Sentenza n. 134 del 1991

 

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SENTENZA N. 134

 

ANNO 1991

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                       “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 16, legge 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica); 1, legge 31 maggio 1984, n. 193 (Misure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della GEPI s.p.a.); e 5, quinto comma, decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48, promosso con ordinanza emessa il 19 giugno 1990 dal Pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Militano Enrica e INPS, iscritta al n. 648 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43/1° serie speciale dell'anno 1990;

Visto l'atto di costituzione dell'INPS;

Udito nell'udienza pubblica del 26 febbraio 1991 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

Udito l'avv. Fabrizio Ausenda per l'INPS;

 

Ritenuto in fatto

 

 

1. - Enrica Militano, dipendente della S.p.a. Italsider, avvalendosi della possibilità, prevista dall'art. 5, quinto comma, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito, con modificazioni, in l. 29 febbraio 1988, n. 48, per le donne occupate nel settore siderurgico di accedere al prepensionamento anche ad un'età inferiore a 50 anni, purché non inferiore a 47, si era dimessa all'età di 47 anni ed un mese, fruendo di un accredito contributivo pari ai soli anni che la separavano dal raggiungimento del cinquantacinquesimo anno di età.

Nel corso del giudizio promosso per ottenere, in applicazione della giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 371 del 1989 ma anche sentt. nn. 137 del 1986 e 498 del 1988), il riconoscimento di una anzianità contributiva maggiore, sino al compimento del sessantesimo anno di età o, in subordine, sino alla data di maturazione dei dieci anni di contribuzione aggiuntiva, il Pretore di Genova, su eccezione della ricorrente, con ordinanza emessa il 19 giugno 1990, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 37 Cost., del combinato disposto degli artt. 16, l. 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica), 1, l. 3 maggio 1984, n. 193 (Misure urgenti per la razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della GEPI S.p.a.), 5, quinto comma, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536, nella parte in cui non consente alla lavoratrice di conseguire un' (accreditamento di) anzianità contributiva (aggiuntiva nella misura) massima di dieci anni, beneficio spettante alla generalità dei prepensionati del settore siderurgico.

La questione è rilevante, ad avviso del giudice a quo, in relazione alla domanda subordinata (diretta al riconoscimento di anzianità contributiva aumentata fino a dieci anni di contribuzione aggiuntiva) avanzata dalla ricorrente, anche in considerazione del fatto che la sentenza n. 371 del 1989, che dichiarava la illegittimità costituzionale della norma (analoga) nascente dal combinato disposto degli artt. 16 della legge n. 155 del 1981 e 1 della legge n. 193 del 1984, nella parte in cui non consente alla lavoratrice del medesimo settore, in caso di prepensionamento, di conseguire la stessa anzianità contributiva (sino a sessanta anni) riconoscibile al lavoratore, è ovviamente limitata alle disposizioni allora impugnate (e non può estendersi all'art. 5, quinto comma, del d.l. n. 536 del 1987, applicabile nella specie).

In ordine alla non manifesta infondatezza, l'autorità remittente, premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'età lavorativa è uguale sia per l'uomo che per la donna (cfr. le tre pronunce citate), mentre la possibilità che la seconda possa ottenere il pensionamento al compimento del cinquantesimo anno di età "trova adeguata giustificazione nella necessità della donna di soddisfare esigenze a lei peculiari e proprie di essa (così l'ord. n. 703 del 1989), e che l'aumento di anzianità contributiva sino a dieci anni spettante al lavoratore ex art. 1 l. 193 del 1984 è stata estesa (con la sentenza n. 371 del 1989) sino al decennio anche alla lavoratrice, osserva che analogo dubbio di incostituzionalità non può non sorgere per l'art. 5, quinto comma, del d.l. n. 536 del 1987, che fa rinvio all'art. 1 della legge n. 193 del 1984, che a sua volta richiama l'art. 16 della legge n. 155 del 1981 (il quale riconosce contribuzione aggiuntiva per un periodo pari alla differenza tra il compimento dei 60 anni di età, per gli uomini, o di 55, per le donne, e l'età raggiunta alla risoluzione del rapporto), con conseguente riconoscimento, nel caso in esame, di una contribuzione aggiuntiva massima di (55 - 47=) otto anni.

Tale disparità di trattamento fra lavoratori e lavoratrici del medesimo settore non è giustificata da specifici presupposti, sicché la norma si pone in contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost.

Essa, conclude il giudice a quo, appare altresì in contrasto con l'art. 37, primo comma, Cost., in quanto nega alla lavoratrice la possibilità "di conseguire i medesimi benefici dell'uomo effetto della identità dell'età lavorativa".

2. - Nel giudizio si è costituito l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, che sottolinea il rilievo (contenuto nella ord. n. 703 del 1988) che, posto che l'età lavorativa è eguale per l'uomo e per la donna, tuttavia il principio di parità non esclude speciali profili - quali la possibilità per la donna di ottenere il pensionamento al compimento del cinquantesimo anno di età - fondati sulla condizione propria della lavoratrice e giustificati dalla necessità della donna di soddisfare esigenze a lei peculiari e proprie di essa.

La possibilità di ottenere il pensionamento in diversa età per la donna, osserva perciò l'Istituto, "segna pur sempre un momento discriminante anche rispetto al beneficio dell'anzianità contributiva, giustificandone la attribuzione in misura differenziata".

Il richiamo, operato dal giudice a quo, alla sentenza n. 371 del 1989, poi, non giova alla tesi sostenuta nell'ordinanza di rimessione, avendo questa Corte fatto discendere il riconoscimento, in misura eguale, della anzianità contributiva proprio dal pari diritto, riconosciuto all'uomo e alla donna dall'art. 1 della legge n. 193 del 1984, a lavorare fino alla stessa età (55 anni), laddove l'art. 5 del d.l. n. 536 del 1987 "stabilisce un differenziato livello di età in favore delle donne (47 anni) rispetto all'uomo per ottenere il prepensionamento nel settore siderurgico", il che giustifica la differenziazione nell'accredito figurativo di anzianità contributiva, anche in relazione all'assunzione a carico dello Stato dell'onere economico diretto ad assicurare la copertura delle differenze contributive rispetto ai comuni requisiti di legge, nei casi di prepensionamento.

L'INPS conclude rimettendosi a giustizia.

 

Considerato in diritto

 

 

1. - Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma e 37 della Costituzione, del combinato disposto dell'art. 16, legge 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica), dell'art. 1, legge 31 maggio 1986 (recte: 1984), n. 193 (Misure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della GEPI s.p.a.) e dell'art. 5, quinto comma, decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito in L. 29 febbraio 1988, n. 48, nella parte in cui, nell'ammettere al prepensionamento le lavoratrici di una data categoria - quelle dipendenti dalle aziende industriali del settore siderurgico fruenti del trattamento di integrazione salariale o licenziate per riduzione del personale o per cessazione dell'impresa - che abbiano un'età inferiore ad anni cinquanta e comunque non inferiore ad anni 47, non consente alle lavoratrici stesse di conseguire l'anzianità contributiva massima di dieci anni spettante alla generalità dei prepensionati del settore suindicato.

2. - La questione non è fondata nei sensi di cui appresso in motivazione.

L'art. 16 della legge n. 155 del 1981 prevedeva per il caso di risoluzione del rapporto di lavoro con imprese industriali, diverse da quelle edili, per le quali fosse intervenuta una deliberazione del CIPI (Comitato dei ministri per il coordinamento della politica industriale) ai sensi dell'art. 2, quinto comma lettere a) e c), della legge 4 agosto 1975, n. 675, il prepensionamento a favore dei lavoratori, che potessero far valere una data anzianità contributiva, al compimento di 55 anni se uomini, e di 50 anni se donne, con l'accreditamento, in entrambi i casi, di un periodo contributivo pari a quello compreso fra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di 60 anni, se uomini, e di 55 anni se donne (vale a dire, per i lavoratori di entrambi i sessi, fino a un massimo di 5 anni).

L'art. 1 della legge n. 193 del 1984 abbassava il limite di età previsto dalla norma precedente per i lavoratori dipendenti dalle aziende industriali del settore siderurgico, ammessi al prepensionamento su domanda in quanto fruenti del trattamento di integrazione salariale o licenziati per riduzione del personale o cessazione dell'impresa, a soli 50 anni di età per i lavoratori di entrambi i sessi.

L'art. 5, quinto comma, del decreto-legge n. 536 del 1987 come sopra convertito, ha per ultimo disposto, in riferimento all'art. 1 della legge n. 193 del 1984, che le lavoratrici del settore siderurgico possano accedere al prepensionamento, ove concorra una data anzianità contributiva, anche se hanno un'età inferiore a 50 anni, purché non inferiore a 47 anni.

Interpretando il combinato disposto delle tre norme nel senso che per effetto di esso, e particolarmente del richiamo al testo dell'art. 16, primo comma, della legge n. 155 del 1981, le lavoratrici, pur essendo ammesse al prepensionamento all'età di 47 anni, vengono a fruire di un accreditamento contributivo inferiore a quello di dieci anni assicurato ai prepensionati del settore di sesso maschile, il giudice a quo ha prospettato le censure suindicate.

Sennonché il combinato disposto delle tre norme in argomento va letto tenendosi conto che con la sentenza n. 371 del 1989, questa Corte, occupandosi del combinato disposto delle prime due (art. 1 della legge n. 193 del 1984 e 16 della legge n. 155 del 1981) lo ha dichiarato illegittimo nella parte in cui non riconosce(va) alla lavoratrice del settore siderurgico, in caso di prepensionamento, l'accreditamento contributivo fino a 60 anni, come al lavoratore.

Con tale pronuncia è stata decisa la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 37, primo comma, della Costituzione, della normativa allora impugnata, questione sollevata nel presupposto che, particolarmente per effetto del richiamo al testo dell'art. 16, primo comma, della legge n. 155 del 1981, i lavoratori venissero a fruire di un periodo di accreditamento contributivo superiore, nel massimo, a quello spettante alle lavoratrici e queste, correlativamente, di un periodo di accreditamento inferiore a quello spettante ai lavoratori (10 anni per i lavoratori, e 5, invece, per le lavoratrici). Ed è stata decisa nel senso che, disattendendosi l'implicito riferimento a una età pensionabile diversa dei lavoratori a seconda che fossero uomini o donne, l'accreditamento contributivo dovesse essere eguale, nel massimo, per gli uni e per le altre.

Orbene il risultato normativo della pronuncia così resa va interpretato nel senso che il combinato disposto delle prime due norme (così dichiarato illegittimo in parte qua) e, quindi, il combinato disposto delle tre norme che ora viene in applicazione, assicura alle lavoratrici del settore siderurgico, in caso di prepensionamento, un accreditamento contributivo pari nel massimo a quello assicurato ai lavoratori dello stesso settore nell'evenienza di prepensionamento, vale a dire pari nel massimo a 10 anni. Interpretazione, questa, alla stregua della quale la normativa impugnata, in quanto non ha il contenuto denunciato dalle censure prospettate, si sottrae alle medesime.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 37 della Costituzione, del combinato disposto dell'art. 16, legge 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica), dell'art. 1, legge 31 maggio 1986 (recte: 1984), n. 193 (Misure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della GEPI s.p.a.) e dell'art. 5, quinto comma, decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48, come sollevata dal Pretore di Genova con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 marzo 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 29 marzo 1991.