Ordinanza n. 227 del 1991

 

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ORDINANZA N. 227

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                       “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 82- bis della legge 22 dicembre 1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), introdotto dall'art. 24 della legge 26 giugno 1990, n. 162 (Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della legge 22 dicembre 1975, n. 685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), promosso con ordinanza emessa il 9 ottobre 1990 dal Tribunale di sorveglianza di Brescia nel procedimento di sorveglianza nei confronti di Carminati Giuseppe, iscritta al n. 80 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 10 aprile 1991 il Giudice relatore Giuliano Vassalli;

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Brescia, chiamato a decidere sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale avanzata da Carminati Giuseppe, condannato in forza di sei sentenze passate in giudicato pronunciate tra il 1984 e il 1987 per i reati di furto e spaccio di sostanze stupefacenti, previa unificazione delle predette condanne, alla pena complessiva di quattro anni e tre mesi di reclusione, ha, con ordinanza del 9 ottobre 1990, sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 82- bis della legge 22 dicembre 1975, n. 685, inserito dall'art. 24 della legge 26 giugno 1990, n. 162 (e divenuto poi art. 91 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con il d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), "nella parte in cui sottrae alla nuova disciplina i condannati definitivi per reati analoghi, commessi in precedenza all'11 luglio 1990";

che a tale conclusione il giudice a quo perviene dopo aver premesso: che la misura della pena residua non consente al Carminati di usufruire del beneficio dell'affidamento in prova al servizio sociale, ai sensi del "combinato disposto degli artt. 47 e 47- bis" della legge 26 luglio 1975, n. 354 - l'uno sostituito, per ultimo, dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, l'altro inserito dall'art. 4- ter del decreto-legge 22 aprile 1985, n. 144, convertito nella legge 21 giugno 1985, n. 297, e poi sostituito ad opera dell'art. 12 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 - in quanto la pena ancora da espiare supera i tre anni di reclusione; che, peraltro, essendosi assoggettato ad "un programma individualizzato, terapeutico e socio-riabilitativo idoneo", il Carminati potrebbe non essere ristretto in carcere solo "ricorrendo al nuovo istituto della sospensione condizionale della condanna di cui all'art. 82- bis della Legge 26 giugno 1990, n. 162, in vigore dall'11 luglio 1990", un istituto a lui applicabile (previa deduzione di dieci mesi e 13 giorni di reclusione in quanto "già espiati in stato di custodia cautelare", con conseguente determinazione della "pena residua da espiare" in tre anni, quattro mesi e quindici giorni di reclusione) perché il limite di pena per accedere ad esso è di tre anni, elevati a quattro per i reati previsti dall'art. 71, quinto comma - norma riferibile al caso di specie dovendo i fatti addebitati al Carminati considerarsi di lieve entità - quando le pene detentive comminate, pure se congiunte a pena pecuniaria, non superano i quattro anni; che, inoltre, l'art. 71, quinto comma, della legge n. 685 del 1975, introdotto dall'art. 14 della legge n. 192 del 1990, posto a confronto con l'art. 72 della legge n. 685 del 1975, per la cui previsione il Carminati è stato condannato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione, commina una pena meno severa; che "l'attuale legge è, pertanto più favorevole al condannato e dovrebbe essere applicata anche se il reato de quo è stato commesso sotto l'imperio della vecchia legge"; che, però, il "Procuratore Generale si è opposto ad una soluzione del genere, affermando che l'art. 2, 3° comma del C.P.P." (recte, del codice penale) "vieta di applicare in questa sede la norma più favorevole al condannato, volta che sussiste una sentenza passata in giudicato", considerato "che manca - in ogni caso - nella legge 162/90 una norma transitoria che consenta di applicare l'istituto di cui all'art. 82- bis alle condanne ormai irrevocabili, emesse con riferimento all'art. 72 della legge 685/75";

che, tutto ciò premesso, il giudice a quo ha espresso l'avviso, ove "la tesi suddetta fosse fondata, di investire la Corte costituzionale della questione, nuova ed interessante, della legittimità costituzionale di una norma (l'art. 82- bis) che non potrebbe che essere applicata alle future condanne fondate sul reato di cui all'art. 71, 5° comma, della nuova legge", in vigore dall'11 luglio 1990, "e della legittimità, in ogni caso, di una interpretazione che impedisce ogni intervento correttivo di sorveglianza nei confronti delle pene in esecuzione o da eseguire per i reati commessi" prima di tale data;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata;

considerato che il giudice a quo, dopo aver esternato la sua convinzione quanto all'operatività nel caso di specie sia dell'art. 71, quinto comma, sia dell'art. 82- bis della legge 22 dicembre 1975, n. 685, nel testo risultante dalla legge 26 giugno 1990, n. 162, ha omesso di fare concreta applicazione del combinato disposto di tali prescrizioni perché il procuratore generale si era opposto ad una simile soluzione ed ha sollevato questione di legittimità costituzionale solo "nell'ipotesi che la tesi suddetta fosse fondata";

che, di conseguenza, omettendo di pervenire ad una scelta tra le due contrapposte linee interpretative, l'ordinanza di rimessione si limita a sottoporre un normale dubbio interpretativo la cui soluzione è demandata esclusivamente al giudice a quo, al quale spetta di interpretare la norma denunciata (v. ordinanze n. 77 del 1990, n. 507 del 1989; sentenza n. 225 del 1983);

e che tutto ciò rende superfluo l'esame dell'ulteriore profilo, dato invece per pacifico dal Tribunale rimettente, relativo alla computabilità del periodo trascorso in stato di custodia cautelare ai fini della determinazione del limite di pena che renderebbe applicabile il nuovo istituto della sospensione dell'esecuzione della pena detentiva, introdotto, per determinate categorie di condannati, dall'art. 24 della legge 26 giugno 1990, n. 162;

e che, quindi, la questione ora proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 82- bis della legge 22 dicembre 1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), introdotto dall'art. 24 della legge 26 giugno 1990, n. 162 (Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della legge 22 dicembre 1975, n. 685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Brescia con ordinanza del 9 ottobre 1990.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 24 maggio 1991.