Ordinanza n. 253 del 1991

 

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ORDINANZA N. 253

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                  Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 409, quarto comma, e 412, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Tanfani Ivo, iscritta al n. 93 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 22 aprile 1991 il Giudice relatore Giuliano Vassalli;

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona, con ordinanza del 5 novembre 1990, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 97, 101, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 409, quarto comma, del codice di procedura penale "laddove non sancisce esplicitamente il carattere ordinatorio e vincolante per il pubblico ministero dell'indicazione di ulteriori indagini in quanto ritenute necessarie e laddove non contempla e prevede esplicite conseguenze procedurali quali l'avocazione delle indagini preliminari da parte del procuratore generale presso la Corte di appello, nell'ipotesi in cui il pubblico ministero non abbia ottemperato all'espletamento delle ulteriori indagini preliminari come indicate", e dell'art. 412, secondo comma, dello stesso codice, nella parte in cui "la detta avocazione ha carattere facoltativo (contrariamente al primo comma)" anche nel caso di inottemperanza all'ordine pronunciato dal giudice per le indagini preliminari;

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

considerato che questa Corte (v. sentenza n. 88 del 1991) ha già avuto modo di affermare che "il problema dell'archiviazione sta nell'evitare il processo superfluo senza escludere il principio di obbligatorietà ed anzi controllando caso per caso la legalità della inazione", riconoscendosi come adeguati strumenti volti a garantire la tendenziale completezza delle indagini e scongiurare l'eventuale inerzia del pubblico ministero proprio gli istituti previsti dagli artt. 409, quarto comma, e 412, secondo comma, c.p.p., entrambi oggetto di denuncia;

che se, da un lato, il pubblico ministero ha l'obbligo di compiere le indagini indicate dal giudice a norma dell'art. 409, quarto comma, c.p.p., tale obbligo non è avulso né autonomo rispetto a quello di compiere "ogni attività necessaria" per assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale (art. 358 in relazione all'art. 326 c.p.p.), di talché l'indicazione del giudice opera come devoluzione di un tema di indagine che il pubblico ministero è chiamato a sviluppare in piena autonomia e libertà di scelta circa la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti che ritenga necessari ai fini suddetti;

che pertanto è un errore il ritenere che il giudice, allorché indica al pubblico ministero ulteriori indagini, "le dispone e le commissiona", procedendo a formulare una tassativa elencazione di specifici atti rispetto ai quali si prefigura una sorta di "delega" al pubblico ministero circa il relativo espletamento; giacché, per questa via, risulterebbe svilito il potere-dovere del pubblico ministero di gestire e dirigere l'attività di indagine che, al contrario, deve permanere inalterato anche quando l'attività stessa sia svolta su "indicazione" del giudice;

che le considerazioni che precedono valgono anche per la questione relativa all'art. 412, secondo comma, c.p.p., in ordine alla quale il rimettente ritiene sia da configurare alla stregua di scelta costituzionalmente imposta quella di prevedere come "obbligatoria" l'avocazione del procuratore generale nell'ipotesi in cui il pubblico ministero non abbia ottemperato all'espletamento delle ulteriori indagini indicate a norma dell'art. 409, quarto comma, c.p.p., e ciò perché, al contrario, l'intervento sostitutivo del procuratore generale previsto dalla norma denunciata non è in sé destinato a "modificare" le conclusioni del pubblico ministero o a surrogare una obiettiva inerzia in ordine alle scelte sulla azione ovvero, ancora, a dirimere patologiche - e perciò stesso non disciplinabili - situazioni di stallo, ma unicamente a consentire ad un diverso ufficio del medesimo organo di apprezzare se in concreto l'attività di indagine sia stata o meno esauriente ai fini che sono istituzionalmente imposti al pubblico ministero;

e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 409, quarto comma, e 412, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 97, 101, secondo comma, e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 6 giugno 1991.