Sentenza n. 245 del 1990

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SENTENZA N.245

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, 6 e 8 della legge 4 gennaio 1990, n. 1 (Disciplina dell'attività di estetista) promosso con ricorso della Regione Liguria notificato il 3 gennaio 1990, depositato in cancelleria il 7 febbraio 1990 ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 1990. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 aprile 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi l'avv. Giuseppe Pericu per la Regione Liguria e l'avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 2 febbraio 1990 la Regione Liguria ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, primo comma, 6, secondo, terzo e quarto comma, e 8, quinto e sesto comma, della legge dello Stato 4 gennaio 1990, n. 1, che disciplina l'attività di estetista, per preteso contrasto con gli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione.

Col primo motivo di ricorso la Regione lamenta che l'art. 3 della legge, nel disciplinare le condizioni per il conseguimento della qualificazione professionale di estetista, prenda in considerazione soltanto la formazione professionale svolta nell'ambito di rapporti di apprendistato e non pure quella svolta nell'ambito di rapporti di formazione e lavoro. Tale discriminazione violerebbe non solo il principio di eguaglianza, ma anche le attribuzioni regionali in materia di artigianato e formazione professionale, sottraendo alla regione la competenza a valutare il grado della preparazione professionale acquisita mediante rapporti di formazione e lavoro.

Col secondo motivo si denuncia "una penetrante invasione della sfera delle attribuzioni regionali" operata dall'art. 6, sia assegnando al Ministro dell'industria poteri di indirizzo e di coordinamento dei contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e delle prove di esame, in deroga non giustificata alla competenza dei Consiglio dei ministri ai sensi della legge n. 400 del 1988, sia accordando al Ministro il termine di un anno Per l'emanazione dei relativi provvedimenti, mentre il primo comma dell'articolo prescrive alle regioni il termine di sei mesi per la predisposi2ione dei detti programmi. In tal modo, in contrasto coi principio di buon andamento dell'amministrazione, si insinuerebbe un fattore di disfunzione nella programmazione regionale, che potrebbe essere vanificata o comunque sottoposta alla necessità di revisione in conseguenza dell'irrazionale scoordinamento dei due termini.

Il terzo motivo si riferisce alle disposizioni transitorie dell'art. 8, quinto e sesto comma, il quale riconosce senz'altro la qualifica professionale di estetista a coloro che alla data di entrata in vigore della legge siano in possesso di attestati o diplomi di estetista rilasciati da scuole professionali autorizzate dallo Stato o dalle regioni, mentre per gli allievi dei corsi di formazione professionale, che abbiano conseguito 1,attestato di qualifica previsto dall'art. 14 della legge quadro n. 845 del 1978, il conseguimento della qualifica é subordinato al superamento di un esame tecnico-pratico, preceduto dalla frequenza di un corso annuale di specializzazione.

Ad avviso della ricorrente questa ingiustificato discriminazione lede le attribuzioni della regione in materia di formazione professionale vanificando gli attestati di qualifica professionale rilasciati in esito alla frequenza dei corsi regionali e al superamento dell'esame finale.

2.- Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, domandando che il ricorso sia dichiarato "in parte non ammissibile e comunque infondato".

Secondo l'Avvocatura il primo motivo del ricorso é per un verso inammissibile, in quanto censura il mancato riconoscimento della formazione professionale mediante rapporti di formazione e lavoro sotto il profilo dell'art. 3 Cost., per altro verso infondato là dove lamenta una supposta invasione della competenza regionale in materia di formazione professionale, mentre oggetto della norma é tutt'altra materia, cioé la determinazione dei requisiti di accesso alla professione di estetista.

Inammissibile é pure il secondo motivo nella parte in cui, denunciando una pretesa contrarietà dell'art. 6 all'art. 97 Cost., non si attiene all'argomento dell'invasività delle competenze regionali, e infondato nella parte in cui censura l'attribuzione al Ministro dell'industria del potere di definire a livello nazionale i contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e delle prove di esame. Si osserva che tale provvedimento non é propriamente configurabile come atto di indirizzo e di coordinamento, essendo piuttosto destinato a garantire uno standard minimo, comune a tutte le regioni, di preparazione e di controllo degli aspiranti alla professione di estetista, e che comunque la legge generale che conferisce la funzione di indirizzo e di coordinamento al Consiglio dei ministri, essendo una legge ordinaria, può essere derogata da leggi speciali.

Quanto al terzo motivo, a parte i profili di inammissibilità pure in esso presenti, l'Avvocatura rileva che il sesto comma dell'art. 8, lungi dal vanificare gli attestati di qualifica professionale rilasciati in seguito alla frequenza dei corsi regionali, riconosce ad essi una specifica rilevanza nel senso di consentire a coloro che ne sono in possesso un accesso all'esame teorico-pratico agevolato rispetto alle modalità previste dall'art. 3.

3.- In una memoria depositata in prossimità dell'udienza di discussione la ricorrente, oltre a sviluppare gli argomenti prospettati nell'atto di costituzione, precisa che l'interesse a ricorrere non può essere escluso di per sè quando la censura dedotta riguardi la violazione di parametri costituzionali diversi da quelli che direttamente tutelano e garantiscono la sfera delle attribuzioni regionali, la lesione di tali attribuzioni potendo "derivare anche dalla violazione di precetti costituzionali collocati al di fuori del titolo V della Costituzione".

Considerato in diritto

1.-La Regione Liguria contesta la legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 118 Cost., degli artt. 3, primo comma, 6, secondo, terzo e quarto comma, 8, quinto e sesto comma, della legge 4 gennaio 1990, n. 1, portante <disciplina dell'attività di estetista>. La violazione dei principi di eguaglianza e di buon andamento dell'amministrazione è denunciata non per se stessa-il che non sarebbe ammissibile, trattandosi di ricorso in via principale ai sensi dell'art. 32 della legge n. 87 del 1953-, ma in quanto si ritiene concorra a determinare, aggravandola, la pretesa invasività delle norme denunciate nella sfera delle attribuzioni regionali in materia di formazione professionale.

2. - Il ricorso non è fondato.

La crescente diffusione dell'attività di estetista, la quale ha assunto contenuti sempre più elevati di professionalità e di responsabilità (mentre la legge 14 febbraio 1963, n. 161, la annoverava tra le attività collaterali a quella di parrucchiere), e i gravi pericoli per la clientela che essa comporta quando sia esercitata senza la necessaria preparazione teorico-pratica, hanno indotto il legislatore a intervenire con una disciplina che, da un lato, prevede condizioni severe di accesso alla professione, dall'altro, impone a livello nazionale standards minimi di preparazione e di valutazione dei candidati. Sotto il secondo profilo la legge n. 1 del 1990 è una legge-quadro ai sensi e agli effetti dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.

In funzione della prima esigenza l'art. 3 subordina l'ammissione all'esame teorico-pratico di abilitazione alternativamente a tre condizioni complesse, la seconda delle quali esige, tra l'altro, che l'aspirante abbia lavorato in qualità di apprendista in una impresa di estetista per un periodo di tempo corrispondente alla durata dell'apprendistato prevista dalla contrattazione collettiva di categoria. La ricorrente lamenta che non siano presi in considerazione anche coloro che hanno svolto il loro tirocinio in base a un rapporto di formazione e lavoro ai sensi dell'art. 3 del d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito nella legge 19 dicembre 1984, n. 863. Tale discriminazione, oltre a offendere il principio di eguaglianza, violerebbe le attribuzioni delle regioni sotto l'aspetto della competenza a valutare il grado della preparazione professionale acquisita mediante rapporti di formazione e lavoro.

É agevole replicare che i corsi regionali di formazione professionale abilitano, per la via mediata dell'esame finale teorico-pratico previsto dall'art. 3, primo comma, all'esercizio della professione di estetista nell'intero territorio nazionale.

Ne consegue, come più volte questa Corte ha avuto occasione di affermare (sentenze n. 216 del 1976, n. 89 del 1977 e nn. 165 e 372 del 1989), che è riservata allo Stato anche la valutazione di idoneità della preparazione fornita dai vari strumenti di formazione professionale integrati dai detti corsi.

La preferenza attribuita dalla norma in esame alla formazione svolta mediante rapporti di apprendistato si giustifica razionalmente considerando che solo l'apprendistato -per gli obblighi che comporta, la durata e la specializzazione dell'addestramento pratico e dei corsi teorici complementari-è un mezzo adeguato all'apprendimento di un <mestiere>> altamente qualificato, esercitabile anche in qualità di lavoratore autonomo, mentre il contratto di formazione e lavoro ha piuttosto la funzione di facilitare l'inserimento dei giovani nelle occupazioni alle dipendenze di imprese di produzione in serie, nelle quali il progresso tecnologico e la connessa evoluzione dell'organizzazione del lavoro hanno prodotto una frantumazione degli antichi mestieri.

3. - In funzione della seconda delle esigenze indicate nel numero precedente l'art. 6, premesso che le regioni provvederanno entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge a predisporre i programmi dei corsi di formazione e dell'esame finale di abilitazione (primo comma), demanda al Ministro della industria il compito di definire entro un anno, di concerto con i Ministri della pubblica istruzione e del lavoro, i contenuti tecnico- culturali dei programmi dei corsi e delle prove di esame (secondo comma); elenca le materie che devono essere comprese tra gli insegnamenti fondamentali dei corsi (terzo comma); detta criteri per la formazione delle commissioni giudicatrici dello esame di abilitazione (quarto comma).

Tale disciplina non risulta contraddittoria con la competenza riconosciuta alle regioni dal primo comma dell'art. 6, in conformità degli artt. 117 e 118 Cost., atteso lo scopo che essa si propone-sempre in ragione dell'efficacia abilitante in tutto il territorio dello Stato della qualifica professionale conseguita a livello regionale-di garantire criteri minimi inderogabili di preparazione e di valutazione degli aspiranti. La giurisprudenza sopra richiamata di questa Corte ha pure precisato che in materia di istruzione professionale le attribuzioni regionali per la definizione dei programmi e l'organizzazione dei corsi non escludono la presenza di forme di coordinamento e di controllo centrale dirette a garantire standards minimi quantitativi e qualitativi relativi ai corsi e alla valutazione finale del profitto conseguito da coloro che li hanno frequentati. In particolare si osserva che il terzo comma non vincola rigidamente le materie fondamentali dei corsi, ma si limita a indicare alcuni insegnamenti che devono essere previsti tra queste, lasciando libere le regioni di aggiungerne altri in guisa da fornire una preparazione professionale superiore a livello minimo garantito dalla norma statale.

Infondata è pure la censura di invasività del secondo comma nelle competenze programmatorie delle regioni sotto il profilo dell'asserita irrazionalità del termine di un anno previsto per l'emanazione del decreto ministeriale di omogeneizzazione dei programmi regionali dei corsi e delle prove di esame, confrontato col termine di sei mesi assegnato alle regioni per la predisposizione di tali programmi. La scansione dei due termini si spiega considerando che la formazione dei programmi regionali ai sensi dell'art. 6, primo comma, costituisce una fase di prima attuazione della nuova disciplina (non ancora <a regime>>), destinata a fornire al potere centrale di controllo la base conoscitivo-sperimentale di acquisizione degli elementi occorrenti per definire i contenuti dei corsi e delle prove di esame <secondo criteri di uniformità e omogeneità a livello nazionale> (cfr. Camera dei deputati, X legisl., Commissione X, verbale della seduta del 2 marzo 1989, pag. 6). Non si tratta propriamente di un atto di indirizzo e coordinamento, come giudica la ricorrente, bensì di un atto di natura regolamentare.

4. - Con l'ultimo motivo di ricorso la Regione Liguria impugna la norma transitoria dell'art. 8, commi quinto e sesto, in quanto attribuisce senz'altro la qualifica di estetista a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, risultino in possesso di attestati o diplomi di estetista rilasciati in esito alla frequenza di corsi di scuole professionali espressamente autorizzati o riconosciuti dallo Stato o dalle regioni, e non pure agli allievi dei corsi di formazione professionale che abbiano conseguito l'attestato di qualifica di cui all'art. 14 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, così vanificando l'attività di questi corsi organizzati dalle regioni.

Il motivo è infondato per la medesima ragione sopra opposta alle censure mosse all'art. 3: la determinazione delle condizioni che abilitano all'esercizio di una professione <controllata> nell'intero territorio nazionale appartiene alla sfera delle attribuzioni dello Stato, al quale compete pertanto, a questo fine, anche la valutazione del risultato della frequenza ai corsi.

La ricorrente non porta alcun argomento idoneo a infirmare la razionalità della diversa valutazione degli attestati di qualifica considerati nel sesto comma dell'art. 8 rispetto agli attestati. e ai diplomi considerati nel comma precedente; nè si può dire che <la norma impugnata vanifica gli attestati di qualifica professionale che vengono rilasciati a seguito della frequenza dei corsi regionali e del superamento dell'esame finale, secondo le previsioni della legge quadro sulla formazione professionale>. Al contrario tali attestati vengono valorizzati come titolo di ammissione agevolata - rispetto alle condizioni richieste dall'art. 3, primo comma, lett . a)- allo esame teorico- pratico di abilitazione all'esercizio della professione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, primo comma, 6, secondo, terzo e quarto comma, 8, quinto e sesto comma, della legge 4 gennaio 1990, n. 1 (Disciplina dell'attività di estetista), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Liguria col ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 15/05/90.