Sentenza n. 14 del 1991

 

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SENTENZA N.14

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giovanni CONSO                                              Presidente

Prof. Ettore GALLO                                                   Giudice

Dott. Aldo CORASANITI                                               “

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                        “

Dott. Francesco GRECO                                                  “

Prof. Gabriele PESCATORE                                            “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                     “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                                “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                      “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                        “

Prof. Luigi MENGONI                                                     “

Prof. Enzo CHELI                                                            “

Dott. Renato GRANATA                                                 “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 16 della legge della Regione Basilicata del 4 settembre 1986, n. 22 (Norme integrative di attuazione della normativa statale in materia di smaltimento di rifiuti), promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Matera nel procedimento penale a carico di Incampo Salvatore, iscritta al n. 468 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Udito nella camera di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Matera, con ordinanza del 16 giugno - 1990 (R.0. n. 468 del 1990), nel corso del procedimento penale a carico di Incampo Salvatore, Sindaco del Comune di Grassano, in ordine al reato di cui agli artt. 10 e 25 dei d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli arti. 3 e 16 della legge della Regione Basilicata 4 settembre 1986, n. 22, nelle parti in cui non prevedono l'autorizzazione regionale di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 915 del 1982 per la installazione o la gestione di impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani da parte dei Comuni lucani e, conseguentemente, non sottopongono alle pene di cui altari. 25 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, i sindaci dei detti Comuni nel caso di mancanza di autorizzazione.

2.- Il giudice a quo, premesso che anche il Comune, e per esso il Sindaco, é soggetto all'obbligo dell'autorizzazione regionale ex art. 6, lett. d), del d.P.R. n. 915 dei 1982, qualora installi o gestisca una discarica di rifiuti urbani in economia ovvero mediante azienda municipalizzata, è richiamata, in proposito, la giurisprudenza della corte di cassazione (SS. UU. 28 febbraio 1989, imp. Porto ed altri), ha rilevato che le disposizioni censurate sarebbero in contrasto:

a) con l'art. 25 della Costituzione, in quanto, in violazione del principio secondo il quale il potere punitivo risiede solo nella legislazione statale, interferirebbero negativamente con le norme penali, disciplinando e considerando lecita un'attività penalmente sanzionata nell'ordinamento nazionale;

b) con l'art. 3 della Costituzione poiché creerebbero una ingiustificata disparità di trattamento, in ambito regionale, tra i Comuni ed i privati, sottoposti all'obbligo di munirsi dell'autorizzazione e, in ambito nazionale, tra i Comuni della Basilicata ed i Comuni di altre regioni assoggettati a tale obbligo;

c) con l'art. 32 della Costituzione, in quanto la mancanza di autorizzazione favorirebbe l'inquinamento ambientale e, quindi, lederebbe il diritto dei cittadini alla salute.

 

Considerato in diritto

 

1.- Il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Matera dubita della legittimita costituzionale degli artt. 3 e 16 della legge della Regione Basilicata 4 settembre 1986, n. 22, nelle parti in cui escludono i Comuni lucani dall'obbligo dell'autorizzazione regionale di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 915 del 1982 per l'installazione e la gestione di impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani e, conseguentemente, esonerano i Sindaci di detti Comuni dalle conseguenze penali previste dal sistema sanzionatorio stabilito dal citato d.P.R. n.915 del 1982, in caso di mancanza di autorizzazione.

Risulterebbero violati:

a) l'art. 25 della Costituzione, in quanto, in violazione del principio secondo cui il potere punitivo spetta solo allo Stato, la legislazione regionale interferirebbe con le norme penali, disciplinando e considerando lecita una attività penalmente sanzionata nell'ordinamento nazionale;

b) l'art. 3 della Costituzione perchè, si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento nell'ambito regionale tra i Comuni, esonerati dall'obbligo della autorizzazione in materia di impianto o gestione di discariche di rifiuti urbani ed i privati, che devono chiedere l'autorizzazione; e, nell'ambito nazionale tra i Comuni della Regione Basilicata ed altri Comuni del territorio nazionale, per i quali vige l'obbligo dell'autorizzazione;

c) l'art. 32 della Costituzione, in quanto sarebbe favorito l'inquinamento ambientale e leso il diritto dei cittadini alla salute.

2.- La questione è fondata.

L'art. 6, lett. D), del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, prevede l'autorizzazione regionale per tutti coloro (persone fisiche o Enti) che installano o gestiscono impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani senza alcuna esclusione.

L'indirizzo giurisprudenziale in materia, dopo alcuni contrasti ed incertezze, si è consolidato nel senso che anche i Comuni, e per essi i Sindaci, devono munirsi dell'autorizzazione regionale.

Poiché l'art. 25 del citato d.P.R. punisce con arresto ed ammenda i titolari degli enti e delle imprese che svolgono le dette attività senza autorizzazione regionale, ne deriva che la Regione, esonerando i Sindaci dall'obbligo di munirsi dell'autorizzazione regionale e rendendo lecite le attività penalmente sanzionate dalla legge statale, ha interferito in materia penale.

Risulta, quindi, violato l'art. 25 della Costituzione.

Come già affermato da questa Corte (sentt. nn. 43 e 309 del 1990; 370 del 1989; 79 del 1977), non può sconvolgersi la complessiva logica della legge statale diretta ad attuare le direttive C.E.E. in materia di igiene e salute pubblica in modo uniforme per tutto il territorio statale; la potestà legislativa regionale è destinata a cedere all'intervento statale che è ispirato a criteri di omogeneità ed univocità di indirizzo ed è, quindi, di generale applicazione in tutto il territorio nazionale.

In particolare, la fonte del potere punitivo risiede solo nella legislazione statale e le Regioni non possono interferire con proprie disposizioni di legge con le norme penali statali, rimuovendo o variando le pene previste in una data materia; non possono, quindi, rendere lecita attivati che, invece, l'ordinamento statale sanziona penalmente.

Restano assorbite le altre censure.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 3 e 16 della legge della Regione Basilicata 4 settembre 1986, n. 22 (Norme integrative di attuazione della normativa statale in materia di smaltimento di rifiuti), nelle parti in cui consentono ai Comuni lucani di installare e gestire le discariche di rifiuti solidi urbani senza munirsi dell'autorizzazione regionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 1991.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 18 gennaio 1991.