Sentenza n.3 del 1992

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SENTENZA N. 3

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 27 febbraio 1991 dal Pretore di Pescara sul ricorso proposto da Sbaraglia Roberto, per conto del minore Sbaraglia Giuliano, contro il Ministero dell'interno, iscritta al n. 482 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.28, prima serie speciale, dell'anno 1991; 2) ordinanza emessa il 2 maggio 1991 dal Pretore di Pescara sul ricorso proposto da De Laurentiis Patrizia, per conto della minore Cavallo Claudia, contro il Ministero dell'interno, iscritta al n. 472 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.28, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1991 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto in fatto

1. -- Nel corso di due giudizi in cui i ricorrenti, minori ciechi assoluti, nonchè invalidi non deambulanti e non autosufficienti, avevano richiesto il pagamento sia della pensione non reversibile percepita ex art.14 septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, sia dell'indennità di accompagnamento già prevista dalla legge 11 febbraio 1980, n.18 -- avendo il Ministero dell'interno loro negato il primo trattamento dal momento dell'erogazione dell'indennità di accompagnamento (come successivamente disciplinata dall'art. 5 della legge 21 novembre 1988, n.508) -- il Pretore di Pescara, con due analoghe ordinanze emesse il 27 febbraio 1991 e il 2 maggio 1991 sui ricorsi proposti contro il Ministero dell'interno rispettivamente da Sbaraglia Roberto, per conto del minore Sbaraglia Giuliano, e da De Laurentiis Patrizia, per conto della minore Cavallo Claudia, ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del citato art. 5 della legge 21 novembre 1988, n. 508.

Il giudice a quo prospetta anzitutto una violazione del principio della parità di trattamento, affermando che soltanto al cieco totale infradiciottenne, che sia nel contempo anche invalido civile, è precluso il cumulo di pensione ed indennità (che la norma impugnata sancisce in asserita violazione del principio di specificità dei trattamenti assistenziali). Infatti il cieco parziale o il sordomuto continuerebbero a percepire, nelle medesime condizioni d'invalidità, sia le provvidenze specifiche previste per tale menomazione, che l'indennità di accompagnamento.

La censurata normativa comporterebbe inoltre una parziale limitazione dei mezzi necessari per il mantenimento e l'assistenza dell'invalido, con conseguente violazione dell'art. 38 della Costituzione.

2. -- In entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità, ovvero per l'infondatezza della questione, osservando come ai ciechi parziali, in quanto tali, non sia concessa l'indennità di accompagnamento, mentre, per altro verso, la pensione d'invalidità compete ai soggetti non autosufficienti in età compresa tra il diciottesimo ed il sessantacinquesimo anno di età.

L'Autorità intervenuta ribadisce altresì la diversità dei presupposti delle due provvidenze, sottolineando come risulti del tutto erroneo l'assunto del giudice a quo secondo il quale agl'invalidi civili minorenni diversi dai ciechi assoluti spetterebbero sia la pensione che l'indennità.

Considerato in diritto

1. -- Il Pretore di Pescara, con due ordinanze emesse il 27 febbraio 1991 (R.O. n. 482 del 1991) e il 2 maggio 1991 (R.O. n. 472 del 1991), ha sollevato, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti), in quanto, nel prevedere in favore dei minori ciechi assoluti la sola indennità di accompagnamento e sopprimendo la pensione ad essi in precedenza erogata, tale norma, nell'ipotesi di soggetti che siano anche invalidi (perchè non deambulanti e/o non autosufficienti), determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei minori ciechi parziali invalidi, i quali continuerebbero a cumulare indennità e pensione.

Analoga situazione, in sè prospettata anche come lesiva dell'art. 38 della Costituzione, verrebbe a crearsi in rapporto ad altre categorie di soggetti pluriminorati, come i sordomuti invalidi.

Le ordinanze prospettano la medesima questione, onde i relativi giudizi possono essere riuniti e trattati congiuntamente.

2.1 -- La questione è infondata.

Questa Corte ha già rilevato come la "pensione" erogata prima dell'entrata in vigore della legge n. 508 del 1988 a favore dei minori ciechi assoluti rappresentasse <una provvidenza sui generis, volta non già a sopperire alla mancanza di un reddito di lavoro, quanto piuttosto ad assicurare [...] uno speciale beneficio in ragione del particolare disagio che la gravità della menomazione comporta, a prescindere dalla capacità di guadagno>, aggiungendo inoltre che, nel quadro della successiva razionalizzazione del sistema, <appare del tutto giustificata la sostituzione della suddetta "pensione" con l'indennità di accompagnamento di ben più elevato importo, [...] non subordinata ad alcun limite di reddito> (ordinanza n. 210 del 1991).

2.2 -- La citata legge n. 508 del 1988 non ha invece soppresso la suddetta "pensione" per i minori ciechi con residuo visivo non superiore ad un ventesimo (cd. ciechi "parziali" o "ventesimisti") i quali, se aventi diritto in ragione del loro reddito, possono cumularla con la "speciale indennità" di modesto importo, di cui all'art. 3, primo comma, della legge citata, espressamente per essi prevista.

La somma dei due trattamenti risulta di gran lunga inferiore all'ammontare dell'indennità di accompagnamento corrisposta ai ciechi assoluti.

Diverso è il caso in cui entrambi i soggetti in argomento siano anche invalidi in quanto non deambulanti o non autosufficienti. Tale ulteriore minorazione, a termini dell'art. 1 della legge n. 508 del 1988, dà diritto, come anche la cecità assoluta, all'indennità di accompagnamento ed è lo stesso testo della disposizione a chiarire come l'emolumento non possa essere concesso due volte, a titolo d'invalidità e di cecità assoluta.

Al minore cieco assoluto invalido continuava perciò ad essere erogata, sulla base di detta legge, la sola indennità di accompagnamento.

2.3 -- Senonchè il legislatore, consapevole della discrasia creatasi con i ciechi "ventesimisti" (di cui subito si dirà), ha introdotto, con legge 11 ottobre 1990, n. 289 (Modifiche alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre 1988, n. 508, recantenorme integrative in materia di assistenza economica agli inva ai ciechi civili ed ai sordomuti e istituzione di un'indennità di frequenza per i minori invalidi), l'art. 5 bis, di seguito alla norma impugnata, per effetto del quale è stata aumentata del 45% l'indennità di accompagnamento erogata ai ciechi assoluti pluriminorati.

2.4 -- Infatti i minori ciechi "ventesimisti", se invalidi totali, potevano e possono cumulare -- in presenza di altri ed autonomi benefici accordati per la loro minorazione visiva -- l'indennità di accompagnamento con gli emolumenti di cui sub 2.2, realizzandosi in tal modo un trattamento complessivo che, prima dell'entrata in vigore della novella sub 2.3, risultava superiore alla sola indennità di accompagnamento percepita dai minori ciechi assoluti pluriminorati.

2.5 -- Di quest'ultima somma va tuttavia sottolineata nuovamente la congruità, che va anzi ribadita per l'ipotesi di aumento in favore dei soggetti pluriminorati, onde è da escludere che la differenza di trattamenti, concretatasi dal gennaio 1989 al novembre 1990 sia un effetto della soppressione della "pensione", come prospettato dal giudice a quo.

Essa consegue alle particolari descritte ipotesi di cumulo ed è, se mai, il risultato di un mancato effetto retroattivo della citata legge n. 289 del 1990.

Nell'arco temporale considerato, tuttavia, l'affermata adeguatezza dell'indennità, nel quadro della complessiva razionalizzazione del sistema, e la dipendenza del diverso trattamento da circostanze di fatto (quali il limite di reddito per godere della pensione), escludono l'asserita violazione degl'invocati parametri costituzionali.

3. -- É appena il caso di rilevare l'erroneità del richiamo alla categoria dei minori sordomuti quale ulteriore tertium comparationis: costoro infatti, se invalidi, possono cumulare l'indennità di accompagnamento con l'indennità di comunicazione, ma non la pensione, esclusa per gl'infradiciottenni invalidi (ad eccezione dei ciechi) dall'art.8 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509 (Norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonchè dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie, ai sensi dell'articolo 2, primo comma, della legge 26 luglio 1988, n. 291).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti), sollevata, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Pescara con le ordinanze di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/01/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 gennaio del 1992.