Sentenza n. 576 del 1989

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SENTENZA N.576

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, settimo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione) convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1983, n. 79, promosso con ordinanza emessa l'11 maggio 1988 dal T.A.R. della Calabria - sezione staccata di Reggio Calabria - sul ricorso proposto da Modica Orazio contro il Provveditore agli studi di Reggio Calabria ed altro, iscritto al n. 296 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.

 

Considerato in diritto

 

1.-Con ordinanza emessa l'11 maggio 1988, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria - Sezione staccata di Reggio Calabria - sul ricorso proposto da Modica Orazio contro il Provveditore agli studi di Reggio Calabria ed altro ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, dell'art. 10, settimo comma del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione) convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1983 n. 79.

Il ricorrente, già docente di ruolo di educazione musicale, collocato a riposo a domanda per pensionamento anticipato, aveva poi prestato servizio quale supplente annuale di violino. Disposto dal Provveditorato agli studi il recupero delle somme percepite a titolo di pensione, per effetto del divieto di cumulo sancito dalla norma oggetto di censura, il Modica aveva impugnato il relativo provvedimento. Al riguardo, il Collegio ha ravvisato di proporre la questione di cui trattasi perché la normativa, nei suoi contenuti, avrebbe esorbitato dai limiti della <ragionevolezza> ex art. 3 della Costituzione.

Con atto depositato il 7 luglio 1989 é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l'infondatezza della questione sollevata poiché, si assume, quando, con la legge ora all'esame della Corte costituzionale, si vieta il cumulo tra il trattamento di pensione e quello di servizio attivo, non si impone al dipendente di lavorare senza retribuzione, ma più semplicemente lo si invita ad operare una scelta.

1.1-L'art. 10 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17 recante misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione, così come sostituito dalla legge di conversione 25 marzo 1983, n. 79 (articolo unico) stabilisce che nei confronti dei soggetti fruenti di pensionamento anticipato opera il divieto di cumulo tra pensione liquidata ed eventuale retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro (art. 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153).

1.2 - Il giudice a quo sospetta di illegittimità la disposizione che pone tale divieto, poiché esso confliggerebbe, nell'impedire all'ex dipendente dimissionario di ricevere un'adeguata retribuzione, con i principi di ragionevole perequazione costituzionalmente garantiti (artt. 3, 36, 38 della Costituzione).

2. - La questione non é fondata.

La Corte ha già avuto modo di considerare (sent. n. 531 del 1988) che la norma di cui all'indicato art. 10 (nel suo vigente testo) é diretta a disincentivare il ricorso ai pensionamenti anticipati, ponendo freno e limiti a un meccanismo di <perversione> risultante dal cumulo, che indubbiamente veniva a creare sperequazioni con soggetti non fruenti di siffatta anticipazione della quiescenza.

Questi essendo i validi presupposti della normativa in esame e fatta salva ogni possibile opzione, pacifica nell'area pubblica, per il trattamento concreto più favorevole fra pensione e stipendio, non v'é motivo di discostarsi da quanto già affermato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, settimo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione) nel testo sostituito dalla legge di conversione 25 marzo 1983, n. 79, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 22/12/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giuseppe BORZELLINO, REDATTORE