Sentenza n. 16 del 1992

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SENTENZA N. 16

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, limitatamente alla parte <o, se assegnati, non si è proceduto alla consegna al legittimo assegnatario>, e secondo comma, nonchè dell'art. 5, terzo comma, del disegno di legge n. 456-605-908-985-990, approvato nella seduta n. 370 Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 19 novembre 1991 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara, per il ricorrente, e gli avvocati Francesco Castaldi ed Enzo Silvestri per la Regione siciliana.

Ritenuto in fatto

1. -- Con ricorso depositato il 17 maggio 1991, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato l'art. 2, primo comma (limitatamente alla parte <o, se assegnati, non si è proceduto alla consegna al legittimo assegnatario>) e secondo comma, nonchè l'art. 5, terzo comma, del disegno di legge n. 456-605-908-985-990, approvato dall'Assemblea regionale della Sicilia nella seduta n. 370 del 1-2 maggio 1991, <per violazione dell'art.53 della legge 5 agosto 1978, n.457 (Norme per l'edilizia residenziale) in connessione con l'art. 26 della legge 8 agosto 1977, n. 513 (Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell'edilizia residenziale pubblica), e dell'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 (Norme per l'assegnazione e la revoca nonchè per la determinazione e la revisione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), in relazione ai limiti posti dagli articoli 14 e 17 dello Statuto speciale>.

Osserva l'Autorità ricorrente che il disegno di legge in argomento si propone di utilizzare il patrimonio immobiliare realizzato con finanziamenti pubblici, disciplinando il fenomeno delle occupazioni abusive e disponendo, a tal fine, all'art. 2, primo comma, il censimento al 31 dicembre 1990 di coloro che <avevano in godimento di fatto gli alloggi di edilizia sovvenzionata, realizzati o acquistati con finanziamenti dello Stato alla Regione o al Comune, semprechè si tratti di alloggi per i quali non si è proceduto all'assegnazione o, se assegnati, non si è proceduto alla consegna al legittimo assegnatario>.

Agli occupanti, se in possesso dei requisiti prescritti, gli alloggi vengono definitivamente assegnati e -- nell'ipotesi in cui essi fossero già stati oggetto di assegnazione -- al <legittimo assegnatario, al quale non sia stato consegnato l'alloggio in conseguenza dell'occupazione abusiva>, viene riconosciuto un diritto di precedenza per le future assegnazioni.

Il Commissario dello Stato esclude che alla Regione spetti una potestà legislativa esclusiva nella materia dell'edilizia economica e popolare, al più ipotizzando un'affinità con l'ambito della assistenza sociale ex art.17 lett. f) dello Statuto, che concerne competenza legislativa vincolata al rispetto dei criteri fissati a livello nazionale.

A riguardo il legislatore (art. 53 della legge 5 agosto 1978, n.457) ha previsto la possibilità di regolarizzazione dei rapporti con gli occupanti abusivi esclusivamente allorchè essi non abbiano sottratto il godimento dell'alloggio ad assegnatario già individuato in graduatorie pubblicate a norma di legge. Ove, viceversa, ciò sia accaduto, l'occupante ex art. 25 della legge 8 agosto 1977, n. 513, resta definitivamente escluso dal diritto all'assegnazione.

Per la normativa regionale impugnata, invece, il medesimo occupante abusivo non solo non versa in tale situazione, ma addirittura gli viene garantito il diritto all'alloggio, a discapito del legittimo assegnatario (che può soltanto vantare un'aspettativa per il futuro) e gli è assicurata una situazione alloggiativa più comoda rispetto a quella a quest'ultimo riconosciuta (la legge regionale consente infatti di regolarizzare l'occupazione anche per un numero di vani maggiore di duerispetto alla consistenza del nucleo familiare). Opina il ric ciò concreterebbe una sorta di premio per chi abbia occupato un alloggio destinato ad altro soggetto, il quale, a sua volta, vedrebbe ricompensata la sua attesa della legittima consegna con una mera precedenza sulle future assegnazioni, contraddizione che nessuna specificità territoriale potrebbe mai giustificare.

Conclude il Commissario rilevando come il testo della legge sia stato comunicato al proprio ufficio oltre il termine statutario di tre giorni: precisamente il quarto giorno dall'approvazione. In proposito il ricorrente chiede che questa Corte riveda il proprio orientamento, espresso nella sentenza n. 365 del 1990, secondo cui resta comunque integro il termine di giorni cinque per l'impugnazione riservato al Commissario dello Stato, in quanto permarrebbero incertezze circa il computo dell'ulteriore termine di giorni otto in cui il Presidente della Regione può promulgare la legge.

In aggiunta alla declaratoria d'illegittimità di cui sopra,viene quindi richiesta <in rito, l'inefficacia del disegno di legge per tardiva comunicazione>.

2. -- Si è costituita la Regione siciliana, affermando che l'Assemblea regionale ha soltanto tentato di risolvere la grave situazione delle occupazioni abusive che, tuttavia, non consentirebbe uno sgombero manu militari per l'alto costo sociale di tale intervento.

La valutazione dell'equilibrio tra salvaguardia della legalità ed interessi pratici resterebbe riservata al legislatore regionale, in quanto essenzialmente politica. Nella specie, si è ritenuta preminente l'esigenza di non arrecare turbamenti all'ordine pubblico, differendo il momento della realizzazione del diritto degli assegnatari legittimi e tale differimento avrebbe un <valore ideale> che porterebbe ad escludere l'equiparazione alla perdita dell'assegnazione. L'impugnativa sarebbe esasperata nei toni e fondata sull'erroneo presupposto dell'intangibilità della posizione degli assegnatari.

La regolarizzazione delle situazioni abusive risulterebbe perciò legittima in quanto sarebbero consentite alla Regione una diversa valutazione delle posizioni soggettive ed anche la deroga al principio per cui il numero dei vani assegnabili non può superare il numero dei componenti il nucleo familiare dell'assegnatario aumentato di uno.

Circa l'asserita tardività della comunicazione, osserva la Regione che il testo della legge, approvato giovedì 2 maggio 1991, venne trasmesso all'Ufficio del Commissario il successivo lunedì 6 maggio, primo giorno non festivo del termine statutario di tre giorni, e quindi tempestivamente (si fa a riguardo riferimento alla già citata sentenza di questa Corte n.365 del 1990).

Considerato in diritto

1. -- Con ricorso depositato il 17 maggio 1991 (Reg.ric. n. 25 del 1991), il Commissario dello Stato per la Regione siciliana impugna la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta n. 370 dell'1-2 maggio 1991 (disegno di legge n. 456-605-908-985-990) dal titolo "Nuove norme per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica e proroga del termine di cui all'art. 2 della legge regionale 6 luglio 1990, n. 11".

Le questioni su cui questa Corte deve pronunciarsi sono tre:

a) inefficacia del disegno di legge per tardiva comunicazione dell'approvazione da parte dell'Assemblea regionale al Commissario dello Stato;

b) illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo e secondo comma, della legge regionale impugnata, per violazione dell'art. 53 della legge n.457 del 5 agosto 1978 (Norme per l'edilizia residenziale), in connessione con l'art. 26 della legge 8 agosto 1977, n. 513 (Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell'edilizia residenziale pubblica), in relazione ai limiti posti dagli articoli 14 e 17 dello Statuto della Regione siciliana;

c) illegittimità costituzionale dell'art. 5, terzo comma, della stessa legge impugnata, in relazione all'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n.1035.

2. -- La questione sub a) è nel fatto identica a quella già prospettata con ricorso commissariale del 12 aprile 1990, su cui questa Corte non può che ribadire la non fondatezza, dichiarata con sentenza n.365 del 1990.

L'invio al Commissario dello Stato dell'approvato disegno di legge entro il primo giorno successivo al terzo festivo non configura violazione del termine stabilito dall'art. 28 dello Statuto regionale a carico dell'Assemblea. Una volta inviato il disegno stesso -- anche, in ipotesi, in un termine più breve -- cominceranno a decorrere gli ulteriori cinque giorni per l'impugnativa, in assenza della quale potrà essere esercitato il potere di promulgazione.

Pertanto il computo di tali giorni è condizionato dal dies a quo dell'effettivo invio del testo approvato al Commissario dello Stato.

Nell'ipotesi, che nella specie non ricorre, di invio tardivo, altro effetto non può prodursi che quello di una dilazione del termine iniziale -- per il computo dei cinque giorni utili per l'impugnazione - al giorno successivo alla ricezione del testo.

3. -- La questione sub b) è fondata.

Con l'art. 2, primo e secondo comma, la Regione provvede a regolarizzare l'occupazione abusiva di alloggi di edilizia sovvenzionata, compensando il già individuato legittimo assegnatario, cui non sia stata consegnata l'abitazione perchè illecitamente occupata, con mera attribuzione di precedenza nell'assegnazione di altro alloggio popolare, anche se non incluso nella graduatoria generale vigente.

Pur dandosi atto che la Regione è stata indotta a procedere a tale sanatoria dalla difficoltà di fronteggiare emergenze di ordine pubblico, derivanti da operazioni di sgombero coattivo, degli occupanti senza titolo, dagli alloggi da consegnare ai legittimi assegnatari; non si può non rilevare che una normativa consolidante situazioni di fatto costituitesi illegalmente a danno di assegnatari già individuati in pubbliche graduatorie, è di per sè causa di ben più gravi e durature tensioni sociali, oltre che esempio di diseducazione civile, dimostrandosi ai cittadini rispettosi delle leggi che essi, anzichè tutelati, sono spogliati delle loro spettanze a favore di chi, anche se spinto dall'impulso di soddisfare l'esigenza fondamentale dell'abitazione ha violato la legge. Si tocca qui uno dei principi costitutivi dell'ordinegiuridico, il divieto di farsi ragione da sè con lesione del altrui. Ogni norma che sopravvenga ad omologare fatti conseguiti alla violazione del neminem laedere si pone fuori del quadro dei valori su cui è costruito lo Stato di diritto.

Nel caso di specie, proprio ad impedire ogni regolarizzazione postuma di situazioni di abuso, il legislatore statale ha comminato, per atti posti in essere violando le prescrizioni dettate in materia, non solo sanzioni amministrative, ma la nullità assoluta ed insanabile, fatta valere da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio dal giudice (art. 26, ultimo comma, della legge n. 513 del 1977).

É inconfutabile la violazione dell'art. 53 della legge 5 agosto 1978, n.457, che esclude la regolarizzazione dell'occupazione quando essa <abbia sottratto il godimento dell'alloggio ad assegnatario già individuato in graduatorie pubblicate a norma di legge>, nonchè dell'art. 26, quarto comma, della legge 8 agosto 1977, n. 513, che esclude dalla assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica "chiunque occupi un alloggio di edilizia residenziale pubblica senza autorizzazioni previste dalle disposizioni in vigore".

4. -- É opportuno ricordare che, tra le materie di competenza primaria delle Regioni elencate nell'art. 117 della Costituzione, non compare l'edilizia residenziale pubblica. É stata questa Corte, con sentenza n. 221 del 1975, ad individuare tre fasi nella materia dell'edilizia residenziale pubblica (già variamente denominata come "case popolari", "edilizia popolare", "edilizia comunque sovvenzionata"): a) quella urbanistica; b) quella dei "lavori pubblici di interesse regionale"; c) quella della "prestazione e gestione del servizio della casa", nella quale rientra la disciplina dell'assegnazione degli alloggi.

Essendo l'urbanistica e i lavori pubblici nell'elenco dell'art. 117 della Costituzione e non potendosi al loro interno isolare l'edilizia residenziale pubblica, ecco che è identificata su questa una competenza primaria della Regione.

Nel caso di specie è da richiamare l'art. 4 del d.P.R. 1 luglio 1977, n.683 (Modificazioni ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 30 luglio 1950, n. 878, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di opere pubbliche) che -- sostituendo l'art. 5 del d.P.R. n. 878 del 1950 -- dispone: <la Regione esercita le attribuzioni dell'amministrazione dello Stato nelle materie attinenti all'edilizia economica e popolare o comunque sovvenzionata>.

Il d.P.R. n. 683 del 1977 opera, dunque, la devoluzione alla Regione siciliana di una competenza qualificabile, per l'oggetto, come specificazione della materia che globalmente lo Statuto designa come "lavori pubblici" (art. 14 lett. g), alla stregua delle norme di attuazione dello Statuto stesso (<materie attinenti all'edilizia economica e popolare o comunque sovvenzionata> art. 4, primo comma, d.P.R. n. 683 del 1977 cit.: cfr. sentenze n. 566 e n. 534 del 1988).

Dato che la Regione siciliana ha per Statuto legislazione esclusiva sulla materia dei lavori pubblici, una volta che sia ricompresa in questa l'edilizia residenziale pubblica, è indubbia la legittimazione del legislatore regionale a legiferare anche in tema di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, specie dopo che questa Corte, con le sentenze nn. 727 e 1115 del 1988, nonchè n. 493 del 1990, ha disconosciuto un preteso principio generale di livello costituzionale per il quale l'assegnazione di alloggi, sia quanto a legislazione e/o normazione generale, sia quanto ad amministrazione concreta, sarebbe di competenza non regionale.

Tuttavia, stabilendo l'art. 88, n. 13, del d.P.R. 24 luglio 1977, n.616, la competenza dello Stato nella <determinazione dei criteri per le assegnazioni di alloggi e per la fissazione dei canoni>, il legislatore regionale, che per vincolo di Statuto (artt. 14 e 17) si impegna a non contraddire <principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato>, è tenuto ad uniformarsi in materia alla normativa statale.

Tale vincolo è tanto più cogente quando, come nei divieti e nelle sanzioni in esame, è tutelato un principio cardine dell'ordine giuridico, quale si è innanzi descritto.

5. -- La questione sub c) è parimenti fondata.

L'art. 5, terzo comma, della legge impugnata, recita: <In deroga alle disposizioni di cui al secondo comma, dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, si può procedere all'assegnazione di alloggi aventi un numero di vani maggiore di due rispetto alla consistenza del nucleo familiare dell'assegnatario>.

L'art. 11, secondo comma, del d.P.R. n. 1035 del 1972 stabilisce: <Non può essere assegnato un alloggio con un numero di vani abitabili superiore al numero dei componenti il nucleo familiare dell'assegnatario aumentato di uno>.

Non vi è dubbio che la quantificazione della densità abitativa in rapporto fisso -- numero dei componenti il nucleo familiare aumentato di un'unità -- appartenga a quella <competenza dei criteri>, riservata allo Stato, che viene richiamata in tutta la legislazione successiva: art. 88, n. 13, del d.P.R. n. 616 del 1977; art. 2, secondo comma, punto 2), della legge n. 457 del 1978 (cfr. sentenza n. 1115 del 1988).

La Regione, derogando alla disciplina prestabilita dall'art.11, secondo comma, del d.P.R. n. 1035 del 1972, ha legiferato in materia coperta da riserva statale, e cioè non propria.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, limitatamente alle parte <o, se assegnati, non si è proceduto alla consegna al legittimo assegnatario>, e secondo comma, nonchè dell'art. 5, terzo comma, della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta n. 370 del 1-2 maggio 1991 (disegno di legge n. 456- 605-908-985- 990) recante <Nuove norme per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica e proroga del termine di cui all'art. 2 della legge regionale 6 luglio 1990, n. 11>;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della medesima legge regionale, sollevata, in riferimento all'art.28 dello Statuto della Regione siciliana, dal Commissario dello Stato con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/01/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 gennaio del 1992.