Sentenza n. 488 del 1991

 

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SENTENZA N. 488

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                   Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 21, secondo, terzo e quarto comma, e 50, secondo comma, del R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani), promosso con ordinanza emessa l'8 febbraio 1991 dalla Corte di Appello di Cagliari nel procedimento civile vertente tra Regione autonoma della Sardegna e Passino Giuseppe, iscritta al n. 428 del 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice relatore Francesco Greco;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - La Regione autonoma della Sardegna ha impugnato dinanzi alla Corte di appello di Cagliari il lodo arbitrale del 4 febbraio 1989, reso esecutivo dal Pretore di Sassari, emesso, ai sensi degli artt. 21 e 50 R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267, dal Collegio arbitrale adito per determinare la maggiore indennità dovuta dall'amministrazione regionale per la occupazione temporanea di 70 ettari di terreno siti nell'agro di Villanova Monteleone, di proprietà dell'avvocato Passino Giuseppe, finalizzata alla esecuzione di lavori di sistemazione idraulico-forestale.

La detta indennità inizialmente era stata concordata tra le parti e liquidata in data 1° maggio 1979.

La Corte d'Appello, con ordinanza dell' 8 febbraio 1991 (R.O. n. 428 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 21, secondo, terzo e quarto comma, e 50, secondo comma, del suddetto R.D.L. n. 3267 del 1923, che prevede, per la determinazione dell'indennizzo in caso di occupazione di terreni per sistemazione idraulico-forestale, un arbitrato obbligatorio.

A parere della Corte remittente, sarebbero violati gli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione, in quanto, secondo quanto già affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 127 del 1977), la tutela dei diritti e degli interessi può essere ottenuta solo dinanzi ad organi giudiziari e non può essere imposto da una legge il deferimento della controversia ad un arbitro o a un collegio arbitrale.

1.1. - L'ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

1.2. - Nel giudizio non si sono costituite le parti e non è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Corte è chiamata a verificare se gli artt. 21, secondo, terzo, quarto comma, e 50, secondo comma, del R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267, nella parte in cui prevedono un arbitrato obbligatorio per la determinazione dell'indennizzo da corrispondere ai proprietari dei terreni sottoposti a sistemazione idrogeologica, violino gli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione, in quanto le parti interessate per la tutela del loro diritto sarebbero obbligate per legge a rivolgersi a un collegio arbitrale anziché al giudice così come prescritto dagli invocati precetti costituzionali.

1.2. - La questione è fondata.

L'art. 17 del R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267, dispone che i boschi, che per la loro speciale ubicazione difendono terreni o fabbricati dalla caduta di valanghe, dal rotolamento di sassi, dal sorrenamento e dalla furia dei venti, e quelli ritenuti utili per le condizioni igieniche locali, su richiesta delle Province, dei Comuni o di altri enti e privati interessati, possono essere sottoposti a limitazioni nella loro utilizzazione.

L'art. 21, primo e secondo comma, stabilisce un indennizzo determinato, sulla base dei minori redditi derivanti dalle dette limitazioni imposte alla consuetudinaria utilizzazione dei boschi, d'accordo tra le parti e, in caso di mancato accordo, da tre arbitri, nominati uno da ciascuna delle due parti e il terzo dagli stessi e, in caso di disaccordo, dal Presidente del Tribunale, il quale potrà nominare anche uno degli arbitri delle parti in caso di mancata nomina da parte delle stesse.

Gli artt. 39 e seguenti dello stesso decreto prevedono la sistemazione e il rimboschimento di terreni montani con opere eseguite a cura e spese dello Stato. L'art. 50 dello stesso R.D.L., a favore dei proprietari dei suddetti terreni, in caso di totale o parziale sospensione del godimento, stabilisce l'assegnazione di una indennità determinata nei modi previsti dal precedente art. 21.

Agli interessati è quindi imposto, per la tutela del loro diritto all'indennizzo o alla indennità, il ricorso a un collegio arbitrale anziché al giudice ordinario.

2. - Come già questa Corte ha deciso (sent. n. 127 del 1977), solo le parti possono scegliere altri soggetti (arbitri) per la tutela dei loro diritti al posto dei giudici ordinari, ai quali è demandata la funzione giurisdizionale in base all'art. 102 della Costituzione. E la scelta è intesa come uno dei modi possibili di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all'art. 24, primo comma, della Costituzione.

La fonte dell'arbitrato non può, però, ricercarsi e porsi in una legge o generalmente in una volontà autoritativa. Non valgono a legittimare il ricorso all'arbitrato obbligatorio gli eventuali vantaggi connessi a siffatta procedura (celerità del giudizio, possibilità di approfondire gli aspetti tecnici della questione ecc.), perché la decisione degli arbitri rappresenta sempre il risultato di un procedimento che si svolge illegittimamente al di fuori del regime della sovranità statuale e non trova alcuna garanzia costituzionale.

Il principio generale, costituzionalmente garantito, è quello dell'art. 806 del codice di procedura civile, secondo cui le parti sono libere di far decidere le controversie tra loro insorte da arbitri liberamente scelti.

Pertanto, va dichiarata la illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la illegittimità costituzionale degli artt. 21, secondo, terzo, quarto comma, e 50, secondo comma, del R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991.