Sentenza n. 426 del 1990

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SENTENZA N.426

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 69, primo comma, del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli Enti locali), convertito nella legge 9 gennaio 1939, n. 41, promosso con l'ordinanza emessa il 17 gennaio 1990 dal Tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra Silvia Filippini e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 251 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di costituzione di Filippini Silvia;

udito nell'udienza pubblica del 25 settembre 1990 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 17 gennaio 1990 il Tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra Silvia Filippini e I.N.A.D.E.L. (Reg. ord. n. 251 del 1990) ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 69, primo comma, del r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli Enti locali), convertito nella legge 9 gennaio 1939, n. 41, nella parte in cui non prevede la facoltà di riscattare i periodi corrispondenti alla durata legale dei corsi per allievi delle scuole universitarie dirette a fini speciali, il cui diploma sia stato richiesto quale condizione necessaria per l'ammissione in servizio.

In punto di fatto alla signora Filippini, che aveva conseguito il diploma di assistente sociale presso l'università di Parma ed era stata assunta in ruolo alle dipendenze del Comune di Bologna con le mansioni corrispondenti al titolo di studio, era stato negato il relativo riconoscimento.

L'ordinanza osserva che secondo le disposizioni dell'art. 69, primo comma, del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 sull'ordinamento della C.P.D.E.L., cui fa riferimento l'art. 12 della legge 8 marzo 1968, n. 152, agli impiegati iscritti alla Cassa, "muniti di laurea o di titolo equipollente" é concessa la facoltà di chiedere il riscatto degli anni di studio corrispondenti alla durata legale dei rispettivi corsi universitari o equiparati, purchè la laurea o il titolo siano prescritti per l'ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera. Pertanto, la norma non consente, allo stato, di includere la durata dei corsi in questione, giacchè il relativo diploma non corrispondente alla laurea o a un titolo equipollente riconosciuto dalle leggi speciali sull'istruzione superiore.

Sicchè essa contrasterebbe palesemente con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Si é costituita l'interessata, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Agostini, insistendo per l'accoglimento nei termini dell'ordinanza medesima.

Considerato in diritto

1.1 - L'art. 12 della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli Enti locali) stabilisce la facoltà di riscatto dei periodi di studio universitario valutabili ai fini del trattamento di quiescenza.

Alla presente fattispecie risulta perciò applicabile l'art. 69 del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli Enti locali) il quale circoscrive, peraltro, il riscatto ai soli anni di studio per il conseguimento della laurea prescritta per la carriera intrapresa.

1.2-Il Collegio remittente dubita della legittimità costituzionale della descritta normativa, ravvisandola-ex artt. 3 e 97 Cost. -irrazionalmente discriminante nei riguardi di chi abbia conseguito presso scuole dirette a fini speciali universitari il titolo abilitante per l'esercizio della professione di assistente sociale e abbia così avuto conseguente accesso alle corrispondenti mansioni.

2. - La questione è fondata.

La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente posto in rilievo che la legislazione in tema di riscatti è tendenziale a concedere alla preparazione professionale acquisita, quando riconosciuta indispensabile per i fini della qualifica ricoperta, ogni migliore considerazione (cfr. sentenza n. 163 del 1989).

Orbene, ai sensi del d.P.R. 13 gennaio 1987, n. 14 il titolo necessario abilitante, nell'area del pubblico impiego, per l'accesso alle mansioni di assistente sociale è costituito unicamente dal corrispondente diploma rilasciato dalle Università.

Talchè la norma impugnata, presentandosi indubbiamente irrazionale, è costituzionalmente illegittima nella parte in cui non soddisfa gli enunciati principi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, primo comma, r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli Enti locali) convertito nella legge 9 gennaio 1939, n. 41, nella parte in cui non prevede la facoltà di riscattare i periodi corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento del diploma abilitante all'esercizio della professione di assistente sociale e rilasciato dalle scuole dirette a fini speciali universitarie, quando il detto titolo sia stato utilizzato per l'accesso, nel pubblico impiego, alle corrispondenti mansioni.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/09/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giuseppe BORZELLINO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 03/10/90.