Sentenza n. 408 del 1989

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SENTENZA N.408

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 55, comma primo, come richiamato dall'art. 169, e 54 comma terzo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il 26 settembre 1988 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra la Società Cooperativa Fornaci <Le Piaggiole> e il Fallimento S.n.c. Impresa Artigiana Edile Achille Camellini e C., iscritta al n. 802 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3/1a serie speciale dell'anno 1989.

Udito nella camera di consiglio del 12 aprile 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza di rimessione é sollevata questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 55, primo comma, richiamato dall'art. 169, e 54, terzo comma, del regio decreto 16 aprile 1942, n. 267 (legge fallimentare), nella parte in cui non sancisce la prelazione a favore degli interessi sulle somme oggetto di crediti delle società o enti cooperativi di produzione e di lavoro (crediti assistiti da privilegio ex art. 2751 bis, numero 5, codice civile) dopo la domanda di concordato preventivo.

La questione si riferisce peraltro anche all'ipotesi di fallimento del debitore, fallimento, che, nella specie, e seguito al concordato preventivo.

La legittimità costituzionale della norma e messa in dubbio in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. Ma l'invocazione da parte dell'ordinanza di rimessione del precedente costituito dalla sentenza di questa Corte n. 300 del 1986-che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma ora impugnata in quanto non sanciva la prelazione nel procedimento di concordato preventivo a favore degli interessi sulle somme oggetto di crediti da lavoro dipendente per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 36 della Costituzione - inducono a ritenere che l'ordinanza stessa faccia anche riferimento, per implicito, a quest'ultimo precetto costituzionale.

2. - La questione é fondata.

In effetti questa Corte, con la sentenza n. 300 del 1986, ha dichiarato l'illegittimità della norma ora impugnata con riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, in quanto, non prevedendo prelazione a favore degli interessi, decorrenti in sede di concordato preventivo, sui crediti da lavoro dipendente - crediti pur assistiti da privilegio, ai sensi dell'art. 2751 bis, numero 1, del codice civile, e quindi da prelazione nella detta sede - non costituiva adeguata tutela per i lavoratori dipendenti.

Con la recente sentenza n. 204 del 1989, questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, della norma risultante dal coordinamento degli artt. 54, comma terzo, e 55, comma primo, del regio decreto n. 267 del 1942, nella parte in cui non estende - in quanto non richiama gli artt. 2749 e 2751 bis, numero 1, del codice civile - la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati da lavoro dipendente nel fallimento dell'imprenditore.

Con tali pronunce la Corte ha ritenuto ingiustificata la discriminazione operata fra crediti da lavoro e crediti per interessi sui medesimi nelle procedure concorsuali - in quanto non estendono a questi la prelazione riconosciuta a quelli perché contraria a una compiuta tutela dei crediti comunque derivanti da lavoro subordinato. Ricorrono tuttavia anche per gli interessi-decorrenti, sia durante il procedimento di concordato preventivo che durante quello di fallimento - sulle somme oggetto dei crediti delle cooperative di produzione e lavoro assistiti da privilegio ai sensi dell'art. 2751 bis, numero 5, del codice civile, valide ragioni per ritenere illegittima l'analoga discriminazione operata dalla norma impugnata.

Intanto non mancano nel diritto positivo altre discipline dirette a introdurre trattamenti privilegiati a favore delle cooperative di produzione e lavoro, le quali, se rispondenti ai requisiti previsti dalla legislazione sulla cooperazione (decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577), sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dall'imposta locale sui redditi (art. 11 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601). E tali benefici sono certamente connessi, per un verso, alla rilevanza della particolare posizione del socio, assimilata a quella del lavoratore subordinato per quanto riguarda il trattamento fiscale del reddito (art. 47, lettera a, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597), nonché sotto il profilo della tutela antinfortunistica (art. 4, numero 7, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), della previdenza (d.P.R. 30 aprile 1970, n. 602) e del diritto agli assegni familiari (art. 1 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797). E, per altro verso, alla causa propria della costituzione delle cooperative suindicate, che ha natura rigorosamente mutualistica, in quanto consiste nell'autorganizzazione e autogestione in forma sociale (coorganizzazione e cogestione alla pari) di prestatori di lavoro per la migliore collocazione e per la più adeguata retribuzione del lavoro medesimo, con esclusione di fini di speculazione.

Viene così in emersione l'art. 36, ma e coinvolto anche l'art. 45 della Costituzione. A quest'ultimo proposito va osservato che, anche se alla protezione costituzionale della cooperazione si attribuisce una finalità che va oltre la generica tutela di categorie produttive deboli, in quanto si estende al riconoscimento e alla promozione di una forma di produzione alternativa a quella capitalistica, la giustificazione della protezione stessa e comunemente rinvenuta nella più stretta inerenza che la <funzione sociale> presenta nell'organizzazione cooperativistica rispetto a quella che la detta funzione riveste nelle altre forme di organizzazione produttiva. Funzione sociale che qui viene individuata nella congiunta realizzazione del decentramento democratico del potere di organizzazione e gestione della produzione e della maggiore diffusione e più equa distribuzione del risultato utile della produzione stessa (cfr., per particolari aspetti, gli artt. 43, 44, 46 e 47, ma, su un piano più generale, gli artt. 1, 2, 3 e 4 della Costituzione).

Ciò induce a ritenere che anche nel caso che ne occupa é ingiustificata, in riferimento ai cennati precetti costituzionali, lamentata discriminazione.

Va pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma risultante dal coordinamento degli artt. 54, comma terzo, e 55, comma primo, del regio-decreto n. 267 del 1942, operante, in forza del rinvio contenuto nel successivo art. 169, anche nel concordato preventivo, nella parte in cui, nelle procedure di fallimento del debitore e di concordato preventivo, non estende - in quanto non richiama gli artt. 2749 e 2751 bis del codice civile-la prelazione agli interessi sui crediti delle società o enti cooperativi di produzione e lavoro di cui all'art. 2751 bis, numero 5, del codice civile.

E' ovvio che la presente pronuncia va circoscritta agli interessi sulle somme oggetto di crediti delle sole cooperative di produzione e lavoro che rispondono ai requisiti prescritti dalla legislazione in tema di cooperazione (decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 54, comma terzo, e 55, comma primo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nonché dell'art. 169 dello stesso regio - decreto la dove richiama l'art. 55, nella parte in cui, nelle procedure di fallimento del debitore e di concordato preventivo, non estendono la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati delle società o enti cooperativi di produzione e di lavoro, di cui all'art. 2751 bis, numero 5, del codice civile, che rispondono ai requisiti prescritti dalla legislazione in tema di cooperazione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 18/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE