Sentenza n. 534 del 1990

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SENTENZA N.534

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 17 febbraio 1989 dal Pretore di Pescara nel procedimento civile vertente tra Di Pietro Emidio e la Prefettura di Pescara, iscritta al n. 432 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto in fatto

Ricevuta dal Prefetto di Pescara ordinanza-ingiunzione per violazione dell'art. 102 del codice della strada, Emidio Di Pietro proponeva rituale opposizione dinanzi all'autorità giudiziaria allegando prova dell'avvenuta vendita del veicolo in data anteriore a quella del commesso illecito.

Nel corso del relativo giudizio il Pretore di Pescara, con ordinanza in data 17 febbraio 1989 (reg. ord. n. 432 del 1990), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Ad avviso del giudice a quo, la disposizione impugnata, nella parte in cui impone di convalidare l'ordinanza-ingiunzione "se alla prima udienza l'opponente o il suo procuratore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento", anche nell'ipotesi in cui l'illegittimità del provvedimento emerga dalla stessa documentazione allegata agli atti, violerebbe il diritto di difesa, creando altresì un'ingiustificata diversità dì trattamento rispetto ai giudizi nei quali l'opponente compare all'udienza.

L'Avvocatura generale dello Stato é intervenuta chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

Considerato in diritto

1.-É sottoposta all'esame della Corte questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 23, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui prevede che il pretore sia tenuto a convalidare l'ordinanza-ingiunzione in caso di mancata presentazione dell'opponente alla prima udienza senza che questi adduca alcun legittimo impedimento, anche nell'ipotesi in cui l'illegittimità del provvedimento emerga dalla documentazione allegata al ricorso in opposizione.

2. - La questione è fondata.

Non ignora la Corte di aver disatteso con precedente ordinanza n. 111 del 1989 la stessa questione, ma, essendo nel frattempo mutato il quadro normativo nel cui ambito tale pronunzia si collocava, devesi ora pervenire ad altra soluzione che tenga conto della sopravvenienza di un diverso sistema di riferimento.

Anche a voler prescindere dalla disputa relativa alla omogeneità o meno, sul piano sostanziale, del sistema sanzionatorio penale con quello sanzionatorio amministrativo di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (c.d. depenalizzazione), va rilevato, sul piano processuale, che il giudizio di opposizione alla ingiunzione, come disciplinato in quest 'ultima legge, presenta indiscutibili affinità con il giudizio di opposizione disciplinato nel processo penale, sia sotto il regime del codice abrogato che sotto il regime di quello vigente.

Ciò è tanto vero che la già richiamata ordinanza n. 111 del 1989, nel disattendere la questione analogamente sollevata, aveva espressamente fatto riferimento a precedenti pronunzie (sentt. n. 46 del 1957 e n. 89 del 1972) che riguardavano consimili questioni sollevate in sede di giudizio di opposizione a decreto penale per il quale il codice ora abrogato, all'art. 510, primo comma, conteneva una disposizione analoga a quella ora impugnata e che appunto da essa era derivata riproducendone sostanzialmente il contenuto normativo. Disponeva, infatti, il predetto art. 510 che <Se l'opponente non si presenta all'udienza, senza giustificare un legittimo impedimento, il pretore pronuncia sentenza con la quale ordina l'esecuzione del decreto di condanna e dà gli altri provvedimenti indicati nel secondo capoverso dell'articolo precedente>.

La situazione è però, come si è detto, mutata per effetto della entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale del 1988 perchè l'art. 464 di quest'ultimo, nel disciplinare il giudizio conseguente all'opposizione, non prevede l'ordine di esecuzione del decreto in caso di mancata presentazione dell'opponente, stabilendo invece espressamente (comma 3) che <nel giudizio conseguente all'opposizione il giudice revoca il decreto penale di condanna>, e questo in ogni caso, indipendentemente cioè dalla condotta processuale dell'opponente.

Posto il parallelismo fra i due giudizi di opposizione e, dato che il legislatore ha riformato in senso più garantista la disciplina di quello penale, non risulta più giustificata, nei termini in cui la questione è stata sollevata, la lamentata limitazione del diritto di difesa dell'opponente nel giudizio relativo agli illeciti amministrativi <depenalizzati>. Infatti, mentre nella prima ipotesi l'interessato potrebbe vedere soddisfatte le proprie ragioni in base al solo atto di opposizione, nella seconda, anche se la sua mancanza di responsabilità risultasse fondata ex actis, andrebbe incontro, come nel caso oggetto del giudizio a quo, alla convalida dell'ordinanza-ingiunzione qualora omettesse di presentarsi in giudizio, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, senza addurre alcun legittimo impedimento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma 5, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l'illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall'opponente.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28/11/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 05/12/90.