Sentenza n. 411 del 1989

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SENTENZA N.411

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 82, comma terzo, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) promosso con ordinanza emessa il 22 giugno 1988 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Carone Montanaro Michelina, iscritta al n. 121 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di costituzione di Carone Montanaro Michelina nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi l'avv. Aldo Maggipinti per Carone Montanaro Michelina e l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-La Corte dei conti dubita della legittimità costituzionale dell'art. 82, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, che, nell'equiparare agli orfani i figli adottivi di pensionati statali, ai fini del trattamento pensionistico di riversibilità, subordina il relativo diritto alla condizione che <la domanda di adozione sia stata presentata dal dipendente pensionato prima del sessantesimo anno di età>.

Tale limitazione contrasterebbe, ad avviso del giudice rimettente, con l'art. 3 della Costituzione sotto vari profili: perché verrebbe con essa disattesa la sostanziale condizione paritaria che il legislatore riconosce ai figli legittimi ed a quelli adottivi; perché il figlio adottato dal pensionato ultrasessantenne sarebbe irrazionalmente privato del trattamento di riversibilità, in quanto, pur conservando tutti i diritti ed i doveri verso la famiglia di origine, si vedrebbe precluso il reciproco beneficio nei confronti del genitore legittimo o naturale, in quanto verrebbe a mancare il prescritto requisito della convivenza, resa di fatto impossibile a causa della costituzione del nuovo vincolo familiare; perché la discriminazione tra figli adottivi di pensionati ultra ed infrasessantenni verrebbe determinata da una condizione estranea alla sfera giuridica dell'adottato.

Si ravvisa altresì un contrasto con l'art. 31 della Costituzione, che tutela l'istituto della famiglia anche con agevolazioni d'ordine economico e non certo frapponendo ostacoli alla sua formazione, nonché con l'art. 38 della Costituzione, che riconosce ai cittadini, inabili e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere, il diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale la dove per effetto della norma impugnata tale diritto verrebbe in concreto negato per un ingiustificato ostacolo d'ordine temporale riferibile, per di più, ad un altro soggetto.

2.1. - Le questioni non sono fondate.

Per quel che riguarda l'asserita violazione dell'art. 3 della Costituzione, va in primo luogo rilevato che, anche se e vero che il legislatore tende in via di principio ad equiparare la famiglia degli affetti a quella di sangue, non può ritenersi conferente il richiamo alle sentenze di questa Corte n. 403 e n. 268 del 1988 che hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale, la prima, della norma che escludeva il diritto alla pensione di riversibilità del figlio naturale quando avesse proposto la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità dopo la morte del genitore, la seconda, della norma che escludeva tale diritto per il figlio naturale riconosciuto dopo la cessazione dal servizio del pensionato. Entrambe le dette sentenze muovevano dal presupposto, espressamente da esse indicato, della natura dichiarativa del riconoscimento e della sua retroattività alla data della nascita, il che aveva indotto questa Corte a considerare ininfluente, ai fini del diritto del figlio alla pensione di riversibilità, il momento in cui il riconoscimento fosse intervenuto. Invece l'adozione, non avendo come presupposto un vincolo preesistente, ha natura costitutiva e, quindi, produce i suoi effetti dal momento in cui viene pronunziata (art. 298 del codice civile). Le due situazioni sono fra loro non omogenee e perciò non raffrontabili ai fini della definizione della presente questione.

Nè può ritenersi ingiustificata la diversità di trattamento più favorevole per l'adottato da genitore infrasessantenne rispetto a quella prevista per l'adottato da genitore ultrasessantenne, perché l'età avanzata del genitore, e quindi l'attenuarsi delle sue forze, fanno apparire ragionevole la presunzione, su cui la censurata limitazione si fonda, che l'adozione possa essere voluta non per perseguire le finalità proprie dell'istituto, ma al solo scopo di trasferire la pensione ad altra persona. Evenienza, questa, resa ancor più evidente quando si tratti di adozione di persona maggiore di età -come é nel caso del giudizio a quo-, dalla quale esulano gli scopi educativi ed assistenziali propri dell'adozione del minore, le sue finalità essendo prevalentemente patrimoniali.

Quanto alla possibilità, prospettata nell'ordinanza di rinvio, di ovviare -mediante il controllo del giudice che interviene nel procedimento - al rischio che l'istituto dell'adozione possa essere utilizzato solo in funzione del vantaggio economico di far conseguire la pensione di riversibilità, devesi in contrario osservare che il profilo e del tutto irrilevante rispetto al giudizio a quo in cui, come si é già osservato, si é in presenza di un’adozione intervenuta nei confronti di un adottato maggiore di età. In questa ipotesi, difatti, il controllo del giudice e estremamente limitato, perché, secondo quanto previsto dall'art. 312 del codice civile (come modificato dall'art. 64 della legge n. 184 del 1983), il tribunale deve soltanto verificare se tutte le condizioni della legge sono state adempiute e se l'adozione convenga all'adottando, il che esclude in quella sede che l'autorità giudiziaria possa <valutare che il vincolo predetto sia preordinato o meno al perseguimento dello scopo tipico voluto dalla norma>. Un controllo del genere sarebbe in ipotesi possibile nel caso dell'adozione del minore, in ordine alla quale la normativa vigente prevede un'ampia e penetrante indagine del giudice, proprio a causa del motivo ispiratore dell'istituto costituito dall'intento di dare compiuta attuazione al diritto del minore ad una famiglia, e che perciò presenta struttura ed effetti differenti dall'adozione del maggiore di età. Ma é chiaro come una dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma denunciata, limitata all'ipotesi dell'adozione del minore, sarebbe irrilevante rispetto al giudizio a quo, nel quale la pensione di riversibilità era stata reclamata da persona adottata quando era maggiore di età.

2.2.-Non può poi essere condiviso l'ulteriore argomento del giudice a quo secondo cui, nell'ipotesi di adozione da parte dell'ultrasessantenne, il figlio adottivo, pur conservando tutti i diritti ed i doveri verso la famiglia di origine, potrebbe vedersi precluso il trattamento di riversibilità derivante dal vincolo con il genitore legittimo o naturale per difetto quanto meno del requisito della convivenza, resa di fatto impossibile in forza della costituzione della nuova famiglia civile.

In proposito deve osservarsi che tale rischio é pienamente valutabile a priori dai soggetti interessati ed in particolare da parte dell'autorità giudiziaria che, ai fini del procedimento di adozione, deve sempre valutare se l'adozione convenga all'adottando. Quindi, essendo noto - sin dal momento in cui si assume l'iniziativa dell'adozione-che, nell’ipotesi in cui l'adottante abbia superato i sessanta anni, l'adottato non potrà reclamare la riversibilità della sua pensione, sarà certamente possibile valutare in quel momento la convenienza dell'adozione, tenendo conto della perdita da parte dell'adottato della riversibilità della pensione del genitore legittimo o naturale in conseguenza del venir meno del requisito della convivenza.

Ciò comunque non senza considerare che nel caso dell'adozione di persona maggiore di età, come é appunto quella che riguarda il giudizio a quo, il vincolo di adozione non suppone necessariamente il sorgere dell'obbligo di convivenza fra adottante ed adottato.

Anche sotto questo profilo il giudice rimettente sembra dunque aver tenuto presente la disciplina propria dell'adozione del minore, che é invece del tutto ininfluente rispetto al caso oggetto del giudizio principale.

3. - Le considerazioni che precedono inducono alla dichiarazione di infondatezza della questione prospettata in riferimento all'art. 31 della Costituzione, perché, vertendo il giudizio a quo sulla pretesa alla pensione di riversibilità avanzata da persona adottata quando era già maggiore di età, non vale richiamarsi ai principi sulla famiglia contenuti nella norma costituzionale invocata, perché essi non riguardano quel tipo di adozione.

4.-Parimenti infondata é la questione sollevata in riferimento all'art. 38 della Costituzione, perché il diritto dei cittadini inabili e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere al mantenimento ed all'assistenza sociale non può essere realizzato con l'attribuire a chi sia titolare di una pensione la facoltà di scegliere, mediante un'adozione tardiva, il soggetto inabile da beneficare, con il trasferirgli a vita la pensione: il parametro costituzionale invocato tende non già allo scopo di favorire soggetti particolari, bensì a consacrare il dovere dello Stato e della collettività ad apprestare misure riguardanti tutta la categoria dei soggetti che si trovino nelle condizioni di dover essere assistiti.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 82, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) sollevate, in riferimento agli artt. 3, 31 e 38 della Costituzione, dalla Corte dei conti con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 18/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE