Sentenza n. 99 del 1990

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SENTENZA N.99

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Francesco SAJA, Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità dell'art. 2, commi 5° ed ultimo, della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti), promossi con sei ordinanze emesse il 6 giugno 1989 (nn. 4 ord.) dal Pretore di Latina e il 20 luglio 1988 dal Pretore di Milano, iscritte rispettivamente ai nn. 395, 488, 489, 490, 491 e 500 del registro ordinanze 1989 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37, 43 e 44, prima serie speciale, dell'anno 1989.

 

Visto l'atto di costituzione di Vigorelli Gianni;

 

udito nell'udienza pubblica del 17 gennaio 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

 

udito l'avv. Renato D'Auria per Vigorelli Gianni.

 

Ritenuto in fatto

 

1- Nel corso di un giudizio promosso dall'ing. Mario Giorgetti contro la Cassa nazionale di previdenza per gli ingegneri e gli architetti al fine di ottenere la liquidazione del supplemento della pensione in misura piena, il Pretore di Udine, con ordinanza dei 6 giugno 1989, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, ultimo comma, della legge 3 gennaio 1981, n. 6, nella parte in cui prevede che il supplemento, spettante dopo cinque anni di iscrizione e di contribuzione successivi al pensionamento, sia liquidato in base alla metà dei coefficienti stabiliti dal primo e dal quinto (recte, quarto) comma per la determinazione della pensione.

 

Il giudice a quo osserva che "il caso in esame appare in tutto e per tutto simile a quello relativo al supplemento di pensione previsto per gli avvocati dall'art. 2, ultimo comma, della legge n. 576 del 1980", caso già risolto dalla sentenza n. 1008 del 1988 di questa Corte nel senso dell'illegittimità della norma in questione.

 

2.- Con quattro ordinanze di eguale tenore del 26 aprile 1989, emesse nel corso di altrettanti procedimenti instaurati contro la detta

 

Cassa da ingegneri pensionati tuttora iscritti all'albo, il Pretore di Latina ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, quinto comma, della legge n. 6 del 1981, che prevede la riduzione di un terzo della pensione di vecchiaia quando H titolare resti iscritto all'albo professionale.

 

Ad avviso del giudice remittente la decurtazione é irragionevole sia in se stessa sia in rapporto al diverso trattamento di altre categorie professionali e all'interno della stessa categoria degli ingegneri, in rapporto a quelli che esercitano la professione in costanza di un rapporto di lavoro alle dipendenze di un ente pubblico o di un datore di lavoro privato. Costoro, infatti, quando vengono collocati in quiescenza per raggiunti limiti di età, non subiscono alcuna diminuzione della pensione pur se rimangono iscritti all'albo.

 

L'ordinanza osserva, inoltre, che la norma impugnata non può giustificarsi nemmeno alla stregua del principio di solidarietà, tenuto conto anche dei rilievi svolti nella richiamata sentenza n. 1008 dei 1988 di questa Corte in ordine all'identica norma contenuta nell'art. 2, sesto comma, della legge sulla previdenza forense.

 

3.- Sempre in riferimento all'art. 3 Cost. la legittimità costituzionale dell'art. 2, quinto comma, della legge n. 6 del 1981 é contestata anche dal Pretore di Milano con ordinanza del 20 luglio 1988, pervenuta alla Corte costituzionale il 6 ottobre 1989. Gli argomenti sono analoghi a quelli del Pretore di Latina.

 

Nel giudizio davanti alla Corte promosso da quest'ultima ordinanza si é costituito il ricorrente ing. Gianni Vigorelli. Egli insiste soprattutto sulla disparità di trattamento nei confronti degli ingegneri titolari di pensione derivante da un progresso rapporto di lavoro, e richiama l'attenzione sulla proposta di legge n. 490 dei 2 luglio 1987 pendente davanti alla Camera dei deputati, la quale, a modifica della norma impugnata, prevede la corresponsione della pensione della Cassa in misura intera anche agli ingegneri pensionati che continuano l'esercizio della professione.

 

Considerato in diritto

 

1.-Il Pretore di Udine ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, settimo comma, della legge 3 gennaio 1981, n. 6, sulla previdenza per gli ingegneri e gli architetti, nella parte in cui dispone che il supplemento della pensione, spettante a coloro che continuano l'attività professionale per almeno cinque anni dopo il pensionamento, sia calcolato mediante coefficienti pari alla metà di quelli previsti per la liquidazione della pensione.

 

Dai Pretori di Latina e di Milano è contestata la legittimità costituzionale anche del quinto comma del medesimo art. 2, a mente del quale la pensione di vecchiaia è ridotta a due terzi quando il titolare mantenga l'iscrizione all'albo professionale.

 

L'identità della questione oggetto dei giudizi promossi dai Pretori di Latina e di Milano ne impone la riunione. Per ragioni di connessione è opportuno disporre altresì la riunione di tale questione con quella sollevata dal Pretore di Udine, in guisa che entrambe siano decise con unica sentenza.

 

2. - La prima questione è fondata.

 

Nel sistema della legge n. 6 del 1981, ricalcato sulla riforma della previdenza forense attuata con la legge 20 settembre 1980, n. 576, il principio di solidarietà non si sovrappone al principio di proporzionalità della pensione ai contributi personali versati (a loro volta proporzionali al reddito professionale netto, entro un limite massimo), ma introduce un correttivo destinato ad operare nella misura necessaria, secondo le circostanze, per assicurare a tutti i membri della categoria professionale una pensione minima adeguata alle loro esigenze di vita.

 

Poichè per i pensionati che continuano l'attività professionale l'art. 9, terzo comma, tiene fermo l'obbligo di contribuzione personale alla Cassa in misura intera, il criterio di correlazione tra contribuzione e prestazione previdenziale deve valere anche per la determinazione del supplemento della pensione. In quanto applica percentuali di calcolo dimezzate rispetto a quelle con cui si determina l'ammontare della pensione, la norma impugnata viola il principio di eguaglianza. Nè può essere giustificata richiamando il principio solidaristico, sia perchè, considerata la situazione economica della Cassa, l'imposizione di un tale sacrificio ai pensionati ultrasettantenni non appare necessaria per garantire un livello adeguato del trattamento minimo, sia perchè gli ingegneri pensionati sono già gravati, come ogni altro iscritto all'albo, da un obbligo di solidarietà nella forma di un contributo a fondo perduto del tre per cento sul reddito eccedente i quaranta milioni di lire.

 

3. - Pure la seconda questione è fondata.

 

L'argomento su cui i giudici remittenti insistono maggiormente fa leva sulla differenza di trattamento, all'interno della categoria degli ingegneri e degli architetti, tra gli iscritti all'albo che, in virtù di un pregresso rapporto di lavoro, fruiscono di una pensione a carico dello Stato o della Assicurazione generale a e gli ingegneri titolari di pensione erogata dalla Cassa: solo i secondi, non anche i primi, subiscono una decurtazione della pensione a causa della continuazione dell'attività professionale.

 

In questi termini l'argomento non è producente perchè prospetta una differenza di trattamento derivante dalla titolarità di pensioni erogate da sistemi previdenziali diversi, ciascuno con una propria autonoma disciplina.

 

Tuttavia può essere recuperato riformulandolo in connessione con la ratio sottesa alla norma impugnata, la quale, essendo identica a quella contenuta nell'art. 2, sesto comma, della legge sulla previdenza forense, ne ripete la finalità di < disincentivare la prosecuzione del servizio professionale da parte di quei professionisti che già sono in pensione> (cfr. Camera dei deputati, VIII legislatura, Commissioni riunite Giustizia Lavoro, seduta del 26 giugno 1980). Valutato da questo punto di vista, l'art. 2, quinto comma, della legge n. 6 del 1981 urta contro il principio di eguaglianza in quanto discrimina gli ingegneri affiliati alla Cassa gravandoli di un disincentivo all'esercizio della professione dopo il pensionamento, dal quale sono esenti gli ingegneri iscritti ad altre forme di previdenza in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o di altra attività di lavoro autonomo.

 

Del resto la norma impugnata contrasta con l'art. 3 Cost. anche sotto il profilo del principio di ragionevolezza, per motivi analoghi a quelli esposti nella sentenza n. 1008 del 1988 in relazione alla norma corrispondente della legge sulla previdenza forense.

 

Anche per la categoria degli ingegneri si può osservare che la penalizzazione della prosecuzione dell'esercizio professionale da parte dei titolari di pensioni erogate dalla Cassa non è giustificata nè dal livello delle prestazioni, sempre modesto e nel caso del Pretore di Milano addirittura inferiore alla pensione sociale (tre milioni annui, ridotti a due ai sensi della disposizione denunciata), nè dalle condizioni di questo settore del mercato dei servizi, le quali non sono tali che la continuazione dell'attività professionale da parte degli ingegneri pensionati a carico della Cassa possa essere ritenuta un ostacolo all'accesso dei giovani alla professione, nè infine dalla situazione finanziaria della Cassa, la quale negli ultimi anni si è arricchita consentendo che il contributo sul reddito fino a lire 40 milioni, già diminuito dal dieci al nove per cento a partire dal 1° gennaio 1984, fosse ulteriormente ridotto, dal 1° gennaio 1988, al sei per cento con decreto del Ministro del lavoro 18 dicembre 1987, n. 548.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, settimo comma, della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti), nella parte in cui prevede che il supplemento della pensione, spettante a coloro che dopo la maturazione del diritto a pensione continuano per cinque anni l'esercizio della professione, < è pari, per ognuno di tali anni, alla metà delle percentuali di cui al primo e al quinto (recte: quarto) comma, riferite alla media dei redditi professionali risultanti dalle dichiarazioni successive a quelle considerate per il calcolo del pensionamento>, anzichè alle percentuali intere;

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, quinto comma, della stessa legge 3 gennaio 1981, n. 6.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Luigi MENGONI, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 02/03/90.