Sentenza n. 429 del 1990

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SENTENZA N.429

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) promosso con ordinanza emessa il 27 febbraio 1990 dal Pretore di Pisa nel procedimento civile vertente tra Brucini Romana ed altro e l'I.N.A.I.L. iscritta al n. 248 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di costituzione dell'I.N.A.I.L. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 luglio 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi l'avv. Pasquale Napolitano e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un giudizio promosso contro l'I.N.A.I.L. dai superstiti di Sergio Bellucci, funzionario di un'azienda di credito deceduto in seguito a un incidente stradale mentre si recava al luogo di lavoro, il Pretore di Pisa, con ordinanza del 27 febbraio 1990, ha sollevato, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui non prevede l'obbligo di assicurazione contro gli infortuni per chi, indipendentemente dalla natura dell'attività svolta, sia costretto per ragioni obiettive all'uso dell'automobile per raggiungere il posto di lavoro.

Secondo il giudice remittente, la mancata copertura assicurativa in via generale del rischio della strada cui sono esposti, indipendentemente dalla natura delle mansioni oggetto del contratto di lavoro, i lavoratori coinvolti nel diffuso fenomeno del pendolarismo quando non trovano una alternativa conveniente nei servizi pubblici di trasporto, configura una violazione dell'art. 38. secondo comma, della Costituzione. Sarebbe violato anche il principio di eguaglianza di cui all'art. 3, considerato che é invece indennizzabile l'infortunio in itinere patito nelle medesime circostanze da un lavoratore il quale, in ragione delle mansioni svolte, sia assicurato ai sensi dell'art. 4 del citato testo unico.

2.- Nel giudizio davanti alla Corte si é costituito l'I.N.A.I.L. chiedendo una declaratoria di infondatezza della questione, in quanto sollevata sul presupposto della inapplicabilità dell'art. 4, mentre ad avviso dell'Istituto, la previsione del terzo comma é estensibile anche al caso di cui si controverte. Comunque, ove la norma fosse ritenuta inapplicabile, non sussisterebbe violazione del principio di eguaglianza, perchè sarebbe allora escluso un nesso di causalità tra l'infortunio e l'attività lavorativa dedotta in contratto.

3.- É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, non essendo "ravvisabili quegli estremi di certezza e di rigorosa conseguenzialità in presenza dei quali soltanto é concepibile una pronuncia additiva della Corte costituzionale". La soluzione del problema posto dall'ordinanza di rimessione lascia aperti ampi margini di scelta, che non possono non essere rimessi alla discrezionalità del legislatore.

Considerato in diritto

1.-Il Pretore di Pisa sospetta di illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, l'art. 4 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui non prevede l'obbligo di assicurazione per il prestatore di lavoro che, indipendentemente dalla natura dell'attività svolta, sia costretto da ragioni oggettive all'uso dell'autoveicolo per raggiungere il posto di lavoro.

2. -Va respinta anzitutto la tesi avanzata dall'I.N.A.I.L., secondo cui il caso oggetto del giudizio principale potrebbe rientrare, in via di interpretazione estensiva, nella previsione dell'art. 4, terzo comma. Questa Corte ha bensì negato carattere tassativo all'elencazione contenuta nella norma citata (sent. n. 114 del 1977, ord. n. 705 del 1988), ma l'estensione ad altri lavoratori, diversi dai commessi viaggiatori, dai piazzisti e dagli agenti delle imposte di consumo, incontra un limite invalicabile nel tipo di rischio assicurato, del quale è elemento specifico l'uso di un veicolo a motore, personalmente condotto dal prestatore di lavoro, come strumento di esercizio delle proprie mansioni. Nel caso di specie l'uso dell'automobile non era un elemento intrinseco della prestazione oggetto del con tratto di lavoro, ma soltanto un mezzo di trasferimento del prestatore di lavoro (funzionario di banca) dall'abitazione al luogo di lavoro, onde giustamente il pretore ha escluso l'applicabilità dell'art. 4, terzo comma, del testo unico citato.

3. - La questione è inammissibile.

Il giudice remittente ritiene contrastante col principio di eguaglianza la normativa vigente in tema di infortuni sul lavoro, così come interpretata dalla giurisprudenza, perchè-in ordine all'indennizzabilità dell'infortunio occorso al lavorato re mentre, alla guida della propria auto mobile, si reca dall'abitazione al luogo di lavoro-discrimina il lavoratore assicurato ai sensi dell'art. 4 del testo unico dal lavoratore le cui mansioni non comportano l'obbligo dell'assicurazione: nel primo caso, ove si dimostri la necessità di uso del veicolo privato in relazione agli orari lavorativi e dei pubblici servizi, l'infortunio è indennizzabile, mentre nel secondo caso l'indennizzabilità è sempre negata.

Va osservato in contrario che, secondo la definizione, enunciata nell'art. 2, dell'evento assicurato, del quale è connotato essenziale <l'essere occasionato dal lavoro> (cfr. sent. n. 462 del 1989), l'indennizzabilità dell'infortunio in itinere è un prolungamento dell'assicurazione cui il lavoratore sia soggetto in ragione della natura o delle modalità delle mansioni dedotte in contratto. Ne consegue che il rischio della strada, incombente sul lavoratore durante il tragitto dal luogo di residenza al luogo di lavoro, è coperto dall'assicurazione solo se direttamente determinato, e quindi reso specifico, dalla prestazione di lavoro, mentre nel caso di specie esso è imputabile esclusivamente alla volontà del prestatore, il quale ha scelto di abitare in una località lontana dal luogo di lavoro e mal collegata da mezzi pubblici.

É vero che la giurisprudenza ha allargato la nozione di infortunio in itinere rispetto ai limiti tradizionalmente posti all'indennizzabilità. Ma tale giurisprudenza si riferisce ai criteri di identificazione del nesso eziologico tra infortunio e mansioni per loro natura comportanti l'obbligo di assicurazione, e quindi non si può trarne argomento per ritenere contrastante col principio di eguaglianza la non indennizzabilità dell'infortunio del medesimo tipo occorso al lavoratore addetto a mansioni non comprese nell'assicurazione. In quest'altro caso manca il presupposto-base per collegare causalmente l'infortunio in itinere al lavoro prestato.

In realtà, il giudice a quo chiede alla Corte una sentenza che introduca una forma autonoma di assicurazione dell'infortunio in itinere, indipendente dalla natura e dalle modalità della prestazione di lavoro. Ma una simile innovazione-a parte le difficoltà tecniche di organizzazione di una assicurazione legata a situazioni variabili, quali la maggiore o minore distanza della residenza del lavoratore dal luogo di lavoro, gli orari dei servizi pubblici, ecc. - compete esclusivamente al potere discrezionale del legislatore, il quale, del resto, si è già espresso in senso contrario nell'art. 31 della legge 19 gennaio 1963, n. 15, che delegava il Governo ad emanare norme intese a disciplinare l'istituto dell'infortunio in itinere.

4.-L'esclusione del caso di cui si controverte dal concetto di infortunio in itinere indennizzabile non comporta violazione dell'art. 38, secondo comma, Cost., dato che ai superstiti del lavoratore perito in seguito all'infortunio non manca il soccorso di un'altra forma di assicurazione sociale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Pisa con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/09/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 03/10/90.