Sentenza n. 1045 del 1988

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SENTENZA N.1045

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 101, co. 2o, del r.d. l6.3.42, n. 267 (<Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa>), in relazione all'art. 98 , co. 3o, stesso r.d. promosso con ordinanza emessa il 21.10.87 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Cinti Mario e S.p.a. Aerolinea Itavia iscritta al n. 98 del registro ordinanze l988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13/1a ss dell'anno l988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale di Roma ravvisa un contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. nell'art. 101, secondo comma, della legge fallimentare, interpretato nel senso che l'inosservanza, da parte del creditore istante, dell'onere di costituzione in giudizio almeno cinque giorni prima dell'udienza, ai sensi dell'art. 98, terzo comma, ivi richiamato, comporta l'estinzione dell'azione, e quindi la non riproponibilità della domanda di ammissione tardiva del credito entro il limite di tempo indicato nel primo comma dell'art. 101.

L'eccezione di inammissibilità della questione, opposta dall'Avvocatura dello Stato, non può essere accolta, atteso che l'interpretazione adeguatrice ai dettami costituzionali, che si rimprovera al Tribunale di non avere seguito coerentemente con le sue convinzioni, cioè l'interpretazione restrittiva del rinvio all'art. 98, terzo comma, e disattesa dalla giurisprudenza consolidata della Cassazione.

2. - La questione non é fondata.

E’ vero che la dichiarazione tardiva di crediti, prevista dal l'art. 101 l. fall., é strutturalmente diversa dall'opposizione allo stato passivo prevista dall'art. 98, solo la seconda, non anche la prima, avendo natura di gravame in senso tecnico. Ma ai fini della valutazione delle rispettive discipline alla stregua dell'art. 3 Cost., rileva piuttosto il profilo funzionale che quello strutturale. Dal punto di vista della funzione, le due azioni presentano una innegabile analogia: entrambe mettono in discussione lo stato passivo formato dal giudice e tendono a modificarlo; l'opposizione fa valere una pretesa inesattezza, la domanda di insinuazione tardiva una pretesa incompletezza dello stato passivo.

L'analogia funzionale spiega l'adeguamento della disciplina processuale della dichiarazione tardiva al modello dell'opposizione allo stato passivo, e richiama anche per il giudizio incidentale previsto dall'art. 101 l'esigenza di speditezza caratteristica del processo fallimentare. Nel caso di inosservanza del termine perentorio per la costituzione in giudizio del creditore istante, tale esigenza giustifica l'estensione della sanzione di decadenza dalla domanda, stabilita nel terzo comma dell'art. 98, in luogo della regola generale di cui all'art. 310, primo comma, cod. proc. civ.

3. - Nemmeno può dirsi violato l'art. 24 Cost. Nel formulare questa ulteriore censura, secondo cui la norma denunciata renderebbe <estremamente difficoltoso l'esercizio del diritto, se si considera che la mancata costituzione può verificarsi anche senza colpa del creditore>, il giudice a quo non ha tenuto conto dei riflessi, sul terzo comma dell'art. 98 l. fall., della sentenza 30 aprile 1986 n. 120 di questa Corte, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 98, secondo comma, nella parte in cui non prevedeva nei confronti del creditore opponente (o del creditore istante nel caso di dichiarazione tardiva di crediti) la comunicazione, almeno quindici giorni prima dell'udienza di comparizione, del decreto ivi indicato: riflessi esplicitati dalla stessa sentenza nel senso che, dichiarata l'incostituzionalità del secondo comma, il terzo comma dell'art. 98 appare pienamente rispettoso dell'art. 24, secondo comma, Cost.

Non é più ipotizzabile che il creditore non venga, senza sua colpa, tempestivamente a conoscenza del decreto indicato nel secondo comma dell'art. 98 o dell'art. 101, con cui il giudice delegato fissa l'udienza di comparizione delle parti. Dovendo il provvedimento essergli comunicato almeno quindici giorni prima della data fissata per l'udienza, dal momento della comunicazione il creditore dispone necessariamente di almeno dieci giorni utili per costituirsi in giudizio, ed evita re così la decadenza prevista nel terzo comma.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 101, secondo comma, in relazione all'art. 98, terzo comma, del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (<Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa>), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dal Tribunale di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/11/88.

 

Francesco SAJA - Luigi MENGONI

 

Depositata in cancelleria il 30/11/88.