Sentenza n. 538 del 1990

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SENTENZA N.538

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 100, primo comma, in riferimento all'art. 101, terzo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 1990 dal Tribunale di Bergamo nel procedimento civile vertente tra Beccato Germana ed altri e Fall.to s.r.l. M.T.A. ed altro, iscritta al n. 348 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, del 1990.

Visto l'atto di costituzione dell'I.N.P.S. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 novembre 1990 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto in fatto

1.- Il Tribunale di Bergamo, con ordinanza 15 marzo 1990 - emessa nel corso di un giudizio d'impugnazione di un credito ammesso tardivamente al passivo del fallimento della M.T.A. s.r.l. - ha sollevato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione di legittimità costitu2ionale dell'art. 100, primo comma, della legge fallimentare, "in riferimento all'ipotesi prevista dall'art. 101, terzo comma", nella parte in cui prevede che il termine d'impugnazione dei crediti ammessi tardivamente decorra dal deposito in cancelleria del decreto di variazione dello stato passivo, anzichè dalla ricezione della raccomandata con la quale il curatore deve dare avviso ai creditorì della variazione stessa.

Nell'ordinanza di rimessione si espone che, successivamente alla declaratoria di esecutività dello stato passivo del fallimento, l'I.N.P.S. aveva chiesto ed ottenuto, ai sensi dell'art. 101, terzo comma, della legge fallimentare, l'ammissione tardiva in prededuzione di un suo credito. Contro il decreto dei giudice delegato, alcuni creditori avevano proposto impugnazione, oltre il termine di quindici giorni dal deposito in cancelleria del decreto di variazione dello stato passivo, contestando l'ammissione in prededuzione del credito, dell'I.N.P.S. Quest'ultimo, costituitosi, aveva eccepito tale tardività.

Ciò premesso, il giudice a quo deduce che l'art. 100 della legge fallimentare, con riferimento all'ipotesi normale del credito ammesso tempestivamente, prevedeva - prima della sentenza n. 102 del 1986 della Corte costituzionale - che il termine per impugnare l'ammissione del credito decorresse dal deposito in cancelleria dello stato passivo. La Corte costituzionale ha ritenuto tale previsione lesiva dell'art. 24 della Costituzione e l'ha dichiarata illegittima, facendo decorrere il termine per proporre detta impugnazione dalla data di ricezione della raccomandata con avviso di ricevimento da inviare ai creditori, che hanno presentato domanda di ammissione allo stato passivo, per dare comunicazione dell'avvenuto deposito in cancelleria di detto stato.

La Corte di cassazione, nel ritenere esperibile l'impugnazione ex art. 100 della legge fallimentare anche nell'ipotesi di ammissione tardiva di un credito, ha ritenuto che il termine per proporla decorra dal deposito in cancelleria della variazione dello stato passivo. Ma così interpretato l'art. 100, in relazione all'ipotesi d'impugnazione di un credito ammesso tardivamente ai sensi dell'art. 101, terzo comma, della legge fallimentare - secondo il giudice a quo - contrasta col principio, ricavabile dall'art. 24 della Costituzione, secondo il quale la decorrenza dei termini di impugnazione deve iniziare dal momento di effettiva conoscenza del provvedimento da impugnare e cioé - nel caso di specie - dalla data di ricezione della raccomandata con la quale si dia avviso ai creditori della variazione dello stato passivo.

2.- Dinanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Ha dedotto al riguardo che il principio affermato per le insinuazioni tempestive non può essere applicato alle insinuazioni tardive, in quanto le esigenze di pronta definizione e speditezza della procedura fallimentare rendono non omogenee le situazioni determinatesi a seguito di domanda tempestiva o di domanda tardiva di ammissione dei crediti nel fallimento.

Si é costituito davanti a questa Corte anche l'I.N.P.S., chiedendo che "si decida secondo giustizia".

Considerato in diritto

1.-Questa Corte è chiamata a decidere se l'art. 100, primo comma della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) -nella parte in cui prevede, in riferimento all'ipotesi di cui al successivo art. 101, terzo comma, <che il termine d'impugnazione dei crediti ammessi tardivamente al passivo fallimentare, decorra dal deposito in cancelleria del decreto di variazione dello stato passivo, anzichè dalla ricezione delle raccomanda te con le quali il curatore deve dare avviso ai creditori della variazione stessa> - contrasti con l'art. 24 della Costituzione.

2.-Va premesso che l'art. 100, primo comma, della legge fallimentare regola l'impugnazione dei crediti ammessi allo stato passivo da parte di ciascun creditore interessato. Tale norma stabiliva che <entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria, ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi con ricorso al giudice delegato>: detta disposizione è stata dichiarata parzialmente illegittima con la sentenza n. 102 del 1986 della Corte costituzionale.

Questa decisione ha sancito, innanzitutto, l'illegittimità costituzionale, per contrasto con l 'art . 24 della Costituzione, dell'art. 98 , primo comma, della legge fallimentare, nella parte in cui stabiliva che i creditori esclusi o ammessi con riserva potessero fare opposizione <entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo, anzichè dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento, con le quali il curatore deve dare notizia dell'avvenuto deposito ai creditori che hanno presentato domanda di ammissione al passivo>. Con la stessa sentenza è stata dichiarata, ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche l'illegittimità costituzionale dell'art. 100, primo comma, della legge fallimentare, nella parte in cui disponeva che ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi allo stato passivo <con ricorso al giudice delegato, entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria, anzichè dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento con le quali il curatore deve dare notizia dell'avvenuto deposito ai creditori che hanno presentato la domanda di ammissione al passivo>.

La decisione-confermando un ormai consolidato indirizzo, che mira a garantire l'effettività del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 della Costituzione, facendo coincidere l'inizio del decorso dei termini d'impugnazione con la concreta conoscibilità dell'atto da impugnare-ha generalizzato l'obbligo di comunicazione dell'avvenuto deposito dello stato passivo a tutti i creditori che abbiano proposto domanda di ammissione al passivo: obbligo previsto, in precedenza, dall'art. 97, terzo comma, della legge fallimentare, solo nei riguardi dei creditori esclusi o ammessi con riserva.

Il giudice a quo ha ora sollevato la questione, già indicata, sulla base di quanto stabilito in detta sentenza, chiedendo la declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 100, primo comma, della legge fallimentare. Ritiene il remittente che nell'ipotesi di ammissione tardiva di crediti allo stato passivo (art. 101, terzo comma) la norma impugnata, accordando ai creditori (nella specie, si tratta di creditori ammessi allo stato passivo) la facoltà di proporre opposizione entro quindici giorni <dal deposito in cancelleria della variazione dello stato passivo>, anzichè dalla <ricezione delle raccomandate con le quali il curatore deve dare avviso ai creditori della variazione stessa>, incorra nella violazione dell'art. 24 della Costituzione, perchè non sarebbe assicurata la <effettività> del diritto di difesa.

3. - La questione è fondata.

Va osservato che, in conformità di univoco orientamento giurisprudenziale, l'impugnazione prevista dall'art. 100 della legge fallimentare è proponibile non soltanto avverso i crediti tempestivamente insinuati ed ammessi, ma anche nei confronti dei decreti di ammissione tardiva, pronunciata dal giudice delegato ai sensi dell'art. 101, terzo comma, della stessa legge: in tal caso, secondo la Corte di cassazione, il termine di quindici giorni per proporre l'impugnazione decorre dal deposito in cancelleria della variazione dello stato passivo, in analogia con quanto previsto per le opposizioni allo stato passivo dall'art. 100, comma primo, della legge fallimentare anteriormente alla declaratoria d'illegittimità costituzionale contenuta nella sopra citata sentenza n. 102 del 1986.

Infatti, poichè detta declaratoria d'illegittimità costituzionale riguarda unicamente l'opposizione allo stato passivo, le impugnazioni avverso i decreti di ammissione tardiva allo stato passivo, emessi ex art. 101, terzo comma, della legge fallimentare, continuano ad essere regolate dalla normativa previgente.

É di tutta evidenza, peraltro, che le ragioni di tutela del diritto di difesa e di attuazione della garanzia di esso, sancito dall'art. 24 della Costituzione, poste a fondamento dell'anzidetta declaratoria d'illegittimità costituzionale, sussistono anche in relazione all'impugnazione dei crediti ammessi al passivo sulla base di richieste tardive.

Una volta dichiarato esecutivo lo stato passivo non si può ritenere congruo mezzo di conoscibilità delle variazioni di esso, determinate da ammissioni tardive, il deposito in cancelleria dei relativi provvedimenti. I creditori ammessi, per poter acquisire conoscenza di detti provvedimenti, verrebbero ad essere gravati di un onere, analogo a quello ritenuto da questa Corte, con la sentenza n. 102 del 1986, eccessivo e tale da pregiudicare l'effettività del diritto di difesa, in relazione alla possibilità concreta di proporre l'impugnazione.

La regola di uguaglianza di trattamento impone che il regime della decorrenza del termine non possa essere ispirato da differenti criteri in casi nei quali è omogenea la situazione cui detta decorrenza inerisce.

Situazione questa particolarmente evidente nella fattispecie oggetto dell'attuale ordinanza di remissione, dato che si tratta di ammissione tardiva - opposta da creditori già ammessi allo stato passivo - rispetto alla quale la preventiva identificabilità dei legittimati all'impugnazione richiede la diretta comunicazione ad essi del deposito del provvedimento di variazione, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione. Nella ratio della garanzia della effettività della tutela, che è a base della giurisprudenza in materia di questa Corte, non appare, a tal fine, adeguato il deposito in cancelleria, che è idoneo a determinare soltanto una generale (e generica) conoscibilità.

L'art. 100, primo comma, della legge fallimentare, va pertanto dichiarato illegittimo anche nella parte in cui non prevede che i creditori già ammessi possano proporre opposizione avverso i decreti di ammissione tardiva al passivo emanati ex art. 101, terzo comma, con ricorso al giudice delegato, entro quindici giorni dalla data di ricezione della raccomandata con avviso di ricevimento, con la quale il curatore deve dare a ciascuno di essi notizia dell'avvenuto deposito del decreto di variazione dello stato passivo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 100, primo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui non prevede che i creditori ammessi allo stato passivo possano proporre opposizione avverso i decreti di ammissione tardiva al passivo, emanati ex art. 101, terzo comma, entro quindici giorni dalla data di ricezione della raccomandata con avviso di ricevi mento, con la quale il curatore deve dare notizia a ciascuno di essi dell'avvenuto deposito del decreto di variazione dello stato passivo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/12/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Gabriele PESCATORE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 14/12/90.