Sentenza n. 24 del 1991

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SENTENZA N.24

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 composta dai signori:

Prof. Giovanni CONSO                      Presidente

Prof. Ettore GALLO                           Giudice

Dott. Aldo CORASANITI                      “

Prof. Giuseppe BORZELLINO               “

Dott. Francesco GRECO                          “

Prof. Gabriele PESCATORE                   “

Avv. Ugo SPAGNOLI                             “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA        “

Prof. Antonio BALDASSARRE             “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                “

Avv. Mauro FERRI                                  “

Prof. Luigi MENGONI                            “

Prof. Enzo CHELI                                    “

Dott. Renato GRANATA                        “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della regione Toscana notificato il 30 agosto 1990, e depositato in Cancelleria il 10 settembre successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 luglio 1990 (Modifiche alla tabella A annessa alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, recante istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici) ed iscritto al n. 32 del registro conflitti 1990;

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 1990 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

Uditi l'avvocato Alberto Predieri per la regione Toscana e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 30 agosto 1990 e depositato il 10 settembre successivo, la regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv.to Alberto Predieri, ha sollevato conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al d.P.C.M. 2 luglio 1990, contenente "Modifiche alla tabella A annessa alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, recante istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici".

Considera il ricorso che l'art. 2 di tale decreto modifica la tabella A annessa alla legge n. 720 citata, ricomprendendovi "Consorzi e associazioni fra regioni, province e comuni, con popolazione complessiva comunque non inferiore a 10.000 abitanti" e "Comunità montane, con popolazione complessiva montana non inferiore a 10.000 abitanti".

L'art. 3, poi, modifica la medesima tabella A sì da ricomprendervi "Aziende regionalizzate, provincializzate e municipalizzate e aziende e consorzi fra regioni, province e comuni per l'erogazione di servizi pubblici".

Secondo la ricorrente le disposizioni richiamate invadono la competenza regionale, in contrasto con l'art. 119, nonché con gli artt. 117, 118 della Costituzione, disattendendo la pronuncia n. 243 del 1985 della Corte Costituzionale, che aveva già dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, quarto comma, della legge n. 720 del 1984, nella parte in cui consentiva al Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del tesoro, di decretare il passaggio delle regioni dalla tabella B alla tabella A, annesse alla legge medesima. In particolare, il decreto impugnato avrebbe operato l'illegittimo trasferimento dalla tabella B alla tabella A di enti che sono palesemente articolazioni dell'apparato regionale, come le aziende regionalizzate istituite dalla regione stessa quali suoi strumenti e da essa dipendenti, secondo l'esplicita qualificazione dell'art. 53 dello Statuto, e per le quali le leggi regionali (art. 155 e 156 legge regione Toscana 6 maggio 1977, n. 28) stabiliscono che i bilanci e i rendiconti vengano approvati con legge, unitamente a quelli della regione medesima.

A non diversa conclusione si deve pervenire per i consorzi regionali e le associazioni indicate, così come per tutti gli altri enti interregionali o regionali, eccezion fatta per le comunità montane. Rilevando, perciò, che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non ha supporto giuridico, si chiede che la Corte costituzionale dichiari che l'operato trasferimento di enti da una tabella all'altra della legge 29 ottobre 1984, n. 720, è costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 119, nonché degli artt. 117, 118 della Costituzione, con conseguente annullamento degli artt. 2 e 3 del decreto medesimo per quanto riguarda il riferimento ad enti, aziende, consorzi, associazioni regionali, fra regioni ed altri enti, aziende, consorzi, associazioni.

2. - Con atto depositato il 19 settembre 1990 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l'infondatezza del ricorso.

Secondo l'Avvocatura dello Stato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, quarto comma, della legge n. 720 del 1984, per contrasto con l'art. 119, primo comma, della Costituzione, sarebbe stata pronunciata in riferimento esclusivo alle regioni, sicché è da ritenere tuttora sussistente il potere di apportare alle tabelle A e B modifiche ed integrazioni che riguardino anche "Consorzi e associazioni fra regioni, province e comuni..." (art. 2 decreto impugnato), ovvero "Aziende regionalizzate... e aziende e consorzi tra regioni, province e comuni per l'erogazione di servizi pubblici" (art. 3).

Tali enti, invero, hanno una propria autonomia gestionale, fanno parte del settore pubblico allargato e trascendono l'ambito regionale, "...coinvolgendo aspetti unitari...".

 

Considerato in diritto

 

1.1 - La legge 29 ottobre 1984, n. 720 (Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici), all'art. 2, quarto comma, stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si provvede alle occorrenti modifiche ed integrazioni alle annesse tabelle A e B.

Orbene, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 luglio 1990 ha disposto (art. 2) che le indicazioni "Consorzi e associazioni di comuni e di province", comprese nella tabella A della legge siano modificati in "Consorzi e associazioni fra regioni, province e comuni"; analogamente (art. 3) il decreto ha disposto che l'indicazione "Aziende municipalizzate di trasporto e consorzi di comuni e di province per i servizi di trasporto", contenuta anch'essa nella tabella A, venga modificata in "Aziende regionalizzate, provincializzate e municipalizzate e aziende e consorzi fra regioni, province e comuni per l'erogazione di servizi pubblici".

Va all'uopo chiarito, a questo punto, che per gli enti inseriti nella tabella A i rispettivi tesorieri o cassieri effettuano gli incassi e i pagamenti a valere su contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, sicché non resta consentita alcuna giacenza presso i detti tesorieri e cassieri delle singole Istituzioni. Per contro, gli organismi pubblici contemplati dalla tabella B sono autorizzati a trattenere determinati importi in numerario con un flusso di reintegro che ne consenta la disponibilità piena ed immediata in ogni momento ( cfr. sent. n. 244 del 1985).

1.2 - La ricorrente si duole dell'inserimento nella ricordata tabella A delle articolazioni comunque inerenti all'apparato regionale, asserendone contrasto con gli articoli 117 e 118 della Costituzione, ma segnatamente con il successivo art. 119 per violazione della riserva di legge ivi contenuta e conseguente invasione delle competenze regionali.

2. - La censura è fondata. Come ricordato dalla ricorrente, la Corte ebbe a suo tempo a rilevare che non può essere legittimamente demandata all'Esecutivo l'opzione, per l'area che qui interessa, fra un regime di coordinamento e all'incontro l'accentramento finanziario contabile (cosiddetta tesoreria unica): a quest'ultima finalità, con un regime cioè di tesorerie puramente nominali poiché ricondotte a meri agenti del tesoriere unico statale, tende appunto l'inserimento degli enti inclusi, come già chiarito, nella tabella A annessa alla legge n. 720 del 1984. Osta a tanto il disposto dell'art. 119, primo comma, della Costituzione, che demanda alla legge, per il coordinamento che ne consegue, i relativi compiti attinenti, come è di chiara evidenza, a norme di principio, non realizzabili, quindi, con mero provvedimento dell'Esecutivo (sent. n. 243 del 1985).

2.2 - Osserva ora la Corte che tali principi si riflettono sull'intero sistema di contabilità della regione poiché i bilanci degli enti e delle aziende regionali vengono discussi ed approvati unitariamente (art. 53 della legge 22 maggio 1971, n. 343, recante approvazione dello Statuto della regione Toscana). Soprattutto, poi, i contenuti fondamentali delle norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni (legge 19 maggio 1976, n. 335) puntualmente prescrivono che i bilanci degli enti e degli organismi in qualunque forma costituiti, dipendenti dalla regione, sono approvati in termini e forme stabiliti dallo Statuto e dalle leggi regionali, con ciò restando dimostrato il vincolo cui viene soggetta - lungi dalla opposta considerazione dell'Avvocatura dello Stato - la materia dei flussi finanziari delle regioni in ogni loro aspetto e realizzazione.

Ne discende la illegittimità dell'impugnato provvedimento, dovendosi riaffermare che solo ad una normativa di principio - e non già, ripetesi, ad un mero atto dell'Esecutivo - sono consentite quelle scelte atte a modificare, con plausibile coerenza, il sistema che qui interessa. Non spettava, pertanto, allo Stato, l'emanazione dell'impugnato decreto; la relativa declaratoria importa l'annullamento di esso nelle parti viziate da incompetenza.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara che non spetta allo Stato modificare, con le modalità di cui al d.P.C.M. 2 luglio 1990, l'indicazione "Consorzi e associazioni di comuni e di province" in "Consorzi e associazioni fra regioni, province e comuni" (art. 2) e l'indicazione "Aziende municipalizzate di trasporto e consorzi di comuni e di province per i servizi di trasporto" in "Aziende regionalizzate, provincializzate e municipalizzate e aziende e consorzi fra regioni, province e comuni per l'erogazione di servizi pubblici" (art. 3);

Annulla di conseguenza gli artt. 2 e 3 del detto decreto nelle parti in cui fanno riferimento alle regioni.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 gennaio 1991.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 24 gennaio 1991.