Sentenza n. 156 del 1990

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SENTENZA N.156

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale riapprovata il 6 novembre 1989 dal Consiglio regionale dell'Umbria avente per oggetto: <Diritti di segreteria sui contratti e sugli altri atti rogati o ricevuti in forma pubblica amministrativa o a mezzo di scrittura privata> promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 25 novembre 1989, depositato in cancelleria il 5 dicembre successivo ed iscritto al n. 101 del registro ricorsi 1989.

Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e l'avv. Giovanni Tarantini per la Regione.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 25 novembre 1989 il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Umbria, riapprovata, dopo il rinvio governativo, il 6 novembre 1989, recante norme in tema di "diritti di segreteria sui contratti e sugli altri atti rogati o ricevuti in forma pubblica amministrativa o a mezzo di scrittura privata".

A giudizio del ricorrente, avendo i diritti in questione natura fiscale, la legge impugnata si pone in contrasto con gli arti. 117 e 119 della Costituzione. Le regioni hanno autonomia finanziaria in forme e limiti che, in ordine all'autonomia impositiva, sono stati precisati dalla legge 16 maggio 1970, n. 281. In attuazione della riserva di legge dello Stato prevista dall'art. 119 Cost., la legge n. 281 predetermina in maniera analitica e tassativa le entrate tributarie delle regioni, alle quali non spetta, pertanto, di istituirne di nuove.

Non giova alla legge impugnata l'avere strutturato i diritti di segreteria sulla falsariga degli omonimi proventi regolati dall'art. 40 della legge statale 8 giugno 1962, n. 604, atteso che di questa legge, concernente i diritti di segreteria dei comuni e delle province, si verrebbe a fare "applicazione" in situazioni diverse e non previste tra quelle che costituiscono l'arca delle entrate tributarie regionali.

2.- Si é costituita la Regione dell'Umbria, in persona del suo Presidente, domandando la reiezione del ricorso.

Premesso che l'art. 40 della legge regionale 9 marzo 1979, n. 11, consente alla Regione di stipulare in forma pubblica amministrativa "i contratti e i verbali di aggiudicazione e tutti gli atti per i quali occorre pubblicità ed autenticità", istituendo all'uopo la figura dell'ufficiale rogante, la resistente osserva che con la legge impugnata si é voluto recepire nell'ordinamento regionale lo stesso sistema già vigente nell'ordinamento comunale e provinciale eliminando, in ossequio a un primo rilievo dei Governo, la ~sione - pure contenuta nella legge n. 604 dei 1962 per i comuni e le province - dell'attribuzione di una quota dei diritti di rogito a favore dell'ufficiale rogante.

Si osserva inoltre che, se in passato si é discusso sulla natura tributaria o meno dei "diritti di segreteria", tale dibattito non può trasferirsi ai "diritti di rogito", configurati dall'art. 41, ultimo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, come corrispettivo di una prestazione professionale dell'ufficiale rogante facoltativamente richiesta dagli interessati.

Considerato in diritto

1. -Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 117 e 119 della Costituzione, della legge della Regione Umbria, riapprovata con modificazioni dal Consiglio regionale, dopo il rinvio governativo, il 6 novembre 1989, la quale autorizza la Giunta ad applicare diritti di segreteria, sugli atti stipulati in forma pubblica amministrativa e sugli altri atti richiamati nei nn. da l a 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, modificata dal d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito nella legge 26 aprile 1983, n. 121, e nella stessa misura prevista da tale tabella per i comuni e le province.

2. - II ricorso è fondato.

La questione concerne la competenza legislativa della Regione ad attribuire all'amministrazione regionale il potere di esigere dai terzi contraenti i cosiddetti diritti di rogito nel caso di stipulazione di atti in forma pubblica amministrativa innanzi all'ufficiale rogante, ai sensi degli artt. 39 e 40 della legge regionale 9 marzo 1979, n. 11.

Ai diritti di segreteria, dei quali i diritti di rogito sono una figura, dovuti a fronte di un'attività compiuta dall'ente pubblico nello svolgimento delle sue funzioni di diritto pubblico, è concordemente attribuita natura di tributi. Ne consegue che essi cadono nella riserva di legge dello Stato stabilita dall'art. 119 Cost. circa le forme e i limiti dell'autonomia finanziaria delle regioni.

II primo e il secondo comma dell'art. 119 sono stati attuati dalla legge 16 maggio 1970, n. 281, che ha provveduto a determinare tassativamente i tipi e le procedure di accertamento e di riscossione dei tributi <propri> delle regioni. Tra questi non sono previsti i diritti di segreteria, e pertanto la legge impugnata eccede i limiti dell'autonomia tributaria della Regione fissati dalla citata legge dello Stato. É appena il caso di aggiungere che non vale ad evitare la censura di incostituzionalità la formula dell'art. 1, la quale prospetta il divisato potere impositivo della Regione come <applicazione> dei diritti di segreteria previsti dalla legge statale n. 604 del 1962: formula contraddittoria perchè, mentre l'esazione di tali diritti da parte dei comuni e delle province è autorizzata da una legge dello Stato, l'esazione da parte della regione sarebbe autorizzata da una legge regionale fuori dai limiti di competenza del legislatore regionale.

3. -La difesa della Regione contesta la natura tributaria dei diritti in oggetto con l'argomento che <trattasi di un corrispettivo di un servizio particolare che l'amministrazione presta facoltativamente non iure imperii, potendo benissimo (la controparte) in alternativa ricorrere all 'opera di un notaio>. Va osservato in contrario che criterio distintivo della tassa, o più in generale del tributo, dal corrispettivo non è il carattere necessario o cogente dell'attività del pubblico potere per la quale è richiesta ai destinatari una prestazione pecuniaria, bensì il carattere di funzione pubblica. Tale carattere, che è indice necessario e sufficiente di riconoscibilità della tassa, ha certamente l'attività dell'ufficiale rogante nella stipulazione di contratti in forma pubblica amministrativa.

Non si può dire che l'ufficiale rogante interviene in virtù di un incarico professionale conferitogli in tuitu personae.

L'incarico non potrebbe essere conferito che dalla controparte dell'amministrazione, mentre è vero che la stipulazione del contratto in forma pubblica amministrativa avviene dietro invito dell'amministrazione, salva all'altro contraente la facoltà di declinare l'invito e chiedere che l'atto sia, a proprie spese, ricevuto da un notaio.

Nessuna indicazione contraria può trarsi, infine, dall'art. 41, ultimo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, che qualifica i diritti di rogito come <proventi>. Il termine <provento> è neutro e si adatta anche a indicare il gettito di un tributo correlato a una specifica attività della pubblica amministrazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione dell'Umbria, riapprovata dal Consiglio regionale il 6 novembre 1989, concernente: <Diritti di segreteria sui contratti e sugli altri atti rogati o ricevuti in forma pubblica amministrativa o a mezzo di scrittura privata>.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/03/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 04/04/90.