SENTENZA N.1130
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai
signori Giudici:
Dott. Francesco
SAJA Presidente
Prof. Giovanni
CONSO
Prof. Ettore
GALLO
Dott. Aldo
CORASANITI
Prof. Giuseppe
BORZELLINO
Dott. Francesco
GRECO
Prof. Renato
DELL'ANDRO
Prof. Gabriele
PESCATORE
Avv. Ugo
SPAGNOLI
Prof. Francesco
Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio
BALDASSARRE
Prof. Vincenzo
CAIANIELLO
Avv. Mauro
FERRI
Prof. Luigi
MENGONI
Prof. Enzo
CHELI
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale della legge regionale del 29 gennaio 1987
riapprovata il 5 marzo 1987 dal Consiglio regionale della Lombardia avente per
oggetto: <Modifica alla legge regionale 27 ottobre 1972, n. 34 concernente
provvidenze e contributi per il funzionamento dei gruppi consiliari ed alla
legge regionale 23 giugno 1977, n. 31 relativa alla assegnazione di personale
ai gruppi consiliari> promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
Ministri, notificato il 31 marzo 1987, depositato in cancelleria il 10 aprile
successivo ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 1987.
Visto l'atto di
costituzione della Regione Lombardia;
udito
nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore Antonio
Baldassarre;
uditi
l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il
ricorrente, e l'Avv. Umberto Pototschnig per la
Regione.
Considerato in diritto
1.-L'oggetto
del presente giudizio di legittimità costituzionale, introdotto dal
ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri indicato in epigrafe,
è dato dalla legge della Regione Lombardia, dal titolo <Modifica alla
legge regionale 27 ottobre 1972, n. 34, concernente provvidenze e contributi
per il funzionamento dei gruppi consiliari e alla legge regionale 23 giugno
1977, n. 31, relativa all'assegnazione di personale ai gruppi consiliari>,
la quale è stata approvata dal Consiglio regionale della Lombardia il 29
gennaio 1987 e riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il 5 marzo 1987.
Secondo il
ricorrente, la legge regionale impugnata violerebbe il principio del buon
andamento degli uffici pubblici, garantito dall'art. 97 Cost., sia
allorché permette ai gruppi consiliari della Regione di disporre di un
maggior numero di addetti, ivi compresi dirigenti della prima qualifica
funzionale e una quota più elevata di esterni all'amministrazione
regionale, sia allorché dispone un aumento dei contributi mensili da
versare ai gruppi stessi. L'illegittimità costituzionale di tali
previsioni deriverebbe, a giudizio del ricorrente, dalla sproporzione che
sussisterebbe tra gli incrementi finanziari e di personale concessi e la
possibilità di utilizzare anche dirigenti regionali o esterni, da un
lato, e le obiettive esigenze di qualità e di quantità dei
servizi propri dei gruppi consiliari, dall'altro.
Contro tale
censura la Regione Lombardia ha presentato un'eccezione di
inammissibilità-che, come tale, va esaminata pregiudizialmente-,
asserendo che i rilievi proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri
riguarderebbero l'opportunità della legge impugnata. Tali rilievi,
infatti, atterrebbero ad aspetti puramente quantitativi, rispetto ai quali,
secondo la resistente, sarebbe impossibile determinare il limite oltre il quale
l'erogazione di somme o la messa a disposizione di maggiore personale
dovrebbero considerarsi costituzionalmente illegittime.
2. -
L'eccezione di inammissibilità va rigettata.
In effetti, la
censura prospettata con il presente ricorso contro la legge impugnata pone a
questa Corte una questione che comporta lo svolgimento di un giudizio di
ragionevolezza delle scelte compiute dal legislatore regionale. ciò
è pienamente congruente con il particolare profilo di costituzionalità
sollevato, poiché, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte
(v., ad esempio, sentt. nn.
123 del 1968, 10
e 16 del 1980,
185 del 1982,
277 del 1983,
1032 del 1988),
<la violazione del principio del buon andamento dell'amministrazione non
può essere invocata se non quando si assuma l'arbitrarietà o la
manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata>. Ed, invero, il
ricorrente sospetta che non sussista una giustificata proporzione tra i mezzi
finanziari e personali che la legge impugnata mette a disposizione dei gruppi
consiliari e le esigenze obiettive cui questi ultimi debbono far fronte nella
loro attività istituzionale.
Né si
può rilevare in senso contrario, come fa la resistente, che nel
particolare giudizio, cui la Corte è chiamata nel caso di specie,
mancherebbe ogni possibilità di stabilire a priori il limite al di la o
al di qua del quale un'erogazione di somme o di personale debba esser
considerato contrario a Costituzione o meno.
In
realtà, il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a
criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge
attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi
prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalità
rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che
intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni
concretamente sussistenti.
Sicché,
diversamente da quanto suppone la resistente, l'impossibilità di fissare
in astratto un punto oltre il quale scelte di ordine quantitativo divengono
manifestamente arbitrarie e, come tali, costituzionalmente illegittime, non
può essere validamente assunta come elemento connotativo di un giudizio
di merito, essendo un tratto che si riscontra, come s'è appena visto,
anche nei giudizi di ragionevolezza.
Del resto, come
questa Corte ha già rilevato in relazione ad un'analoga eccezione
sollevata nel corso di un precedente giudizio (sent. n. 991 del
1988), le censure di merito non comportano valutazioni strutturalmente
diverse, sotto il profilo logico, dal procedimento argomentativo proprio dei
giudizi valutativi implicati dal sindacato di legittimità,
differenziandosene, piuttosto, per il fatto che in quest'ultimo le regole o gli
interessi che debbono essere assunti come parametro del giudizio sono
formalmente sanciti in norme di legge o della Costituzione.
3.-E' infondata
la questione di legittimità costituzionale sollevata contro la legge
regionale indicata in epigrafe in riferimento al principio del buon andamento
dei pubblici uffici (art. 97 Cost.).
Non è
irragionevole, infatti, che il legislatore regionale doti i gruppi consiliari
di mezzi finanziari più consistenti e metta a disposizione degli stessi
personale più numeroso e più qualificato, al fine di permettere
loro di perseguire nel modo migliore i molteplici compiti legati al buon
funzionamento di un'assemblea legislativa e d'indirizzo
politico-amministrativo, qual è il Consiglio regionale della Lombardia.
Secondo l'art.
6 dello Statuto della Regione Lombardia (legge 22 maggio 1971, n. 339), <il
Consiglio regionale determina l'indirizzo politico e amministrativo della
Regione e ne controlla l'attuazione; esercita le potestà legislative e
regolamentari attribuite o delegate alla Regione (...), determina gli indirizzi
della programmazione regionale; partecipa (...) all'elaborazione dei piani e
programmi, generali e settoriali, della Regione; approva i piani e i programmi
medesimi, nonché i relativi aggiornamenti e variazioni, e ne controlla
l'attuazione; (...) formula le indicazioni, le proposte e i pareri mediante i
quali la Regione partecipa alla programmazione nazionale>. Oltre a queste
funzioni, ne spettano al Consiglio regionale molteplici altre che sono attribuite
ad esso dalla Costituzione, dallo Statuto e dalle leggi.
Dal momento che
i gruppi sono gli organi nei quali si raccolgono e si organizzano all'interno
dell'assemblea i consiglieri eletti al fine di elaborare congiuntamente le
iniziative da intraprendere e di trovare in essi gli adeguati supporti
organizzativi per poter svolgere adeguatamente i propri compiti, non e
arbitrario che i gruppi consiliari vengano dotati di mezzi adeguati e di
personale idoneo affinché ogni consigliere sia messo in grado di
concorrere all'espletamento delle molteplici e complesse funzioni attribuite al
Consiglio regionale e, in particolare, all'elaborazione dei progetti di legge,
alla preparazione degli atti di indirizzo e di controllo, all'acquisizione di
informazioni sull'attuazione delle leggi e sui problemi emergenti dalla
società, alla stesura di studi, di statistiche e di documentazioni
relative alle materie sulle quali si svolgono le attività istituzionali
del Consiglio regionale.
In
considerazione di tali compiti, l'erogazione dei contributi e la
disponibilità del personale nell'ammontare e nel tipo previsti dalla
legge oggetto del presente giudizio non appaiono irragionevolmente
sproporzionate né rispetto alle esigenze obiettive statutariamente
definite, né alle finalità perseguite dal legislatore regionale
con l'atto impugnato, le quali sono legate all'esigenza di un miglioramento
quantitativo e qualitativo dei servizi resi dai gruppi consiliari.
4. - In senso
contrario non possono, certo, valere le particolari argomentazioni svolte dal
ricorrente.
Prima di tutto,
la difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri sostiene che l'aumento del
personale previsto dalla legge impugnata non sarebbe giustificato da un
corrispondente aumento dei compiti e delle attività dei gruppi. In
realtà, non è ragionevole pretendere che la dotazione del
personale possa essere incrementata soltanto a seguito dell'affidamento di
nuovi compiti ai gruppi consiliari, poiché affermazioni del genere
presuppongono arbitrariamente che il rapporto del numero di addetti rispetto ai
servizi da prestare sia già ottimale nella situazione preesistente e, di
conseguenza, escludono, altrettanto arbitrariamente, che si possa provvedere a
una maggiorazione del personale al solo fine di migliorare il livello di soddisfazione
dei compiti attuali. Né, in verità, sotto il profilo della
ragionevolezza può essere censurata una scelta legislativa che eleva il
rapporto medio di un addetto per tre consiglieri, esistente nella precedente
disciplina, a quello attuale di un addetto per due consiglieri. E, tantomeno,
appare arbitraria la stessa legge allorché, regolando il ricorso al
personale esterno all'amministrazione, modifica il precedente sistema a cifra
fissa (che penalizzava i gruppi maggiori e permetteva ai gruppi minori di avere
più esterni che interni), articolandolo in tre scaglioni, in modo da
assicurare la suddetta possibilità soltanto ai gruppi di una certa
consistenza (con un minimo di dieci consiglieri) e in misura proporzionale alla
dimensione dei gruppi, secondo l'esplicita previsione dell'art. 14 dello
Statuto Lombardo.
In secondo
luogo, il ricorrente contesta la disposizione che permette ai gruppi consiliari
di utilizzare, per lo svolgimento delle proprie attività, personale
della prima qualifica dirigenziale, argomentando che i gruppi mancherebbero del
l'articolazione strutturale e della complessità di competenze,
presupposte dalla suddetta funzione dirigenziale. Ma una tale argomentazione
trascura di considerare la peculiarità dell'amministrazione regionale,
la quale, essendo legata alla caratterizzazione costituzionale di un apparato
al servizio di un ente prevalentemente di programmazione e di indirizzo, e in
buona parte un'amministrazione <indiretta>, ai cui vertici sono, per
tanto, collocati sia dirigenti aventi la responsabilità di strutture
organizzative, sia dirigenti investiti di compiti di studio e di ricerca.
Ebbene, non appare certo irragionevole che, con riferimento a questi ultimi,
l'assegnazione di dirigenti ai gruppi consiliari possa essere considerata
particolarmente utile ai fini del miglioramento della qualità di
attività di ricerca, di studio, di documentazione e di progettazione, le
quali sono necessarie per l'efficiente espletamento dei compiti istituzionali
più importanti affidati ai singoli consiglieri o ai gruppi (iniziativa
legislativa, attività di controllo, etc.).
Infine, il
ricorrente afferma che l'aumento dei contributi previsto dalla legge impugnata
sarebbe sproporzionato rispetto alle oggettive necessita dei servizi richiesti
ai gruppi consiliari, valutate secondo una stima empirica definibile sulla base
dei corrispondenti stanziamenti deliberati dalle altre regioni.
Pur non potendo
fare a meno di rilevare che, in linea di fatto, esistono leggi di altre regioni
che conferiscono ai gruppi consiliari contributi equivalenti o, addirittura,
superiori per taluni aspetti, appare arbitrario pretendere di valutare la
ragionevolezza della proporzione tra mezzi finanziari assicurati ed esigenze
obiettive dei gruppi consiliari mediante raffronti con altre regioni.
L'arbitrarietà della comparazione deriva sia dal fatto che i consigli
delle varie regioni operano all'interno di forme di governo regionale
differenti e possono, pertanto, svolgere funzioni non necessariamente
equivalenti, sia dal fatto che l'entità dei compiti affidati ai
consiglieri e, di conseguenza, ai gruppi consiliari dipende da variabili
diverse, quali, ad esempio, la quantità della popolazione rappresentata,
la dimensione della regione, il numero dei consiglieri.
Ciò
porta a concludere che la valutazione delle esigenze obiettive proprie dei
gruppi consiliari e in gran parte lasciata al discrezionale apprezzamento dei
consigli di ciascuna regione, di fronte al quale questa Corte, in sede di
giudizio di legittimità delle leggi, può sindacare ed,
eventualmente, dichiarare incostituzionali unicamente le decisioni di spesa
manifestamente irragionevoli o arbitrarie. Poiché, nel caso, tale limite
non appare oltrepassato, le norme impugnate non possono essere considerate
costituzionalmente illegittime sotto il profilo del rispetto del principio del
buon andamento degli uffici pubblici, garantito dall'art. 97 della
Costituzione.
Tuttavia,
proprio il riconoscimento dell'ampia discrezionalità che il legislatore
regionale possiede in materia induce questa Corte ad auspicare che il
conferimento di contributi finanziari e di altri mezzi utilizzabili per lo
svolgimento dei compiti dei gruppi consiliari sia sottoposto a forme di
controllo più severe e più efficaci di quelle attualmente previste,
le quali, pur nel rispetto delle imprescindibili esigenze di autonomia
garantite ai gruppi consiliari, siano soprattutto dirette ad assicurare che i
mezzi apprestati vengano utilizzati per le finalità effettivamente
indicate dalla legge.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della
Regione Lombardia, riapprovata il 5 marzo 1987, intitolata <Modifica alla L.
R. 27 ottobre 1972, n. 34 concernente provvidenze e contributi per il funzionamento
dei gruppi consiliari ed alla L. R. 23 giugno 1977 n. 31 relativa
all'assegnazione di personale ai gruppi consiliari>, sollevata con il
ricorso indicato in epigrafe, in riferimento all'art. 97 della Costituzione.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 14/12/88.
Francesco SAJA,
PRESIDENTE
Antonio
BALDASSARRE, REDATTORE
Depositata in
cancelleria il 22 Dicembre 1988.