Sentenza n. 94 del 1992

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SENTENZA N. 94

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 156, secondo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 20 maggio 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Termini Imerese, nel procedimento penale a carico di Gianforte Francesco ed altri, iscritta al n. 559 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un procedimento in cui le persone offese avevano proposto opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Termini Imerese ha sollevato d'ufficio, con ordinanza del 20 maggio 1991, in riferimento all'art. 3 Cost., una questione di legittimità costituzionale dell'art. 156, secondo comma, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nella parte in cui dispone che in caso di opposizione proposta nel procedimento pretorile, si provvede "a norma dell'art. 554, comma 2 c.p.p. e non a norma del combinato disposto di cui agli artt. 410, co. 3 e 409 commi 2, 3, 4 e 5 c.p.p.".

Ad avviso del giudice rimettente, la circostanza che la norma impugnata, richiamando l'art. 554, secondo comma, cod. proc. pen., disponga che sull'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione il giudice per le indagini preliminari presso la pretura provvede de plano, anzichè previa audizione delle parti in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 127 cod. proc. pen., secondo quanto disposto per l'analoga opposizione proposta nei procedimenti di competenza del tribunale dagli artt. 410, terzo comma, e 409 cod. proc. pen., dà luogo ad ingiustificata disparità di trattamento tra le parti offese dei due procedimenti.

Tale audizione, infatti, non è mera ripetizione di argomentazioni già svolte, ma concretizzazione del principio accusatorio proprio di un sistema processuale in cui le parti, nella fase delle indagini preliminari, operano in condizioni di parità nel contraddittorio innanzi al giudice.

La norma impugnata, inoltre, darebbe luogo ad irrazionale disparità di trattamento rispetto ad altre fasi del procedimento pretorile, dato che in altri casi di opposizione, come quella avverso il decreto che dispone la restituzione di cose sequestrate (art. 263, quinto comma, cod.proc. pen.), è prevista l'udienza camerale dell'art. 127 cod. proc. pen..

2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata. A suo avviso, è del tutto ragionevole, alla stregua della direttiva della "massima semplificazione" posta per il procedimento pretorile dal legislatore delegante, che nella disciplina dell'archiviazione siano stati adottati meccanismi semplificativi, idonei a salvaguardare imprescindibili esigenze di funzionalità della macchina giudiziaria, che diversamente sarebbe inesorabilmente travolta dalla massa di procedimenti che affluiscono ogni giorno alle preture.

Considerato in diritto

1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Termini Imerese dubita che l'art.156, secondo comma, delle disposizioni di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in quanto non prevede che nel procedimento pretorile - a differenza che in quello davanti al tribunale (artt. 409, 410 cod. proc. pen.) - le parti siano sentite in camera di consiglio (art. 127 cod. proc. pen.) in caso di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, contrasti con l'art. 3 Cost., per la disparità di trattamento che, in termini di rispetto del contraddittorio, si determina tra le parti offese nei due tipi di procedimenti, e per la diversità di disciplina, nello stesso procedimento pretorile, rispetto ad altri casi di opposizione, come quella avverso il decreto di restituzione di cose sequestrate (art. 263, quinto comma).

2.- Giova innanzitutto chiarire che la differenza di disciplina dell'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero nel procedimento, rispettivamente, davanti al tribunale e davanti al pretore è meno marcata di quanto potrebbe evincersi dal mero raffronto testuale tra le disposizioni dettate, da un lato, nell'art. 410 del codice e, dall'altro, nell'art. 156 delle disposizioni di attuazione.

Innanzitutto, come esattamente precisato nelle Osservazioni governative al progetto di quest'ultima disposizione (in allora, art. 141 bis;cfr. p.184), la stessa previsione della facoltà di opposizione comporta che anche nel procedimento pretorile il pubblico ministero sia tenuto - ai sensi dell'art. 408, secondo comma, del codice - a dare avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa che abbia dichiarato di volerne essere informata.

Dall'applicabilità di tale norma discende, inoltre, che, anche nel procedimento pretorile, qualora l'avviso sia omesso, la persona offesa sia abilitata a proporre ricorso per cassazione, secondo quanto ritenuto da questa Corte nella sentenza n. 353 del 1991.

Quanto, poi, al contenuto dell'opposizione della persona offesa - che nel primo procedimento (art. 410) "chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l'oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova", mentre nel secondo (art. 156) "indica gli elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta" di archiviazione - nelle citate Osservazioni si precisa che la differenza discende dal fatto che nel procedimento pretorile non è previsto che il giudice per le indagini preliminari abbia il potere (previsto per il procedimento ordinario dall'art. 409, quarto comma) di indicare al pubblico ministero ulteriori indagini da compiere.

Questo presupposto della differenziazione è, però, venuto meno per effetto della sentenza di questa Corte n. 445 del 1990, che ha, appunto, dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 554, secondo comma, del codice nella parte in cui non prevede che anche nel procedimento pretorile il giudice per le indagini preliminari, "se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il loro compimento". Ciò comporta, sul piano logico-sistematico, un'espansione della facoltà della persona offesa correlativa alla scomparsa del suddetto presupposto: sicchè si deve ritenere che anche nel procedimento pretorile la sua opposizione non sia più finalizzata solo al rigetto della richiesta di archiviazione, ma possa anche consistere nella sollecitazione di un'investigazione suppletiva con indicazione - a pena, di inammissibilità - dell'oggetto di essa e dei relativi elementi di prova.

É da rilevare, infine, che una differenziazione tra procedimento pretorile e procedimento davanti al tribunale non appare ravvisabile in riferimento all'ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari ritenga l'opposizione della persona offesa inammissibile e la notizia di reato infondata, dato che anche nel secondo procedimento, a norma dell'art. 410, secondo comma, è previsto che il giudice provveda de plano, pronunciando l'archiviazione con decreto motivato.

La differenziazione che il giudice a quo lamenta concerne, quindi, le ipotesi diverse da quella ora enunciata, rispetto alle quali la decisione avviene de plano nel procedimento pretorile (cfr. le citate Osservazioni governative), mentre in quello davanti al tribunale si fa luogo all'udienza in camera di consiglio (art. 410, terzo comma).

3.- Tanto precisato, la questione deve ritenersi non fondata.

É perlomeno dubbio, innanzitutto, che la mancanza della procedura camerale si risolva in un pregiudizio per la persona offesa idoneo a radicare il deteriore trattamento che il giudice rimettente lamenta rispetto alla persona offesa che abbia proposto opposizione nel procedimento davanti al tribunale. La procedura camerale appare, invero, tesa non tanto a garantire la persona offesa - che ha già esposto le proprie ragioni nell'atto di opposizione - quanto, piuttosto, a consentire al pubblico ministero ed alla persona sottoposta alle indagini di interloquire sul merito dell'opposizione: e ciò trova conferma nella statuizione per cui, "in caso di più persone offese, l'avviso per l'udienza è notificato al solo opponente" (art. 410, terzo comma).

D'altra parte, se si considera che il procedimento pretorile soggiace alla direttiva (n. 103 dell'art. 2 della legge delega n. 81 del 1987) della "massima semplificazione", non può dirsi privo di giustificazione - e quindi fonte di disparità di trattamento tale da violare l'art. 3 Cost. - che il legislatore abbia ritenuto di attuarla evitando l'appesantimento che l'adozione della complessa procedura camerale indubbiamente comporta.

Parimenti infondata è, infine, l'ulteriore censura prospettata attraverso il raffronto con la disciplina dell'opposizione avverso il decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione delle cose sequestrate (art.263, quinto comma), dato che tale procedura obbedisce ad esigenze diverse, tali da rendere disomogenei i termini della comparazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.156, secondo comma, delle disposizioni di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 nella parte in cui non prevede, nel procedimento pretorile, in caso di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, l'audizione delle parti in camera di consiglio, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Termini Imerese con ordinanza del 20 maggio 1991.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/92.

Giuseppe BPRZELLINO, Presidente

Ugo SPAGNOLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 9 marzo del 1992.