Ordinanza n. 143 del 1990

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ORDINANZA N.143

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 marzo 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Federico Marianna ed altri, contro l'E.N.P.A.S. ed altri, iscritta al n. 470 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1989;

2) ordinanza emessa il 13 marzo 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da De Venezia Raffaele ed altri, contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, iscritta al n. 652 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visti gli atti di costituzione di Federico Marianna e di De Venezia Raffaele ed altri nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto che con due ordinanze in data 13 marzo 1989 (R.O. n. 470 e n. 652 del 1989) il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all 'art . 3 della Costituzione, degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, nella parte in cui escludono l'indennità integrativa speciale tanto dalla base di calcolo dell'indennità di buonuscita dei dipendenti statali, che dalla base di calcolo contributiva;

che, secondo il giudice a quo, tale esclusione darebbe luogo ad un trattamento discriminatorio rispetto a quello previsto per i dipendenti degli enti locali dall'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299, il quale ha incluso, per tale categoria di pubblici dipendenti, l'indennità integrativa speciale nella base di calcolo contributiva-retributiva dell'indennità premio al fine servizio;

che detta differenza di trattamento, in relazione alla quale nella sentenza n. 220 del 1988 di questa Corte si era auspicato l'intervento del legislatore, non sarebbe più giustificabile dopo le sentenze n. 763 e n.821 del 1988, in materia di indennità premio di fine servizio, relative ai requisiti per il conseguimento di tale indennità, ormai assimilati a quelli previsti per la corresponsione dell'indennità di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S.

Considerato che le predette decisioni n. 763 e n. 821 del 1988 non fanno alcun riferimento alla computabilità dell'indennità integrativa speciale nel trattamento di fine rapporto;

che, quindi, non apportano alcun elemento nuovo in relazione a quanto già ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 220 del 1988, con la quale è stata dichiarata l'inammissibilità di una questione analoga a quella in esame, essendo di competenza del legislatore valutare l'opportunità del mantenimento di sistemi differenziati nell'ambito del pubblico impiego, ovvero predisporre le misure occorrenti per superare le differenziazioni esistenti, auspicandosi peraltro adeguati interventi normativi tesi all'omogeneizzazione dei sistemi, attraverso una revisione organica delle rispettive discipline;

che, successivamente alla sentenza n. 220 del 1989 e con esplicito riferimento ad essa è stata presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge in tal senso e, come risulta da dichiarazione allegata all'accordo intercompartimentale ex art. 12 della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93 per il triennio 1989-90, il Governo, in adesione alla richiesta delle Confederazioni sindacali ha convenuto sull'esigenza di eliminare <le sperequazioni esistenti nel pubblico impiego in materia di trattamento di fine rapporto> e si è impegnato a presentare <un disegno di legge per disciplinare la materia del trattamento di fine rapporto in modo uniforme per tutti i pubblici dipendenti>;

che in tale direzione il Governo si è mosso anche con il recente decreto-legge 27 dicembre 1989 n. 413 (convertito nella legge 28 febbraio 1990, n. 37), col quale, a decorrere dall'l gennaio 1989, è stata estesa anche al personale della magistratura, ai dirigenti civili dello Stato e agli altri dipendenti pubblici che godono di trattamenti equiparati, la norma dell'art. 15 del d.P.R.17 settembre 1987, n. 494, alla stregua della quale era già stato disposto il conglobamento nello stipendio di una quota dell'indennità integrativa speciale per il personale dei ministeri, degli enti pubblici non economici, degli enti locali, delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, del Servizio sanitario nazionale e della scuola;

che, pertanto, non sussistono ragioni per discostarsi da quanto in precedenza già statuito (cfr. anche le ordinanze n. 419 del 1989; n. 641, n. 869, n. 1070 e n. 1072 del 1988), pur dovendosi rinnovare il pressante invito al legislatore di procedere ad una sistemazione organica della materia che realizzi l'omogeneità dei trattamenti.

Visti gli artt. 26, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/03/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Gabriele PESCATORE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 26/03/90.