Sentenza n. 375 del 1989

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SENTENZA N.375

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 51, ultimo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa il 15 giugno 1988 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Mastrangeli Antonia, iscritta al n. 28 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di costituzione di Mastrangeli Antonia nonché l'atto di intervento del Presidente del (Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi l'avv. Antonio Carriero per Mastrangeli Antonia e l'Avvocato delle Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - E' sottoposta all'esame della Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, ultimo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, nella parte in cui prevede che la vedova del mutilato o invalido di guerra, deceduto per cause diverse da quelle che hanno determinato l'invalidità, perde il diritto alla pensione di riversibilità nel caso in cui contragga nuovo matrimonio, indipendentemente dalle condizioni economiche del coniuge.

La Corte dei conti sospetta che tale previsione contrasti con l'art. 3 della Costituzione, in quanto creerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento nei confronti della vedova del militare o del civile deceduto per cause di guerra, la quale, invece, passando a nuove nozze, perde il diritto alla pensione indiretta solo se il marito già fruisce o verrà a fruire di un certo reddito, come previsto dagli artt. 42 e 70 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915.

2. - La questione non é fondata.

Questa Corte con la sentenza n. 184 del 1975 ebbe a dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 59, comma primo, della legge 10 agosto 1950, n. 648 e del corrispondente art. 47, comma primo, della legge 18 marzo 1968, n. 313, nella parte in cui prevedevano che la vedova del militare o del civile deceduto per causa di guerra perdeva la pensione indiretta per il solo fatto del nuovo matrimonio, anche se il marito non fruiva del reddito assoggettabile ad imposta complementare.

L'illegittimità costituzionale fu dichiarata in riferimento all'art. 3 della Costituzione per l'ingiustificata differenziazione del trattamento previsto per la vedova rispetto a quello allora riservato al vedovo di persona deceduta per causa di guerra, per il quale era invece prevista la perdita della pensione indiretta solo se avesse contratto nuove nozze con persona titola re di un reddito superiore a certi limiti.

Successivamente a tale pronunzia é stato approvato con d. P. R . 23 dicembre 1978, n. 915, il testo unico in materia di pensioni di guerra che, nel coordinare la disciplina della materia, prevede all'art. 42 che la vedova del militare o del civile deceduto a causa della guerra, la quale contragga nuove nozze, perde il diritto alla pensione indiretta se il coniuge fruisca o venga a fruire successivamente al matrimonio di un reddito superiore ad un certo importo (determinato in base al rinvio all'art. 70 del medesimo testo unico).

L'art. 51, ultimo comma, del testo unico citato, (cioè la disposizione oggetto di censura), prevede invece che la vedova di invalido titolare di pensione di guerra, deceduto per causa diversa da quella che ha determinato l'invalidità, perda il diritto alla pensione di riversibilità se contragga nuove nozze, indipendentemente dalla misura del reddito del nuovo coniuge.

Infine, l'art. 55 del testo unico equipara alla vedova, il vedovo di donna deceduta a causa di guerra o di donna invalida di guerra deceduta per causa diversa.

Di conseguenza, in base alla disciplina vigente, sia il vedovo che la vedova di persona deceduta per causa di guerra, perdono il diritto alla pensione indiretta solo se contraggano matrimonio con persona munita di un reddito superiore ad una certa misura, mentre sia il vedovo che la vedova di persona invalida di guerra, deceduta per causa diversa da quella che aveva dato luogo all'invalidità, perdono la pensione di riversibilità comunque contraggano nuovo matrimonio e cioè indipendentemente dal possesso o meno di un certo reddito da parte del nuovo coniuge.

Da quanto precede risulta dunque come si sia in presenza di una situazione completamente diversa da quella che aveva dato luogo, con la sentenza n. 184 del 1975, alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della precedente normativa perché tale pronunzia si era riferita esclusivamente alla differenziazione del trattamento riservato alla vedova rispetto a quella riservata al vedovo, ritenuta ingiustificata in quanto fondata esclusivamente sulla diversità di sesso. La disciplina del trattamento pensionistico, sia esso indiretto che di riversibilità, é invece attualmente identico sia per il vedovo che per la vedova, onde, ai fini della decisione della presente questione, non può costituire precedente la sentenza n. 184 del 1975, richiamata nell'ordinanza di rinvio, in quanto fondata su di un diverso presupposto.

Il giudice a quo pone invero prevalentemente l'accento sulla diversità del trattamento previsto per la vedova (titolare di pensione indiretta) del soggetto deceduto per causa di guerra, rispetto a quello previsto per la vedova (titolare di pensione di riversibilità) di invalido di guerra, deceduto per causa diversa, ponendo pero a raffronto situazioni fra loro non omogenee, quali sono, nel quadro della pensionistica di guerra, la pensione indiretta a quella di riversibilità.

La pensione <indiretta> difatti, (allo stesso modo di quella <diretta> spettante all'invalido) ha natura risarcitoria e costituisce un diritto autonomo che sorge iure proprio in capo all'avente titolo in dipendenza della morte di un soggetto-cui l'avente titolo stesso sia legato da rapporti familiari-cagionata da un evento (malattia o fatto) bellico. La pensione di riversibilità, prevista peraltro in favore di una più ristretta categoria di soggetti nell'ambito della famiglia dell'invalido titolare di pensione di guerra <diretta>, deceduto per causa diversa da quella che ha dato luogo all’invalidità, e invece un beneficio derivato che, come questa Corte ha precisato (sentenza n. 186 del 1985), <risponde ad esigenze di ordine naturale ed etico>, per cui <agli aventi causa del pensionato di guerra deceduto é fatto un trattamento di particolare favore>.

Il carattere derivato del beneficio fa assumere perciò particolare rilevanza all'unico presupposto cui esso é subordinato e cioè lo stato di vedovanza il cui venir meno, per consapevole scelta, giustifica, indipendentemente dallo stato di bisogno, la cessazione del beneficio, legato, come già rilevato da questa Corte, ad esigenze d'ordine anche <etico> (sentenza n. 186 del 1985, citata), il che ne fa assimilare la disciplina a quella prevista dall'art. 143 bis del codice civile.

Il trattamento differenziato, circa la perdita della pensione, previsto per i vedovi cui sia stata attribuita a titolo derivato una pensione di riversibilità, rispetto ai vedovi titolari iure proprio di pensione indiretta, la cui perdita, in conseguenza di un nuovo matrimonio tiene invece conto anche delle condizioni economiche del nuovo coniuge, non appare perciò irragionevole in relazione alla diversa natura del titolo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, ultimo comma, del testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/07/89.

 

Depositata in cancelleria il 06/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE