Sentenza n. 84 del 1989

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SENTENZA N. 84

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23 comma 1 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili), in riferimento all'art. 76 Cost. ed in relazione all'art. 10 comma 2 n. 11 l. 9 ottobre 1971 n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre 1985 della Commissione tributaria centrale sul ricorso proposto dalla S.r.l. Hopead contro l'Ufficio del Registro di Rimini, iscritta al n. 298 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, 1° serie speciale dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 novembre 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del giudizio avverso la decisione della Commissione tributaria di 2° grado di Forlì n. 324 dell'11 marzo 1981, confermativa della decisione del giudice tributario distrettuale, la Commissione tributaria centrale - sez. XXI - ha proposto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, istitutivo dell'I.N.V.I.M., per violazione dell'art. 76 Cost., in relazione ai criteri posti dall'art. 10, comma 2, n. 11, l. 9 ottobre 1971, n. 825, di delega al Governo per la riforma tributaria.

Il giudice a quo ritiene che la norma denunciata, prevedendo la medesima sanzione per due violazioni di entità oggettivamente diversa - quali il ritardo nella presentazione della dichiarazione prevista dai commi 1 e 2 art. 18 stesso decreto (ritardo che, per la dichiarazione decennale oggetto del giudizio principale, é consistito in un sol giorno) e l’omissione della dichiarazione stessa - si ponga in contrasto con i principi della delega perché non commisurerebbe la sanzione <alla effettiva entità oggettiva e soggettiva delle violazioni> (art. 10 comma 2 n. 11 del 9 ottobre 1971 n. 825).

A confronto col proprio assunto il giudice rimettente rileva che il principio della commisurazione della sanzione alla gravità della violazione commessa é già accolto in molte leggi tributarie, sia di carattere generale (l. 7 gennaio 1929 n. 4, recante norme per la repressione delle violazioni delle leggi tributarie - art. 4; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, in materia di accertamento sulle imposte sui redditi - art. 54) che in quelle disciplinanti singoli tributi (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, istitutivo dell'I.V.A. - art. 75; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637, in materia di imposte di successione - art. 50) alle quali l'art. 31 d.P.R. n. 643 del 1972 sull'I.N.V.I.M. rinvia in tema di accertamento, liquidazione e riscossione dell'imposta nonché di applicazione di soprattasse e pene pecuniarie, per quanto non disciplinato dallo stesso decreto.

E' intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità o l’infondatezza della questione alla luce dei principi più volte enunciati dalla Corte costituzionale circa l'ampia discrezionalità del legislatore ordinario di modellare le fattispecie di illecito e di apprezzare la gravità dei fatti in esse compresi.

 

Considerato in diritto

 

1.- Nel corso di un giudizio avverso l'irrogazione da parte del competente ufficio del registro della soprattassa pari all'ammontare dell'imposta dovuta, in conseguenza della presentazione della dichiarazione relativa all'I.N.V.I.M. decennale il giorno successivo alla scadenza prevista, la Commissione tributaria centrale ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 23 comma 1 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, istitutivo dell'I.N.V.I.M., in riferimento all'art. 76 Cost.

Si sostiene dal giudice a quo che la norma denunciata, assoggettando alla medesima sanzione pecuniaria due violazioni oggettivamente diverse, quali il ritardo anche di un solo giorno, come nel caso di specie, e l'omessa presentazione della dichiarazione, non risponde al criterio, previsto dall'art. 10 comma 2 n. 11 l. di delega 9 ottobre 1971 n. 825, della commisurazione della sanzione all'effettiva entità oggettiva e soggettiva delle violazioni, principio che sarebbe invece osservato in relazione ad altre imposte dalle rispettive discipline.

2.- Questa Corte si é già in altre occasioni (ord. n. 418 del 1987 e n. 596 del 1988) occupata della medesima questione, dichiarandone la manifesta infondatezza, anche in riferimento allo specifico parametro (art. 76 Cost.) ora invocato. L'ordinanza di rimessione della Commissione tributaria centrale prospetta però altre argomentazioni concernenti la graduazione delle sanzioni che, nella disciplina relativa ad altre imposte, il legislatore avrebbe invece osservato, diversificando le ipotesi dell’omissione da quella del ritardo.

Tale nuova prospettazione non può però indurre ad una dichiarazione di illegittimità costituzionale in toto della norma denunciata, perché l'ordinanza di rimessione richiede nel dispositivo che venga dichiarata l'illegittimità costituzionale di tale norma <nella parte in cui dispone la medesima sanzione sia per il ritardo sia per l'omissione>.

Non si chiede perciò, per come la questione é formulata, una dichiarazione di illegittimità costituzionale che porti a sottrarre ad ogni sanzione l'ipotesi della tardività della dichiarazione (cioè una assimilazione della dichiarazione tardiva a quella tempestiva, essendo le due ipotesi a loro volta obbiettivamente diverse), ma si mira ad un intervento il quale suppone - attesa l'impossibilità che presenta nella materia una disarticolata prospettazione positiva (ordd. nn. 485 e 342 del 1987) - l'opera del legislatore che, muovendo dalla diversità della ipotesi della tenue tardività da quella della omissione, possa ragionevolmente graduare le rispettive sanzioni per ricondurle ad un quadro organico che risulti, mediante una più adeguata proporzionalità, in tutto e per tutto aderente al criterio dettato dall'art. 10 comma 2 n. 11 n. 825 del 1971.

A questione é perciò inammissibile, pur dovendosi auspicare che il legislatore, nell'opera cui sta attendendo di revisione del sistema delle sanzioni tributarie, tenga conto dell'esigenza di adeguamento testé evidenziata, risultando certamente agevolata, da una maggiore razionalità della disciplina, la correttezza del rapporto tra il contribuente ed il sistema impositivo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23 comma 1 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili), sollevata, in riferimento all'art. 76 Cost. ed in relazione all'art. 10 comma 2 n. 11 l. 9 ottobre 1971 n. 835, dalla Commissione tributaria centrale con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/2/1989.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 3/3/1989.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE