Sentenza n. 594 del 1990

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SENTENZA N.594

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11 (recte 46), commi quarto e settimo, della legge della Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6 (Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale e norme per il controllo degli Istituti autonomi per le case popolari), promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1988 dal Pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Cerutti Mirella e Comune di Genova, iscritta al n. 392 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1990.

 

Udito nella camera di consiglio del 14 novembre 1990 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Nel corso di un giudizio di opposizione al provvedimento di decadenza dall'assegnazione di un alloggio popolare, il Pretore di Genova, con ordinanza in data 16 marzo 1988 (r.o. n. 392 del 1990), ha sollevato, in riferimento agli artt. 108 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 46 (erroneamente indicato come art. 11 nel dispositivo dell'atto di rimessione), commi quarto e settimo, della legge regionale della Liguria 28 febbraio 1983, n. 6.

 

La disposizione, che, nel suo comma settimo, prescrive che tutti gli atti dei Comune che pronunciano l'annullamento o la decadenza dell'assegnazione sono ricorribili, dinanzi al Pretore, ai sensi degli ultimi tre commi dell'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, così attribuendo - sia pure attraverso un mero rinvio - all'autorità giudiziaria una competenza nuova rispetto a quelle ad essa affidate dalla legge statale, violerebbe il principio della riserva statale in materia giurisdizionale (art. 108 Cost.) ed esorbiterebbe dall'ambito delle competenze regionali di cui all'art. 117 della Costituzione.

 

Osserva inoltre il giudice a quo che la controversia sottoposta al suo esame trae origine dall'applicazione del quarto comma del suddetto art. 46, che, nell'escludere la decadenza nei casi di impossibilità o grave difficoltà, accertata dall'ente gestore, ad effettuare il regolare pagamento del canone convenzionato di locazione, prevede poi espressamente che "tale impossibilità o grave difficoltà non possono comunque valere per più di sei mesi".

 

La norma, disciplinando autonomamente le conseguenze dell'inadempimento, e, soprattutto, introducendo, con l'ultima prescrizione, un limite legale alla valutazione dell'impossibilità, inciderebbe nel settore dei rapporti di natura civilistica, non essendovi dubbio che la fase successiva all'assegnazione dell'alloggio dia vita ad un rapporto locativo di diritto privato. l'incidenza nell'ambito dei rapporti intersoggettivi privati, anche se cagionata dalla connessione con interessi pubblici attribuiti alla competenza regionale, violerebbe l'art. 117 della Costituzione.

 

2.- Non si sono costituite le parti, nè é intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato.

 

Considerato in diritto

 

1. - Viene sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 46, comma 7, della legge della Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6, in riferimento agli artt. 108 e 117 della Costituzione. Si assume nell'ordinanza di rinvio che tale articolo - limitatamente alla parte in cui dispone che tutti gli atti del Comune che pronunciano l'annullamento o la decadenza dell'assegnazione di un alloggio di edilizia economica e popolare sono ricorribili dinanzi al pretore, ai sensi delle norme statali contenute negli ultimi tre commi dell'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 - < si pone in contrasto con la riserva di legge statale di cui all'art. 108 della Costituzione ed esorbita dalle competenze regionali di cui all'art. 117 della Costituzione>.

 

Altra questione investe il quarto comma dello stesso articolo 46 - il quale esclude dalla decadenza per morosità le ipotesi di impossibilità o di grave difficoltà ad effettuare il regolare pagamento del canone di locazione e prevede che tali ragioni non possano comunque essere fatte valere per più di sei mesi - reputato in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, che non contempla fra le materie di competenza regionale la possibilità di legiferare nel campo dei rapporti intersoggettivi di natura privatistica, quale appunto quello di locazione che si instaura successivamente all'assegnazione dell'alloggio.

 

2. - La prima questione, riguardante il settimo comma dell'art. 46 della legge della Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6, è fondata.

 

In proposito si deve precisare che detto comma si compone di tre parti, una prima che prevede l'inefficacia dell'atto convenzionale di locazione in conseguenza dell'emanazione ad opera del Comune di atti che comunque pronunciano l'annullamento o la decadenza dell'assegnazione; una seconda che attribuisce valore di titolo esecutivo a tali atti; una terza, che è propriamente quella sospettata di incostituzionalità, la quale prevede che relativamente agli atti stessi < si applicano gli ultimi tre commi dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, come modificato ai sensi della presente legge>.

 

Orbene, mentre gli ultimi tre commi di detto art. 11, cui fa rinvio la legge regionale impugnata, prevedono il rimedio del ricorso al Pretore solo avverso il decreto del Presidente dell'Istituto autonomo per le case popolari che abbia pronunciato la decadenza dell'assegnazione per inosservanza dell'onere di occupazione dell'alloggio, per effetto del rinvio, detto rimedio giurisdizionale viene esteso a tutti gli atti del Comune che pronunciano l'annullamento e la decadenza dell'assegnazione ed, in particolare, anche quando quest'ultima venga disposta per ragioni diverse da quella cui fa riferimento la disposizione cui si rinvia. La legge regionale innova perciò espressamente al regime delle competenze dell'autorità giudiziaria ordinaria, e ciò tanto più ove si consideri che, in tema di discrimine tra le giurisdizioni, la giurisprudenza, fondandosi sulla legislazione statale, si è di recente orientata nel senso di ribadire, nel settore degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, il tradizionale criterio di riparto basato sulla diversità delle situazioni soggettive tutelate.

 

Il rinvio produce perciò, nella fattispecie in esame, la recezione materiale della norma statale nella legislazione regionale, estendendo i rimedi giudiziari previsti nella legge cui si rinvia ad ipotesi non solo non espressamente da quella contemplate, ma rispetto alle quali il ricorso al giudice ordinario sembrerebbe addirittura escluso alla stregua della giurisprudenza più recente in tema di riparto fra le giurisdizioni.

 

Secondo i principi costantemente affermati dalla Corte (sent. n. 128 del 1963, n. 203 e 615 del 1987 e n. 727 del 1988), pertanto, la norma impugnata contrasta con i parametri costituzionali invocati perchè si tratta di un rinvio novativo della fonte, e non di una ipotesi di rinvio privo di autonomo significato normativo, il che si verifica quando le leggi statali richiamate siano già applicabili di per sè, perchè < non abbisognano, a tal fine, di alcuna forma di intermediazione normativa da parte delle Regioni>> (sent. n. 304 del 1986).

 

3. - Non fondata è invece l'altra questione di legittimità costituzionale avente per oggetto il quarto comma del medesimo articolo 46 della legge regionale citata.

 

Al riguardo non può difatti seguirsi la tesi del giudice a quo, che ravvisa il contrasto con l'art . 117 della Costituzione, ritenendo esulare dalle competenze regionali, in quanto tendente a disciplinare rapporti interprivati attinenti alla materia delle locazioni, l'esclusione dalla decadenza per morosità delle ipotesi di impossibilità o grave difficoltà ad effettuare il regolare pagamento del canone di locazione, nonchè la previsione che < < tale impossibilità o grave difficoltà non possano comunque valere per più di sei mesi>.

 

La Corte, in una fattispecie analoga, ha già chiarito (sent. n. 727 del 1988) che, nella materia della edilizia residenziale pubblica, l'art. 88 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, attribuisce allo Stato soltanto < la determinazione dei criteri per le assegnazioni degli alloggi e per la fissazione di canoni>, mentre l'art. 93 dello stesso d.P.R. dispone un ampio trasferimento alle Regioni delle funzioni di programmazione e di gestione (comma 1, concernente la programmazione, la localizzazione, la realizzazione e la gestione degli interventi, le funzioni connesse alle procedure di finanziamento), nonchè di organizzazione del servizio della casa (comma 2, relativo alla riorganizzazione degli I.A.C.P.).

 

Nella richiamata pronuncia si è altresì precisato che la successiva legge n. 457 del 1978, all'art. 2, comma 2, ha ulteriormente specificato l'ambito della competenza statale, attribuendo al C.I.P.E. la determinazione dei < criteri generali> per le assegnazioni e la fissazione dei canoni, nel mentre ha ancora arricchito la sfera della competenza regionale in materia con l'art. 4, in base al quale spetta, fra l'altro, alle Regioni: individuare il fabbisogno abitativo nel territorio regionale (lett. a); formare programmi quadriennali e progetti biennali di intervento per l'utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili (lett. b); ripartire e coordinare gli interventi per ambiti territoriali (lett. e); formare e gestire l'anagrafe degli assegnatari (lett. J); disporre la concessione dei contributi pubblici (lett. I); esercitare il controllo sui soggetti incaricati della realizzazione dei programmi (lett. m).

 

Di conseguenza, al di fuori della formulazione dei < criteri generali> da osservare nelle assegnazioni, è da ritenersi attribuita alle Regioni la potestà legislativa nella materia e, quindi, la disciplina attinente all'assegnazione e alle successive vicende dei relativi rapporti che con essa si instaurano, i quali presentano elementi di diversità dalle locazioni di diritto comune, essendo regolate da una disciplina di settore con peculiari riflessi pubblicistici.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara l 'illegittimità costituzionale dell'art. 46, settimo comma, della legge della Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6 (Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale e norme per il controllo degli Istituti autonomi per le case popolari), nella parte in cui prevede che, a tutti gli atti dei Comuni che pronunciano l'annullamento o la decadenza dell'assegnazione, si applicano gli ultimi tre commi dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, come modificato ai sensi della presente legge;

 

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 46, quarto comma, della legge della Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6 (Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale e norme per il controllo degli Istituti autonomi per le case popolari), sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.

 

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

 

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 28/12/90.