Sentenza n. 291 del 1992

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 291

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

-        Dott. Francesco GRECO

 

-        Prof. Gabriele PESCATORE

 

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Avv. Mauro FERRI

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Prof. Enzo CHELI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Giuliano VASSALLI

 

-        Prof. Francesco GUIZZI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10 del regio decreto- legge 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico registro automobilistico presso le sedi dell'automobile club d'Italia), convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510, promosso con ordinanza emessa il 13 settembre 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura Circondariale di Matera, nel procedimento penale a carico di Bronzino Domenico Antonio, iscritta al n. 721 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale dell'anno 1991;

udito nella camera di consiglio del 1° aprile 1992 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

Ritenuto in fatto

 

1. Nel corso del procedimento penale contro Bronzino Domenico Antonio, iniziato a seguito di querela della Fiat Sava s.p.a., il Giudice per le indagini preliminari della Pretura circondariale di Matera, richiesto dal Procuratore della Repubblica presso detta pretura di disporre il sequestro preventivo dell'autoveicolo oggetto di < < ipoteca legale>> e non rinvenuto dall'ufficiale giudiziario, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, in relazione agli artt. 2, 3, secondo comma, 13, 25, secondo comma, 27, secondo e terzo comma, della Costituzione.

2. Ha premesso il remittente che la < < più evoluta dottrina>> considera come cardine del moderno diritto penale il < < principio della necessaria lesività (od offensività) del reato>>.

Secondo questo principio, un comportamento diventa oggetto di sanzione penale solo quando metta in pericolo o leda < < beni giuridici di rilievo>> (quelli posti a presidio delle condizioni essenziali della convivenza civile o che sono più meritevoli di protezione giuridica).

Espressione di tale fondamentale cardine del diritto penale sarebbe il principio di riserva di legge in materia penale (art. 25, secondo comma, della Costituzione), quello della personalità della pena (art. 27, primo comma, della Costituzione), quello della sua funzione rieducativa (art. 27, terzo comma, della Costituzione), quello della inviolabilità e normale incoercibilità della libertà personale (art. 13 della Costituzione), quello della dignità umana e della persona (art. 2 della Costituzione) e, infine, quello dell'abbattimento degli ostacoli economici e sociali che ne limitano lo sviluppo (art. 3 della Costituzione).

Dalla lettura della normativa costituzionale bisognerebbe desumere i beni per i quali trova < < eccezionale legittimazione la tutela penale>> e, quindi, in essa occorrerebbe trovare il criterio per il controllo della legislazione esistente.

3. La norma impugnata prevede la sanzione penale della reclusione sino a sei mesi e della multa sino a lire 100.000 per chi, possedendo o detenendo un autoveicolo oggetto di privilegio debitamente iscritto, lo distrugga, lo guasti, lo deteriori, lo occulti ovvero lo sottragga alla garanzia del creditore privilegiato.

Si tratterebbe, ad avviso del remittente, di una < < stravagante ed anomala ipotesi di responsabilità penale per il pericolo di inadempimento di obbligazioni civilistiche>> che, insieme con l'omologo e coevo art. 10 del r.d.l. 29 luglio 1927, n. 1509 (in tema di ordinamento del credito agrario), costituirebbe un relitto di tempi ormai lontani. Con esse si accordava protezione a beni che oggi non appaiono più meritevoli di tutela penale.

Infatti, il legislatore non sanzionerebbe più penalmente le mere violazioni contrattuali, anche se capaci di provocare gravi danni patrimoniali, ma soltanto certe modalità di aggressione del patrimonio (sottrazione materiale della cosa, nel furto; induzione in errore, nella truffa; approfittamento dello stato di bisogno, nell'usura; proposito di non adempiere e dissimulazione del proprio stato di incapacità patrimoniale, nell'insolvenza fraudolenta).

Mantenere in vita un siffatto reato significherebbe far ancora riecheggiare il triste ricordo dell'arresto per debiti.

4. La struttura del reato, che secondo il remittente si configura come reato di pericolo presunto, si porrebbe in contrasto con il principio costituzionalizzato di necessaria lesività. Come tale esso verrebbe a: violare i parametri costituzionali sopra indicati; comprimere ingiustificatamente i valori della dignità umana e della libertà personale; creare una ingiustificata disparità di trattamento tra le varie categorie di creditori. Sotto tale ultimo profilo la norma accorderebbe tutela penale solo ai venditori e finanziatori dell'acquisto di autoveicoli o, comunque, ai creditori con privilegio sui detti beni.

Penalizzerebbe inoltre, fra tutti i debitori, i soli possessori o proprietari o detentori di autoveicoli oggetto di privilegio.

Considerato in diritto

 

1. Il Giudice per le indagini preliminari della Pretura circondariale di Matera dubita, in relazione agli artt. 2, 3, secondo comma, 13, 25, secondo comma, 27, secondo e terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 10 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico registro automobilistico presso le sedi dell'automobile club d'Italia), convertito in legge 19 febbraio 1928, n. 510, norma che punisce con la reclusione sino a sei mesi e la multa sino a lire 100.000 chi, possedendo o detenendo un autoveicolo oggetto di privilegio debitamente iscritto, lo distrugga, lo guasti, lo deteriori, lo occulti ovvero lo sottragga alla garanzia del creditore privilegiato.

2. Gli argomenti posti a base dell'ordinanza, sebbene formalmente tutti incentrati sulla pretesa costituzionalizzazione del principio della cosiddetta necessaria offensività o lesività del bene protetto, in considerazione dell'argomento sostanziale, pure svolto nella parte finale del provvedimento, sulla pretesa disparità di trattamento fra le varie categorie di creditori e debitori, possono ben ascriversi a due gruppi distinti. E come tali vanno separatamente esaminati.

3. Con l'enunciazione del principio di necessaria offensività (o lesività) del bene protetto dalla norma, il giudice remittente intende sottoporre all'attenzione della Corte la necessità che il comportamento previsto quale oggetto di sanzione penale leda o, quanto meno, ponga necessariamente in pericolo un bene giuridico. La sanzione penale, inoltre, dovrebbe essere - in un ordinamento liberaldemocratico - una extrema ratio, e l'intervento punitivo dello Stato limitarsi a un ambito ristretto, essendo la sanzione posta a presidio delle condizioni essenziali del vivere civile e dei beni (quando non diversamente tutelabili) socialmente ritenuti meritevoli della sanzione penale.

Nella specie, vi sarebbe invece tale dissonanza con l'ordinamento e con la gerarchia dei valori dei beni socialmente rilevanti al punto che, per il Giudice remittente, questa fattispecie riecheggerebbe addirittura l'arcaico istituto dell'arresto per debiti.

Al di là dell'enfasi argomentativa, l'ordinanza rileva un eccesso di tutela accordata al creditore sino al punto di classificare il reato in esame come delitto: sproporzione che si paleserebbe di tutta evidenza rispetto alla < < scarsa considerazione sociale del bene compromesso>> e < < dell'entità dell'offesa arrecata>>.

I comportamenti sanzionati dalla norma non sembrerebbero infatti raggiungere, oggi, un livello di gravità tale da risultare intollerabili per il contesto sociale o, comunque, non ovviabili mediante il ricorso alle sole forme di tutela civile.

4. Il giudice a quo sottolinea come il legislatore non sanzioni mai penalmente le mere violazioni contrattuali, anche quelle capaci di provocare gravi danni patrimoniali.

Il ragionamento è solo parzialmente esatto. A ben osservare l'ampio ventaglio di fattispecie disegnate dal legislatore, questi ha mostrato di accordare una qualche tutela al rapporto di obbligazione, quand'anche sia ancora in corso il procedimento civile di accertamento. Così come ha fatto, ad esempio, con la previsione di cui al primo comma dell'articolo 388 del codice penale.

Tale fattispecie, che sanziona tutti quegli atti volti a provocare un danneggiamento di carattere economico e giuridico della cosa propria, i quali si riflettono però sulle legittime aspettative altrui che si concretano in un diritto di prelazione della cosa stessa, è assai prossima a quella censurata con l'ordinanza di rimessione. Con essa si colpisce pur sempre un comportamento fraudolento, atteso che il bene su cui vi è garanzia resta nelle mani dell'acquirente, e costui lo occulti o distrugga.

A un più attento esame, dunque, il remittente ha omesso di considerare proprio questo profilo, finendo per schiacciare la figura incriminatrice di cui all'articolo 10 del regio decreto-legge n.426 del 1927 sul piano del mero torto contrattuale, così depurandolo in modo forzoso d'una qualunque maliziosità da parte del suo responsabile.

5. In realtà, la fattispecie esaminata germina - non è un caso - sul nuovo terreno costituito dallo speciale regime di circolazione di quei beni mobili particolari che sono gli autoveicoli. La nuova normativa nacque, secondo l'unanime interpretazione, per la diffusione dell'autoveicolo a mezzo di vendite rateali o a credito. Ma l'istituzione del Pubblico Registro Automobilistico non fu che una conseguenza imposta da finalità privatistiche di garanzia: prima fra tutte la necessità di annotare il diritto di garanzia (il cosiddetto privilegio automobilistico) sul bene trasferito all'acquirente ancora debitore del prezzo, o parte di esso, verso il venditore o il finanziatore dell'acquisto. Lo scopo di incentivare le vendite attraverso l'immediatezza del trasferimento e del godimento del bene postulava una garanzia assimilabile a quella ipotecaria e non a quella pignoratizia, certo più idonea a tutelare il creditore, ma non anche (a causa del connaturato spossessamento del debitore) a incrementare le vendite rateali del bene. Di qui, la scelta del legislatore verso una tutela del creditore (venditore o finanziatore dell'acquisto dell'autoveicolo) innanzitutto civilistica, caratterizzata dalla possibilità di ricorrere a un particolare procedimento esecutivo (dichiarato pienamente legittimo da questa stessa Corte con le pronunce nn. 114 del 1972, 36 del 1968 e 59 del 1967) che, in deroga ai principi del codice di procedura civile posti in tema di esecuzione, sottrae la materia al principio nulla executio sine titulo.

Tutela civilistica cui fa seguito, con ciò rafforzandola, una forma di tutela penale disegnata dal censurato articolo 10 del regio decreto- legge n. 426 del 1927, che consente una certa effettività del recupero del bene attraverso la minaccia della sanzione penale (irrogabile solo dopo la querela del venditore o finanziatore, che può del pari rimetterla).

Essendo l'autoveicolo un bene mobile, è assai facile sottrarlo a un prevedibile sequestro o pignoramento - specie quando ci sia mala fede - anche in considerazione del fatto che esso non è oggetto di pegno, e dunque di spossessamento, ma appunto di < < ipoteca mobiliare>> (che non comporta spossessamento).

6. L'originaria genesi privatistica della disciplina in ordine alla pubblicità automobilistica, peraltro già posta in collegamento con una più specifica sul versante amministrativo riguardante la legittimazione oggettiva - ovverosia quella concernente i controlli pubblici sull'idoneità del veicolo alla circolazione -, è divenuta, con il tempo, un imprescindibile riferimento per l'attuale regolamentazione dell'intero settore, poichè coinvolge una pluralità di aspetti, tutti facenti capo alla comoda possibilità di individuazione dell'intestatario dell'autoveicolo (dalla sicurezza stradale, al regime della responsabilità civile da circolazione, ai controlli sulla limitazione della circolazione dei veicoli con finalità di tutela della salute, ai profili fiscali concernenti la circolazione degli autoveicoli). Sì che ne è conseguita una disciplina assai complessa, contrassegnata da un intreccio inestricabile fra aspetti privatistici e funzione pubblicistica del registro per la pubblicità automobilistica.

Non può perciò parlarsi, in conclusione, di mera repressione penale dell'inadempimento del credito sia in considerazione dei profili pubblicistici che la norma penale richiama, sia in considerazione degli aspetti fraudolenti della condotta delittuosa caratterizzante la fattispecie incriminatrice. E tanto, beninteso, a prescindere dalla questione della legittimità costituzionale d'una tutela penale del credito, che può restare estranea alla presente decisione.

7. Il secondo gruppo di argomenti riguarda il profilo dell'uguaglianza.

Sebbene non enunciato formalmente, l'argomento è accennato dall'ordinanza allorchè questa lamenta una ingiustificata disparità di trattamento tra le varie categorie di creditori ad opera della fattispecie incriminatrice. La norma accorderebbe infatti tutela penale solo ai venditori e finanziatori dell'acquisto di autoveicoli o, comunque, ai creditori con privilegio su tali beni. Penalizzerebbe per converso, fra tutti i debitori, i soli possessori o proprietari o detentori di autoveicoli oggetto di privilegio.

Vi sono, certo, seri motivi di dubbio, considerato che la categoria dei beni mobili registrati, della quale fanno parte gli autoveicoli ai quali si riferisce la garanzia (che va più correttamente definita come ipoteca), integra una vera e propria fattispecie legale, che si caratterizza, fra l'altro, per la presenza di un sistema di pubblicità che unifica i beni e ne determina l'inquadramento nell'ambito di un concetto unitario. Tale concetto non richiede peraltro la uniformità delle garanzie sotto l'aspetto civilistico e penalistico.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.10 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico registro automobilistico presso le sedi dell'automobile club d'Italia), convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510, in relazione agli artt. 2, 3, secondo comma, 13, 25, secondo comma, 27, secondo e terzo comma, della Costituzione, sollevata dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Matera con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/06/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 22/06/92.