Ordinanza n. 111 del 1991

 

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ORDINANZA N. 111

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

prof. Giuseppe BORZELLINO                                       “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

avv. Mauro FERRI                                                           “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, del decreto legge 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione), quale sostituito dall'articolo unico della legge 25 marzo 1983, n. 79 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 29 gennaio 1983, n. 17), promosso con ordinanza emessa il 1° febbraio 1989 dalla Corte dei conti - Sez. III Giurisdizionale, sui ricorsi riuniti proposti da Emma Pisapia, iscritta al n. 670 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Visto l'atto di costituzione di Emma Pisapia nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 1991 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

Ritenuto che la Corte dei conti, con ordinanza 1° febbraio 1989 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, del d. l. 29 gennaio 1983, n. 17, quale sostituito dall'articolo unico della legge 25 marzo 1983, n. 79, nella parte in cui dispone, nei confronti del personale avente diritto all'indennità integrativa speciale, che abbia presentato domanda di pensionamento a partire dalla data della sua entrata in vigore, che la misura dell'indennità integrativa speciale, corrisposta in aggiunta alla pensione, è determinata in ragione di un quarantesimo, per ogni anno di servizio utile ai fini del trattamento di quiescenza, dell'importo dell'indennità stessa spettante al personale collocato in pensione con la massima anzianità di servizio;

che detta questione è stata sollevata in riferimento: a) agli artt. 36 e 38 della Costituzione, sostenendosi che l'indennità integrativa speciale non è solo un mezzo di adeguamento della pensione alle variazioni del costo della vita, ma costituisce la fascia retributiva minima sufficiente per far fronte alle esigenze essenziali della vita, cosicché una sua riduzione fa venir meno non solo la corrispondenza tra lavoro prestato e retribuzione (in servizio o differita attraverso il trattamento pensionistico), ma anche quel minimo vitale che deve essere garantito al lavoratore ed al pensionato; b) all'art. 3 della Costituzione, sostenendosi il carattere irragionevole e discriminatorio della riduzione dell'indennità per il solo personale cessato dal servizio a domanda, al quale soltanto successivamente - con norma non retroattiva - è stato equiparato il personale dispensato dal servizio per incapacità o destituito;

Considerato che questa Corte, con sentenza n. 531 del 1988 ha già dichiarato la questione non fondata in riferimento agli artt. 36 e 38 della Costituzione ed in seguito l'ha dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 273 del 1989, riaffermando tra l'altro il principio che la determinazione della base retributiva, utile ai fini del trattamento di quiescenza, appartiene alla discrezionalità legislativa, alla quale spetta il potere di disporre circa la misura e le modalità di tale trattamento: discrezionalità usata nel caso di specie entro i limiti consentiti; introducendo un elemento di razionalizzazione del sistema pensionistico;

che la questione è stata dichiarata manifestamente infondata, in relazione al profilo sub b), con ordinanza n. 146 del 1990, con la quale questa Corte ha ritenuto che nessun rilievo ha, in sede di giudizio di legittimità costituzionale, la circostanza che il legislatore soltanto con il decreto legge, n. 594 del 1985 (e poi con il decreto legge 28 febbraio 1986, n. 49, conv. nella legge 18 aprile 1986, n. 120), abbia esteso il trattamento previsto dalla norma impugnata a tutti i casi di pensionamento anticipato, ad eccezione di quelli di cessazione dal servizio per morte o per invalidità;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 del decreto legge 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione), convertito con modificazioni nella legge 25 marzo 1983, n. 79, sollevata in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, dalla Corte dei conti, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria l'11 marzo 1991.