Sentenza n. 575 del 1989

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SENTENZA N.575

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 7, nn. 2, 3 e 4, e 40 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica); dell'art. 2, comma primo, della legge 19 novembre 1968, n. 1187 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150), promosso con ordinanza emessa il 26 gennaio 1989 dal T.A.R. della Lombardia nel ricorso proposto dalla S.p.a. Magic contro il Comune di Busto Arsizio ed altra, iscritta al n. 294 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di costituzione della S.p.a. Magic, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 15 novembre 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi gli avvocati Carlo L. Scrosati e Annarosa Corselli per S.p.a Magic e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-E' stata sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, nn. 2, 3 e 4, e 40 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968, n. 1187 nella parte in cui, ad avviso del giudice a quo, consentono alla pubblica amministrazione di reiterare, senza la corresponsione di indennizzo, il vincolo urbanistico di natura espropriativa su di un bene determinato, decaduto per l'inutile decorso del termine di efficacia.

L'ordinanza di rinvio considera tale eventualità in contrasto con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione, in quanto sottoporrebbe singoli beni, cosi discriminandone l'utilizzabilità rispetto ad altri beni aventi le stesse caratteristiche, ad un regime vincolistico indeterminato nel tempo, tale da risolversi in una limitazione della proprietà sostanzialmente espropriativa senza indennizzo.

Il sistema, inoltre, contrasterebbe anche con l'art. 3 della Costituzione, creando un’ingiustificata disparità di trattamento tra il proprietario dell'area sottoposta al vincolo ormai decaduto, che non potrà edificare se non nei ristretti limiti individuati dalla giurisprudenza amministrativa, ed il vicino proprietario di un terreno non colpito da vincoli che potrà beneficiare, invece, della maggiore volumetria consentita dalle previsioni di piano.

2. -Vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dall'Avvocatura dello Stato.

Quanto alla asserita irrilevanza delle censure di illegittimità costituzionale ai fini della pronuncia sui motivi del ricorso, va osservato come non possa dubitarsi (sent. n. 38 del 1969 e ord. n. 780 del 1988) dell'ammissibilità di questioni attinenti a leggi di cui il giudice a quo debba fare diretta applicazione nell'esame delle censure contenute nei motivi del ricorso, ipotesi questa che esattamente ricorre nella fattispecie.

In ordine all'altra eccezione, secondo cui il giudice a quo chiederebbe una pronunzia comportante l'individuazione di nuove regole sostanziali e procedurali e quindi scelte discrezionali di esclusiva competenza del legislatore, va rilevato che il quesito posto dal giudice a quo non esige, neppure in astratto, una pronuncia del genere.

3.1. - Nel merito la questione, sollevata in riferimento all'art. 42, comma terzo, della Costituzione, non e fondata.

Gli artt. 7 nn. 2, 3 e 4, e 40 della legge 17 agosto, n. 1150, in relazione al predetto parametro costituzionale, sono stati già esaminati da questa Corte nella sentenza n. 55 del 1968. Questa li dichiaro costituzionalmente illegittimi nella parte in cui escludevano espressamente l'indennizzabilità dei vincoli su beni individuati che privavano il proprietario delle utilità consentite ad altri, sia pure secondo indici differenziati (sent. n. 38 del 1966) in relazione a beni aventi le stesse caratteristiche.

Tali norme vengono ora denunciate in connessione con l'art. 2 della legge n. 1187 del 1968, ed il giudice a quo, pur dichiarandosi consapevole della legittimità costituzionale di leggi che prevedano l'imposizione a tempo indeterminato di vincoli su beni determinati, purché subordinati alla previsione dell'indennizzo della proprietà, prospetta la questione in relazione alla possibilità, insita nelle norme denunciate, di protrarre a tempo indeterminato, come nel caso del giudizio a quo, vincoli scaduti, attraverso l'introduzione di varianti agli strumenti urbanistici, la cui adozione comporta, in relazione ai vincoli in esse contenuti, una nuova decorrenza del termine quinquennale di efficacia previsto dall'art. 2 della legge del 1968, n. 1187.

3.2. - Osserva in proposito la Corte che e propria della potestà pianificatoria la possibilità di rinnovare illimitatamente nel tempo i vincoli su beni individuati, purché, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, risulti adeguatamente motivata in relazione alle effettive esigenze urbanistiche. Tale possibilità, tuttavia, darebbe luogo ad un sistema non conforme ai principi affermati nella richiamata sentenza n. 55 del 1968, qualora il vincolo venga protratto a tempo indeterminato senza la previsione di indennizzo.

Come si evince dalla stessa sentenza e come e stato ribadito più di recente (sent. n. 82 del 1982), i due requisiti della temporaneità e della indennizzabilità sono difatti tra loro alternativi, per cui l'indeterminatezza temporale dei vincoli, resa possibile dalla potestà di reiterarli indefinitamente nel tempo anche se con diversa destinazione o con altri mezzi, é costituzionalmente legittima a condizione che l'esercizio di detta potestà non determini situazioni incompatibili con la garanzia della proprietà secondo i principi affermati nelle sentenze n. 6 del 1966 e n. 55 del 1968.

E' proprio per questa ragione che la Corte, chiamata in precedenza a giudicare della legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge n. 1187 del 1968, in riferimento agli stessi parametri costituzionali ora invocati, lo ha ritenuto, nella sentenza n. 82 del 1982, rispondente ai principi affermati nella sentenza n. 55 del 1968 e ciò in quanto tale norma era stata emanata all'indomani di quest'ultima solo per graduarne gli effetti nel tempo e non per reintrodurre il principio dell'esclusione dell'indennizzo dei vincoli urbanistici a tempo indeterminato.

4. - La questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, nn. 2, 3 e 4, e 40 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, nonché dell'art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968, n. 1187, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, e inammissibile.

Irrilevante appare difatti, per la decisione del giudizio a quo, la circostanza che il proprietario allo scadere dei vincoli, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa, potrà solo in alcuni casi edificare e in limiti estremamente ristretti. Tale situazione si riferisce all'ipotesi dell'inerzia cioè a quella in cui, scaduto il vincolo, l'amministrazione non sia intervenuta con altro provvedimento, laddove il giudizio a quo concerne l'impugnativa di un provvedimento di variante relativo ad un vincolo già scaduto.

In ogni caso sul problema della spettanza dell'indennizzo e su quello relativo alle altre conseguenze di carattere patrimoniale pregiudizievoli per il proprietario a causa del protrarsi indeterminato dell'inerzia, il giudice rimettente e carente di giurisdizione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, nn. 2, 3 e 4, e 40 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968, n. 1187 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), sollevata, in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, dal T.A.R. della Lombardia con l'ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, nn. 2, 3 e 4, e 40 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968, n. 1187, (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150) sollevata, in riferimento all'art. 3, della Costituzione, dal T.A.R. della Lombardia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 22/12/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE