Sentenza n. 505 del 1989

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SENTENZA N.505

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 10 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito in legge 24 aprile 1989, n. 144 (Disposizioni urgenti in materia d; autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale), promossi con ricorsi delle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna notificati il 31 marzo ed il 25 maggio 1989, depositati in cancelleria l'11 aprile ed il 2 giugno 1989 ed iscritti ai nn. 21, 22, 41 e 45 del registro ricorsi 1989.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi l'avvocato Alberto Predieri per le Regioni Toscana e Emilia Romagna e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-Le Regioni Toscana ed Emilia-Romagna hanno impugnato, siccome lesiva della loro sfera di competenza, la norma contenuta nell'art. 10, comma secondo, del decreto- legge 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale), convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 1989, n. 144.

Ciascuna Regione ha proposto due distinti ricorsi - uno contro il decreto-legge e l'altro contro la legge di conversione - dal contenuto identico fra loro e rispetto ai ricorsi dell'altra. Ciò consente di passare all'esame della stessa questione cosi posta per la decisione mediante un'unica sentenza.

2. -Con il decreto-legge n. 66 del 1989, come sopra convertito in legge, e stata introdotta (art. 1) l'imposta comunale di esercizio, nel territorio del Comune, di arti e professioni e di imprese (I.C.I.A.P.), a decorrere dal 1989 e, come e precisato con la legge di conversione, < fino all'approvazione della legge organica regolatrice dell'autonomia impositiva degli enti locali>.

In tale quadro é stata soppressa (art. 10, comma primo) l'imposta comunale di soggiorno, di cui al regio decreto-legge 24 novembre 1938, n. 1926, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739, e successive modificazioni ed integrazioni. Inoltre sono state attribuite alle Regioni (art. 10, comma secondo), per i due (soli) anni 1988 e 1989, somme di importo pari a quelle devolute a titolo di imposta di soggiorno per l'anno 1988 agli enti beneficiari del gettito dell'imposta stessa, esclusi i comuni e le sezioni autonome per l'esercizio del credito alberghiero e turistico, disponendosi in pari tempo che le somme cosi pervenute alle Regioni siano dalle stesse utilizzate per il fabbisogno finanziario degli enti provinciali per il turismo, delle aziende di soggiorno o di quelle di promozione turistica.

Proprio di tale ultima disposizione - nella parte in cui sottopone l'erogazione finanziaria a vincolo di destinazione delle somme erogate a favore di enti predeterminati (le aziende di soggiorno e quelle di promozione turistica sono indicate nel decreto-legge, e gli enti provinciali per il turismo, con modificazione aggiuntiva che non sposta i termini della questione, nella legge di conversione)-si dolgono le Regioni ricorrenti. Le quali assumono che essa viola gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, comprimendo l'autonomia regionale finanziaria sul versante della spesa e discostandosi dalle norme (o dai principi) di cui alla legge-quadro sul turismo 17 maggio 1983, n. 217.

In particolare, secondo le ricorrenti, la loro autonomia finanziaria sarebbe lesa dalla esclusione o dalla intollerabile limitazione della loro libertà nell'impiego delle somme erogate: esclusione o limitazione che la normativa in oggetto opererebbe per il fatto stesso di predeterminare i beneficiari finali dell'erogazione. La compressione dell'autonomia finanziaria regionale sul versante della spesa-consumata mediante il carattere fino a tal punto dettagliato della normativa impugnata-sarebbe tanto più grave in quanto sarebbero stati indicati quali beneficiari alcuni enti (l'azienda comunale autonoma di soggiorno e gli enti provinciali del turismo) dei quali é prevista la soppressione dalla legislazione statale vigente e particolarmente dalla citata legge-quadro sul turismo. Inoltre, la destinazione vincolata sarebbe in contrasto con quest'ultima legge, perché impedirebbe l'utilizzazione delle somme erogate a fini da essa contemplati, come la programmazione turistica.

3. - Le censure non sono fondate.

Può senz'altro riconoscersi che un finanziamento come quello di cui si tratta non é coerente con il sistema della finanza derivata regionale -quale tracciato dalla legge 16 maggio 1970, n. 281, mediante l’istituzione di fondi senza vincoli di destinazione- e che questa Corte, pur dando atto del delinearsi (accanto a quel sistema) di una prassi normativa di introduzione, per settori legati a interessi unitari di particolare rilevanza e intensità, di finanziamenti a destinazione vincolata (sentenze nn. 64 e 517 del 1987; nn. 356 e 357 del 1985), ha postulato quale requisito di legittimità di simili operazioni sotto il profilo in esame, che alle Regioni sia garantita la libertà di valutazioni e di impieghi compatibile con la destinazione vincolata (cfr. le sentenze n. 64 del 1987 e nn. 356 e 357 del 1985).

Ma qui va anzitutto considerato che il contenuto della normativa impugnata sconta il carattere sostitutivo dell'attribuzione rispetto all’imposta di soggiorno contestualmente soppressa con riferimento alla destinazione vincolata dell'entrata che, presente in tutte le edizioni della detta imposta (cfr.: art. 7 del regio decreto legge 24 novembre 1938, n. 1926, convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739; art. 2 della legge 4 marzo 1958, n. 174; art. 12 del decreto-legge 23 dicembre 1977, n. 936, convertito in legge 23 febbraio 1978, n. 38 e art. 24 del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, in legge 26 aprile 1983, n. 131), e ritenuta compatibile con il sistema della finanza regionale dall'art. 4, ultimo comma, della stessa legge- quadro per il turismo n. 217 del 1983.

Compatibilità, codesta, che trova la sua giustificazione nella rilevanza e intensità di interessi unitari nel settore, desumibili dalla previsione di un particolare strumento di coordinamento della programmazione turistica e d; un finanziamento aggiuntivo alle Regioni (rispettivamente art.. 2 e 13 della detta legge-quadro).

La misura adottata, peraltro, non é a tempo indeterminato - cioè essa non concreta una nuova forma di finanziamento a regime - ma é disposta in via transitoria (indirettamente in quanto riferita all'I.C.I.A.P., dal cui gettito sono prelevate le somme da erogare ai sensi dell'art. 6 del decreto-legge come sopra convertito e della legge di conversione impugnata, essendo l'I.C.I.A.P. a sua volta introdotta, come e stato rilevato, in attesa dell’organica sistemazione normativa della finanza locale, ma soprattutto direttamente) in quanto la durata dell'attribuzione é limitata ai soli due anni 1988 e 1989.

Sostitutività e transitorietà sono qui intimamente collegate e si concretano nella provvisorietà ed eccezionalità della normativa. Orbene tali caratteristiche-in una con la correlata necessita obbiettiva di provvedere al finanziamento di enti abilitati allo svolgimento di attività turistiche anche se in via di soppressione-, se apprezzate con specifico riguardo alla ben precisa limitazione dell’erogazione a due anni, valgono a rendere tollerabile per l'autonomia regionale le compressioni esercitate (cfr., per analoga visuale, le sentenze di questa Corte n. 610 del 1988, n. 345 del 1984 e n. 307 del 1983).

Non si oppongono a tale conclusione le considerazioni delle Regioni ricorrenti circa la previsione, quali beneficiari del finanziamento, di enti già soppressi e circa l'impossibilità della destinazione delle somme erogate al fine della programmazione turistica.

Quanto al primo profilo é sufficiente osservare che la disposizione muove dal presupposto, conforme a realtà, che non in tutte le regioni le aziende di soggiorno e gli enti provinciali per il turismo siano stati soppressi e che, come pur previsto dall'art. 4 della legge-quadro sul turismo, siano state costituite le aziende di promozione turistica, e così prevede che l'erogazione sia destinata agli enti turistici in vita, a seconda dei casi perché non ancora soppressi o perché nuovamente istituiti in via duratura.

Quanto al secondo profilo - anche a prescindere da ogni riserva sulla tesi delle Regioni ricorrenti, che il legislatore statale non possa discostarsi da quanto precedentemente stabilito con una propria legge-cornice - e appena il caso di osservare che non vi é alcuna incompatibilità fra la previsione del finanziamento aggiuntivo in argomento e la regolamentazione del finanziamento aggiuntivo previsto in stretta correlazione con la programmazione turistica, ai sensi degli artt. 2, 13 e 14 della legge-quadro sul turismo.

Certo, mentre si ritiene giustificata per quanto finora detto la normativa esaminata, é necessario rilevare come, nel disporre in tema di finanziamento nei confronti delle Regioni, non possa procedersi per interventi frammentati, al di fuori di qualsiasi disegno coerente, senza che rischi di rimanerne inficiata la correttezza dell'indirizzo normativo (quando non la stessa legittimità delle singole normative in cui l'indirizzo si concreta) in riferimento a una sostanziale vanificazione dell'autonomia finanziaria regionale, perpetrata attraverso l'elusione dell'esigenza delle Regioni di impostare mediante tempestive determinazioni una propria politica di spesa (cfr. sentenze n. 610 del 1988 e n. 271 del 1986)

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, dell'art. 10, comma secondo, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144, sollevata dalle Regioni Toscana ed Emilia - Romagna con i ricorsi indicati in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/10/89.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 15/11/89.

 

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE