Ordinanza n. 432 del 1989

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ORDINANZA N.432

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge Regione Lombardia 27 marzo 1985, n. 22 (Interpretazione autentica dell'art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60), promosso con ordinanza emessa il 15 luglio 1988 dal T.A.R. per la Lombardia-Sez. staccata di Brescia -sul ricorso proposto da D'Amico Santo contro la Regione Lombardia ed altri, iscritta al n. 820 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento della Regione Lombardia;

udito nella camera di consiglio 12 aprile 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che nel corso di un giudizio diretto all'annullamento del concorso per l'accesso alla seconda qualifica funzionale dirigenziale nonché della relativa graduatoria, promosso da un dipendente regionale classificatosi come idoneo non vincitore, il T.A.R. per la Lombardia, sez. staccata di Brescia, con ordinanza del 15 luglio 1988, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione 27 marzo 1985, n. 22, recante l'interpretazione autentica dell'art. 36 della precedente legge regionale 29 novembre 1984, n. 60, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui, ai fini del concorso per l'accesso dei funzionari regionali alla seconda qualifica funzionale dirigenziale, considera quali uffici, utili per la valutazione del relativo incarico di <responsabile>, esclusivamente quelli istituiti in applicazione della anteriore legge regionale 10 agosto 1979, n. 42, e successive modificazioni e integrazioni;

che ad avviso del giudice a quo, la legge interpretativa, intervenuta dopo la scadenza del termine per la presentazione dei documenti da parte dei candidati, impedirebbe di considerare, ai fini della procedura concorsuale, la preposizione a strutture preesistenti, cosi incidendo direttamente sulle aspettative legittimamente consolidate di alcuni dipendenti;

che sotto altro profilo, il giudice rimettente, sospettando che la legge abbia inteso privilegiare la posizione acquisita da taluni dipendenti (dirigenti di servizio) <più prossimi all'area delle decisioni politiche e di alta amministrazione>, in danno di altri (responsabili di ufficio), rileva che in virtù della nuova normativa alla seconda categoria di personale non sarebbe nemmeno consentito di conseguire l'integrale punteggio dei titoli di servizio ivi previsto (punti 40), articolato in un periodo massimo di 10 anni che non può maturare per nessuno, decorrendo esso soltanto dalla data di entrata in vigore della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42, e non più da epoca precedente;

che, infine, poiché ai sensi dell'art. 36 della legge regionale n. 60 del 1984 ai dirigenti di servizio erano riservati 20 punti, per il solo fatto di essere <in atto> titolari del relativo incarico, la legge regionale denunciata avrebbe determinato una più marcata discriminazione tra le cennate categorie di dipendenti, superando cosi il limite della ragionevolezza nei confronti di posizioni che, se pur non identiche, sono entrambe espressione della medesima capacita direttiva in capo ai singoli funzionari;

che, nel presente giudizio ha spiegato intervento tardivo la Regione Lombardia, mentre non si é costituita la parte privata.

Considerato che la natura, formale e sostanziale, di legge interpretativa, con efficacia retroattiva, della legge ora impugnata é stata già riconosciuta da questa Corte con sentenza n. 879 del 1988, nella quale (punto 1 della motivazione) é stato messo in evidenza (ai fini dell’irrilevanza della relativa questione) il vantaggio conseguente all'intervento interpretativo, pur sopravvenuto nel corso della procedura concorsuale già avviata;

che, a tal riguardo, deve essere ribadito l'orientamento di questa Corte nel senso che rimane affidato al prudente apprezzamento del legislatore la possibilità di modificare l'assetto di rapporti già definiti da precedenti leggi, quando risulti in concreto che <certe posizioni siano state acquisite sulla base di leggi che, ad un più approfondito esame o a seguito dell'esperienza derivante dalla loro applicazione, non rispondano a criteri di equità> (sentenza n. 56 del 1989);

che, nella specie, la prima norma regolatrice del concorso (art. 36, comma quarto, lett. cl, richiamato), nell'attribuire il punteggio all'incarico <in atto> di dirigente di servizio, faceva esplicito riferimento alla precedente legge regionale n. 42 del 1979-che aveva appunto provveduto all’organizzazione dell'apparato amministrativo regionale in servizi e uffici ed all’istituzione delle relative qualifiche-mentre analogo riferimento temporale veniva nella stessa norma omesso per la restante categoria di personale interessato al concorso;

che la legge interpretativa sopravvenuta si é data carico, implicitamente, di ancorare alla stessa data dell’entrata in vigore della citata legge regionale n. 42 del 1979 la decorrenza dell'incarico di responsabile di ufficio, per evidenti ragioni di equità;

che pertanto la legge impugnata, lungi dall'avere introdotto un elemento distorsivo rispetto ad aspettative legittimamente acquisite da alcuni candidati al concorso - come si sostiene nell'ordinanza di rimessione -, ha invece perseguito finalità perequatrici nei riguardi delle diverse categorie di personale, consentendo che il requisito di anzianità nell'incarico, rispettivamente di dirigente di servizio e di responsabile di ufficio, fosse riferito ad una stessa data, cosi dandosi attuazione ai principi contenuti nei parametri costituzionale invocati;

che, per quanto riguarda l'ulteriore profilo di illegittimità costituzionale, si sostiene nell'ordinanza di rimessione che la previsione normativa avrebbe superato il limite della ragionevolezza, perché avrebbe fissato un punteggio massimo di titoli di servizio (40 punti), articolato in un periodo di 10 anni che mai si sarebbe potuto maturare, per effetto della cennata decorrenza del dies a quo, per nessuno dei responsabili degli uffici, privi per di più della dotazione iniziale di 20 punti riconosciuta invece ai dirigenti dei servizi;

che in proposito va precisato che l'art. 36, quarto comma, della legge regionale n. 60 del 1984, come interpretato dalla sopravvenuta legge regionale n. 22 del 1985, prevede, per la formulazione della graduatoria del concorso, tre distinti punteggi riferiti ai titoli di servizio prestato, ai titoli di studio ed infine ai titoli connessi allo svolgimento di specifiche funzioni, e che in tale ultima categoria di titoli, per la quale e appunto previsto il punteggio massimo di 40 punti, reca ulteriori distinzioni in relazione all'incarico in atto delle funzioni di dirigente di servizio ai sensi della legge regionale n. 42 del 1979 (20 punti), allo svolgimento pregresso delle medesime funzioni di dirigente di servizio (6 punti per anno) nonché allo svolgimento delle funzioni di responsabile di ufficio istituito in applicazione della stessa legge regionale n. 42 cit. (4 punti per anno);

che, anche sotto il secondo dei suddetti profili, la questione non e fondata perché ad escludere la denunciata irragionevolezza della previsione del punteggio di 40 punti, ritenuto nell'ordinanza irraggiungibile da parte di alcuni dipendenti, appare sufficiente che, fra le potenziali categorie di candidati, almeno una alla data del concorso avesse la possibilità in astratto di raggiungere il suindicato punteggio massimo, anche in virtù della dotazione iniziale di 20 punti prevista nella stessa disposizione, per la quale questa Corte ha già escluso profili di illegittimità costituzionale in riferimento agli stessi parametri ora invocati, in considerazione della transitorietà della relativa disciplina e della finalità da essa perseguita, in sede di prima attuazione dell'accordo nazionale del 1983, di agevolare l'accesso alla più alta qualifica dirigenziale di chi già si trovava nella posizione a questa corrispondente, evitando così lo sconvolgimento delle posizioni ricoperte da quei dipendenti (sentenza n. 331 del 1988, punto 3 e seguenti della motivazione).

Visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma secondo, delle norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia 27 marzo 1985, n. 22 (Interpretazione autentica dell'art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di Brescia, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/7/1989.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 25/7/1989.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE