Sentenza n. 336 del 1989

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SENTENZA N.336

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma nono, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'I.N.P.S.), convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48 e dell'art. 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge quadro per l'Artigianato) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 settembre 1988 dal Pretore di Trieste nel procedimento civile vertente tra Dagri L. e C. s.n.c. e l'I.N.P.S., iscritta al n. 727 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1988;

2) ordinanza emessa il 20 luglio 1988 dal Pretore di Trento nel procedimento civile vertente tra Montibeller Carmelo e l'I.N.P.S., iscritta al n. 751 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Visti gli atti di costituzione di Montibeller Carmelo e dell'I.N.P.S., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell' 11 aprile 1989 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;

uditi gli avv.ti Fabio Lorenzoni per Montibeller Carmelo, Fabio Fonzo per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

 

1. -Le ordinanze in epigrafe sollevano questioni analoghe; pertanto i giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

L'art. 13, comma sesto, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge- quadro per l'artigianato) dopo avere dichiarato inapplicabili le norme della stessa legge nelle Regioni e Province autonome dotate di competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale, prescrive testualmente: < nelle medesime l'efficacia costitutiva dell'iscrizione agli albi disciplinati dai rispettivi ordinamenti fa stato a tutti gli effetti di legge>.

L'art. 5, comma nono, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'I.N.P.S.), convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48, dispone espressamente che le suddette disposizioni debbano essere intese nel senso che, nelle Regioni e Province menzionate, l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'impresa artigiana all'albo faccia stato, < sin dalla data di entrata in vigore delle medesime leggi>, a tutti gli effetti, < ivi compresa la definizione dell'impresa ai fini previdenziali>.) Entrambi i giudici a quibus prospettano innanzi tutto il dubbio che quest'ultima prescrizione, considerata per se sola, ovvero-come vorrebbe il Pretore di Trieste-congiuntamente all'art. 13, comma sesto, della legge n. 443 del 1985, contrasti con l'art. 3 Cost.

Questa normativa infatti, consentendo che le imprese operanti in quelle Regioni o Province autonome, per effetto dell'applicazione della definizione di impresa artigiana posta dalle rispettive leggi, possano giovarsi del trattamento previdenziale agevolato degli artigiani, attribuirebbe a tali imprese un trattamento di privilegio rispetto alle imprese aventi identiche caratteristiche e operanti sul rimanente territorio nazionale, le quali, soggette invece alla più restrittiva disciplina stabilita dalla legge statale, resterebbero tenute al più gravoso regime contributivo- previdenziale previsto per gli industriali. Tale trattamento privilegiato si tradurrebbe in una discriminazione inammissibile perché basata sul solo criterio della sede territoriale dell'impresa: esso infatti sarebbe privo di qualsiasi idoneo fonda mento giustificativo nel quadro delle finalità perseguite dallo stesso decreto-legge, poi convertito, che lo ha introdotto, non potendo ritenersi finalizzato né alla necessità di prorogare gli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, ne a fronteggiare la crisi del settore.

Il Pretore di Trieste in aggiunta a tale censura, lamenta altresì che la normativa impugnata si risolva in una violazione della riserva di legge statale in materia previdenziale (art. 38 Cost.), nonché dei limiti costituzionali della competenza primaria in materia di artigianato (artt. 116 Cost., 4 St. Spec.) e della competenza integrativa e di attuazione in materia previdenziale (art. 6 St. Spec.), riconosciute alla Regione Friuli-Venezia Giulia.

2.-Prima di affrontare nel merito le censure proposte, e necessario precisare che l'oggetto delle medesime - in relazione ai rapporti dedotti nei processi principali-deve essere circoscritto (come peraltro ritenuto dal Pretore di Trento) al solo art. 5, comma nono, del decreto-legge n. 536 del 30 dicembre 1987, convertito nella legge n. 48 del 1988. L'art. 13, comma sesto, della legge-quadro n. 443 del 1985 infatti non ha, per se solo considerato, efficacia retroattiva e non e dunque applicabile a situazioni - come quelle di specie-verificatesi in un periodo di tempo antecedente alla sua entrata in vigore. La questione sollevata dal Pretore di Trieste a proposito di tale ultima disposizione e pertanto inammissibile per irrilevanza.

E' invece il menzionato art. 5 che, nell'interpretare autenticamente la suddetta disposizione, espressamente attribuisce efficacia retroattiva alla normativa contestata, e ciò senza dubbio-in mancanza di indicazioni diverse - con riferimento anche alla disciplina regionale e provinciale dell'impresa artigiana antecedente alla stessa legge-quadro, e, dunque, alle situazioni oggetto dei giudizi a quibus.

3. - La questione é fondata.

Invero, il principio costituzionale di eguaglianza non consente che in una materia quale quella previdenziale, sussistano disparità di trattamento motivate dalla mera localizzazione territoriale dei soggetti interessati, senza cioè che siano concretamente invocabili peculiari esigenze di questi, tali da richiedere l'adozione di discipline differenziate.

Nel caso di specie, il particolare regime previdenziale, derivante dall'applicazione della norma impugnata a favore delle imprese con sede nelle Regioni e Province autonome da questa contemplate, non appare in effetti finalizzato a soddisfare interessi propri di queste in relazione ai particolari fini perseguiti con il decreto- legge n. 536 del 1987.

D'altra parte, anche a voler prescindere dal puntuale collegamento con tali fini, é da osservare che, in ogni caso, la possibilità di trattamenti differenziati ratione loci in via generale e di principio, risulta esclusa dalla decisiva considerazione che lo stesso legislatore costituzionale, considerando quella previdenziale come materia a se stante, non ha attribuito in proposito alcuna competenza alle Regioni a statuto ordinario e - ciò che qui più interessa - ha riconosciuto di massima alle Regioni ad autonomia speciale una potestà legislativa ristretta alla mera integrazione e attuazione delle norme statali (art. 5 lettera b) St. Sardegna; art. 3, lettera h) St. Valle d'Aosta; art. 6 St. Trentino-Alto Adige; art. 6 St. Friuli-Venezia Giulia);

alla sola Sicilia é demandata una competenza di tipo < concorrente>, peraltro assoggettata all'ulteriore limite del rispetto dei < minimi stabiliti dalle leggi dello Stato> (art. 17, lettera f) St.).

In conformità con tale quadro normativo, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente escluso la possibilità che la potestà legislativa delle Regioni a Statuto comune incida nei rapporti previdenziali (cfr. sentenze nn. 92 del 1976, 41 del 1982, 520, 979 del 1988) e, a proposito delle particolari attribuzioni della Regione siciliana, ha negato che essa possa autonomamente determinare i presupposti di tali rapporti, atteso il carattere nazionale del sistema previdenziale (cfr. sentenza n. 59 del 1966).

Per quanto in particolare concerne gli enti nel cui territorio hanno sede le imprese protagoniste dei giudizi a quibus, é da precisare che il Friuli-Venezia Giulia é titolare in argomento di una competenza meramente integrativa - attuativa, mentre la Provincia di Trento é priva di qualsiasi possibilità d'intervento, essendo la potestà di < integrare> le disposizioni legislative statali < nelle materie concernenti la previdenza e le assicurazioni sociali> attribuita alla Regione Trentino-Alto Adige (art. 6 St.).

Alla luce di tali considerazioni, la disparità di trattamento derivante dalla disposizione impugnata appare senza dubbio priva di idoneo fondamento giustificativo. Di conseguenza, l'art. 5, comma nono, del decreto-legge n. 536 del 1987, convertito nella legge n. 48 del 1988 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente alla parte in cui consente che la definizione di impresa artigiana posta dalle leggi delle Regioni o Province autonome dotate di competenza primaria in materia di artigianato abbia effetto ai fini previdenziali.

Tale conclusione, naturalmente, non impedisce in alcun modo che le medesime Regioni o Province dettino, per effetti diversi da quelli previdenziali, proprie definizioni dell'impresa artigiana nell'esercizio e nei limiti della competenza esclusiva ad esse costituzionalmente attribuita.

E' da osservare infine che la presente dichiarazione di illegittimità costituzionale non e in contraddizione con la sentenza n. 886 del 1988: questa Corte infatti non ha espresso in tale sentenza alcuna valutazione sulla costituzionalità della norma oggetto dell'attuale giudizio, ma si é limitata a prendere atto della sua entrata in vigore ai soli fini di dichiarare la cessazione della materia del contendere del conflitto di attribuzioni allora pendente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma nono, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48, nella parte in cui dispone che l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'impresa artigiana negli albi, disciplinata dalle leggi emanate dalle Regioni a statuto speciale o dalle Province autonome che abbiano competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale, faccia stato agli effetti della definizione dell'impresa ai fini previdenziali;

2) dichiara l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma sesto, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l'artigianato) in riferimento agli artt. 3, 38, 116 della Costituzione; 4, 6 della legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) sollevata dal Pretore di Trieste con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/06/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI- Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 15/06/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ugo SPAGNOLI, REDATTORE