Ordinanza n. 524 del 1990

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ORDINANZA N.524

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per la correzione di errore materiale contenuto nella sentenza n. 38 del 1° marzo 1972.

Udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 1990 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

Visto l'art. 21 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Ritenuto che, nel corso del giudizio promosso da Pozzi Mita avverso provvedimento del Direttore generale delle pensioni di guerra, recante liquidazione provvisoria di trattamento pensionistico, la Corte dei conti, con ordinanza emessa il 21 giugno 1990, osservava che la provvisorietà del provvedimento avrebbe dovuto comportare l'inammissibilità del ricorso, ai sensi dell'art. 64 prima parte del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, il quale dispone che <Il ricorso non è ammesso contro la liquidazione provvisoria della pensione, nè contro la liquidazione dell'indennità per chi abbia fatto riscossione di questa prima della scadenza del termine di cui al precedente articolo>;

che la Corte dei conti rilevava che la detta disposizione risulta dichiarata incostituzionale in toto nel dispositivo della sentenza n. 38 del 1972 della Corte costituzionale, laddove la questione allora sottoposta al giudizio di costituzionalità riguardava la seconda parte dell'art. 64, concernente l'ipotesi di inammissibilità del ricorso giurisdizionale per avvenuta riscossione dell'indennità prima del relativo termine, e non anche la diversa ipotesi (che veniva appunto in applicazione davanti ad essa Corte dei conti) di inammissibilità derivante dalla natura provvisoria del provvedimento di liquidazione della pensione;

che la Corte dei conti, tanto premesso, non ritenendosi legittimata ad interpretare la sentenza n. 38 del 1972 in senso restrittivo, sospeso il giudizio, disponeva la trasmissione della propria ordinanza (esclusa ogni altra formalità) alla Corte costituzionale, per l'eventuale attivazione del procedimento di correzione della sentenza n. 38 del 1972;

che, pervenuta a questa Corte la suindicata ordinanza, veniva fissata la trattazione in camera di consiglio, senza previo avviso delle parti, non essendovi stata costituzione di parti nel giudizio innanzi a questa Corte definito con la sentenza n. 38 del 1972, oggetto della sollecitata correzione.

Considerato che spetta a questa Corte provvedere anche d'ufficio alla correzione delle omissioni e degli errori materiali della sue pronunce, comunque ne venga a conoscenza, e quindi anche a seguito di mera segnalazione o denuncia, quale deve ritenersi, per la forma e per il contenuto, l'ordinanza della Corte dei conti;

che, tenuto conto sia del tenore della disposizione racchiusa nell'art. 21 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, che del principio generale di inimpugnabilità delle decisioni della Corte di cui all'art. 137, terzo comma, della Costituzione, va adottata una lettura rigorosa della prima delle due disposizioni, nel senso di ritenerne oggetto le sole inesattezze e omissioni all'evidenza del tutto estranee al procedimento logico-volitivo seguito nella decisione della Corte;

che nel caso viene prospettata una erronea estensione, nel dispositivo, del thema decidendum, desumibile dal confronto e, attraverso questo, dalla rilevazione della mancata corrispondenza fra dispositivo (riferito all'art. 64 del r.d. n. 1214 del 1934 nella sua interezza) e motivazione (che si assume riferita, per quanto concerne l'individuazione del thema decidendum, alla sola previsione della norma concernente la riscossione dell'indennità);

che l'ipotesi segnalata non rientra nella nozione dell'errore come sopra assunta, perchè, lungi dal concretare una inesattezza ictu oculi estranea al procedimento logico-volitivo seguito nella decisione, si sostanzia della ricostruzione di tale procedimento, vale a dire della interpretazione della sentenza per quanto concerne l'individuazione da essa operata del thema decidendum, interpretazione per un verso non consentita a questa Corte relativamente alle proprie sentenze al fine di operare una revisione di esse, e per altro verso tale da metter capo, semmai, a un vizio diverso (dall'errore materiale), riconducibile alla figura dell'ultra-petizione, sempre che la estensione del thema decidendum non sia, a sua volta, inconsapevole e involontaria;

che proprio a tale ultimo proposito non è utile precedente l'ordinanza n. 163 del 1973, con la quale la Corte nell'esplicita limitazione contenuta nel primo considerato in diritto-limitazione qui mancante-del thema decidendum a una parte soltanto della norma allora impugnata ravvisò il segno evidente che l'estensione del thema decidendum operata nel dispositivo era inconsapevole e involontaria ;

che, pertanto, non va disposta la correzione della sentenza n. 38 del 1972, come prospettata con la segnalazione della Corte dei conti, per difetto dei presupposti di cui all'art. 21 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non doversi disporre la correzione della sentenza n. 38 dell'anno 1972 come prospettata con la segnalazione indicata in motivazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/11/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 15/11/1990.