siano affidati interventi ("può intervenire"), per incarico o concessione della regione, o per affidamento da enti locali territoriali, in materia di realizzazione, manutenzione ed esercizio di opere pubbliche irrigue, di bonifica idraulica ed infrastrutturali, osserva la Corte che si tratta di norma, nella sua essenza, a carattere ricognitivo e facoltativo, che non altera le attribuzioni regionali in materia di bonifica - anzi le presuppone nel vasto ambito, già precisato - e non esplica alcun effetto sulle competenze di cui alla legge regionale 23 dicembre 1987, n.83 e successive modifiche.

Essendo l'eventuale conferimento di incarichi, previsti dal n. 2 dell'art.2 rimesso alla piena discrezionalità della regione, oltrechè degli enti, titolari od affidatari in base alla legge regionale, dei poteri in materia, la norma, alla ricognizione di tali poteri, fa seguire, senza alcuna efficacia vincolante, la indicazione dell'ente irriguo come possibile destinatario di affidamenti tecnici. Diventa, quindi, ultronea la valutazione della intervenuta delega di funzioni in materia ai comuni, come impeditiva di eventuali conferimenti di attribuzioni all'ente irriguo.

3. É fondata la censura relativa all'art. 3 della predetta legge n.411 del 1991, nella parte in cui, sostituendo l'art. 4 della legge n. 1048 del 1961, prevede la nomina, nel consiglio di amministrazione dell'ente di tre rappresentanti della Regione Toscana, "designati dai rispettivi consigli regionali in modo che sia assicurata la presenza di almeno un rappresentante delle minoranze".

Duplice è la violazione dell'art. 123 nella quale incorre la norma: sia nell'individuazione dell'organo che provvede alla designazione, sia nella determinazione del criterio di salvaguardia della rappresentanza delle minoranze. Ferma, quindi, l'attribuzione alla Regione Toscana della rappresentanza di tre membri in seno al consiglio di amministrazione dell'ente irriguo, è devoluta alla regione stessa, sulla base delle previsioni dello Statuto, la determinazione dell'organo regionale, cui spetta il relativo potere di designazione. La ripartizione delle competenze rientra nella materia "organizzazione interna della Regione" che la Costituzione (art. 123) riserva allo Statuto della regione stessa (cfr. Corte cost. 18 luglio 1989, n. 407).

4. Non fondata è, infine, la censura che investe l'art. 6 della legge n.411 del 1991. La norma modifica in "ente irriguo umbro-toscano" la precedente denominazione dell'ente per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria delle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni.

La censura è dedotta in relazione agli artt. 118 della Costituzione e 57 dello Statuto della Regione Toscana, il quale ultimo definisce i presupposti, i requisiti e i limiti delle modalità operative degli enti regionali.

Si asserisce che, col mutamento di denominazione, l'ente verrebbe ad assumere un ruolo strumentale della Regione, violandosi competenza e criteri segnati dalla Costituzione e dallo Statuto regionale.

A parte il rilievo che il carattere pluriregionale dell'ente legittimava la modifica della sua denominazione, la norma impugnata svolge effetti molto limitati, in quanto fissa tale nuova denominazione, fondandola sul predetto ambito pluriregionale della sua attività, in sostituzione del criterio-base antecedente, fondato invece, sull'ambito provinciale dell'attività stessa.

Nella sua trentennale vicenda la denominazione dell'ente fu contrassegnata inizialmente da uno specifico criterio funzionale- territoriale (bonifica e irrigazione con indicazione dei territori; valli e bacini; l. n. 1048 del 1961; l. n. 765 del 1964); poi, da altro criterio, sempre funzionale- territoriale, ma ad ambito provinciale (bonifica, irrigazione e valorizzazione fondiaria nelle quattro province alle quali afferiscono le anzidette valli e bacini: l. n. 504 del 1968 e l. n.411 del 1991). Tali denominazioni, se valsero a sottolineare l'oggetto ed i mutamenti dell'attività dell'ente, non furono mai costitutive o ricognitive di rapporti strumentali e di dipendenza regionali e provinciali; quella attuale, oggetto dell'impugnativa, è del pari inidonea a produrre la lesione, di cui si duole la Regione Toscana, perchè non incide sulla qualifica e sulle attribuzioni, legittimamente devolute all'ente e non è idonea a produrre riflessi sulla posizione di esso.

Non è, infine, fondata la censura di violazione dell'art. 97 della Costituzione.

Considerate le funzioni spettanti all'ente, anche dopo la costituzione delle regioni - funzioni che, come già si è precisato, si esplicano "nell'ambito delle competenze attribuite al ministero dell'agricoltura e delle foreste dalla legislazione vigente" -, la disciplina relativa appare non priva di congruenza e di razionalità in relazione al fine perseguito (cfr. Corte cost. sent. 24 marzo 1988, n. 331).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 411 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 novembre 1991, n. 352, recante proroga del termine di cui all'art. 3 della legge 18 ottobre 1961, n. 1048, relativo all'Ente autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni), nella parte in cui, sostituendo l'art.4 della legge 18 ottobre 1961, n. 1048 (n. 2 lett. c) prevede la designazione da parte dei consigli regionali, dei rappresentanti regionali nel consiglio di amministrazione dell'ente;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.2, n. 1 lett. a) e n. 2 della l. 18 ottobre 1961 n. 1048, così come sostituito dall'art. 2 della l. 30 dicembre 1991, n. 411;

nonchè dell'art. 6 della l. 30 dicembre 1991, n. 411, sollevate con ricorso in via principale 29 gennaio 1992 della Regione Toscana in riferimento agli artt. 97, 117, 118 e 123 della Costituzione e all'art. 57 dello Statuto della Regione Toscana, approvato con legge 22 maggio 1971, n.343.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/07/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Gabriele PESCATORE, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/07/92.