Sentenza n. 503 del 1991

 

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SENTENZA N. 503

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                   Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

Prof. Francesco GUIZZI                                                  “

Prof. Cesare MIRABELLI                                               “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, del decreto legge 1° aprile 1989, n. 120 (Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia), convertito, con modificazioni, nella legge 15 maggio 1989, n. 181, promosso con ordinanza emessa il 28 dicembre 1990 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Bedello Rossana ed altra ed I.N.P.S., iscritta al n. 459 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di costituzione di Bedello Rossana ed altre;

Udito nell'udienza pubblica del 3 dicembre 1991 il Giudice relatore Francesco Greco;

Udito l'avvocato Lucio Laurenti per Bedello Rossana ed altre;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Rossana Bedello, Maria Veronica Morelli e Laura Guidetti, dipendenti della Finsider s.p.a., dichiaravano di volersi avvalere della possibilità, prevista dal decreto legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito nella legge 15 maggio 1989, n. 181, di accedere al prepensionamento con decorrenza dal compimento del cinquantesimo anno di età, fruendo dell'accredito contributivo previsto dalla suddetta legge. Siccome per le donne detto accredito era concesso solo per gli anni dal cinquantesimo al cinquantacinquesimo mentre per gli uomini era previsto fino al sessantesimo anno, ricorrevano al Pretore perché fosse concessa un'anzianità contributiva pari a quella degli uomini.

Il Pretore di Roma, su eccezione delle ricorrenti, con ordinanza del 28 dicembre 1990 (R.O. n. 459 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, del citato decreto legge n. 120 del 1989, nella parte in cui stabilisce per i lavoratori del settore siderurgico che fruiscono del collocamento a riposo anticipato ai sensi dello stesso decreto legge, un trattamento pensionistico con diversa anzianità contributiva per uomini e donne. Tale disparità di trattamento, secondo il giudice a quo, violerebbe gli artt. 3 e 37 della Costituzione, alla stregua dei quali la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che l'uomo e la donna hanno diritto di lavorare sino alla stessa età e, in caso di eccezionale cessazione anticipata del rapporto, di vedersi riconosciuta la medesima anzianità contributiva (sentenze nn. 137 del 1986, 498 del 1988, 371 del 1989).

2. - Nel giudizio si sono costituite la Bedello, la Morelli e la Guidetti, concludendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata dal Pretore di Roma, riportandosi alle precedenti decisioni della Corte Costituzionale citate nella ordinanza di rimessione.

Non si è costituita l'I.N.P.S. né è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Corte è chiamata a verificare se l'art. 2, secondo comma, del decreto legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito nella legge 15 maggio 1989, n. 181, nella parte in cui stabilisce che il trattamento pensionistico per i lavoratori del settore siderurgico che fruiscono del collocamento a riposo anticipato ai sensi dello stesso decreto legge, venga calcolato sull'anzianità contributiva aumentata di un periodo pari a quello compreso tra la data della risoluzione del rapporto di lavoro e quella del compimento del sessantesimo anno di età per gli uomini, e del cinquantacinquesimo per le donne, violi gli artt. 3 e 37 della Costituzione per la disparità di trattamento che crea in ragione esclusiva della diversità di sesso.

1.1. - La questione è fondata.

L'art. 2, secondo comma, del decreto legge 1° aprile 1989 n. 120, convertito con modificazioni in legge 15 maggio 1989 n. 181, che contiene misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia, ha stabilito che il trattamento di pensione che compete a coloro che vanno in prepensionamento sia calcolato sulla base dell'anzianità contributiva aumentata di un periodo pari a quello compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quello del compimento del sessantesimo anno di età se uomo o del cinquantacinquesimo anno di età se donna.

Trovano applicazione i principi già affermati da questa Corte in fattispecie di prepensionamento analoghe, sia pure previste da altre disposizioni che hanno formato oggetto di questione di costituzionalità.

Come si è già affermato (sent. n. 371 del 1989), la sancita disparità di trattamento tra lavoratore e lavoratrice è fondata sull'erroneo presupposto che l'età pensionabile per la donna sia fissata al cinquantacinquesimo anno di età e per l'uomo al sessantesimo. Invece il prepensionamento, siccome costituisce una anticipata risoluzione del rapporto di lavoro per cause eccezionali, incide sull'età lavorativa, che è identica sia per l'uomo che per la donna, potendo entrambi lavorare fino a sessant'anni (sent. 137 del 1986 e 498 del 1988).

Ne deriva che sia il lavoratore che la lavoratrice che vanno in prepensionamento hanno diritto allo stesso trattamento in ordine alla anzianità contributiva e non rileva affatto la diversità di sesso.

2. - Si osserva, inoltre, che sia l'uomo che la donna possono andare in prepensionamento a cinquant'anni ed in effetti le ricorrenti hanno proposto la prescritta domanda al compimento del cinquantesimo anno.

Vero è che per l'art. 5 del decreto legge n. 536 del 1987, convertito con modificazioni in legge n. 48 del 1988, la donna può andare in prepensionamento al quarantasettesimo anno, ma siffatta previsione importa solo che da tale età inizia il periodo di anzianità contributiva da riconoscersi alla stessa, il quale deve essere di dieci anni come per il lavoratore (sent. n. 134 del 1991 e ord. n. 196 del 1991).

Pertanto, va dichiarata la illegittimità costituzionale della disposizione censurata.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, del decreto legge 1° aprile 1989, n. 120 (Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia), convertito, con modificazioni, in legge 15 maggio 1989, n. 181, nella parte in cui non riconosce alla lavoratrice del settore siderurgico, in caso di prepensionamento anticipato al compimento del cinquantesimo anno, di conseguire la medesima anzianità contributiva fino a sessant'anni come per il lavoratore.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Antonio BALDASSARRE - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI - Francesco GUIZZI - Cesare MIRABELLI.

 

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1991.