SENTENZA N.1020
ANNO
1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta
dai signori Giudici:
Prof. Giovanni CONSO, Presidente
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell'art. 2, n. 8, della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di
ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale,
provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli
addetti al Servizio sanitario nazionale), promosso con ordinanza emessa il 16
novembre 1987 dal Tribunale di Lecce nel procedimento penale a carico di Ruschini Romeo ed altri e Pepe Luigi, iscritta al n. 69 del
registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1988;
visti gli atti di costituzione di Ruschini Romeo ed altri e di Pepe Luigi, nonché l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nell'udienza pubblica del 27 settembre
1988 il Giudice relatore Ettore Gallo;
uditi gli avvocati Mario Fiore e Giovanni
Pellegrino per Ruschini Romeo ed altri e l'avvocato
dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - Non può essere accolta la tesi del Tribunale di Lecce, secondo cui
duplice sarebbe la ratio che sta alla base della
causa d'ineleggibilità prevista dal n. 8 dell'art. 2
della l. 23 aprile 1981 n. 154: e, cioè, sia il pericolo che un soggetto
investito di particolari funzioni se ne avvalga per influenzare le scelte
dell'elettorato, sia la necessita di prevenire un potenziale conflitto di
interessi fra il dipendente con funzioni dirigenti della U.S.L. e l'Ente
comunale, di cui
Già da tempo, infatti, tanto l'unanime dottrina
quanto questa stessa Corte (cfr. sentenza n. 42 del
1961) hanno posto ben in luce che, essendo profondamente diversa la natura
delle dette cause, esse non possono essere accomunate e confuse in un'unica
disciplina d'ineleggibilità senza offendere il principio sancito nell'art. 3
Cost. Il legislatore, perciò, esattamente distinguendo le cause che determinano
una mera incompatibilità da quelle che comportano l'ineleggibilità, si é
attenuto ai criteri di razionalità che questa Corte aveva suggerito.
Non é quindi più sostenibile il riaccorpamento
di ciò che il legislatore ha distinto proprio per osservanza ai principi della
Costituzione.
2. - Ciò chiarito, é da escludere che la causa d'ineleggibilità prevista
dal n. 8 dell'art. 2 della legge debba essere estesa
anche ai semplici dipendenti o professionisti convenzionati con le U.S.L.
Non va dimenticato, infatti, che, in forza dell'art. 51,
primo co. Cost., l'elettorato
passivo e aperto a tutti i cittadini, senza discriminazioni. E’ questa
la regola dettata dalla Costituzione, sicché ogni limitazione che la legge pone
in ordine ai requisiti di eleggibilità - così come
pure é previsto dall'art. 51 citato - ha carattere di aperta eccezione, e va
calibrata con estrema cautela e sempre in stretta aderenza ai principi
costituzionali.
Ora, non può esservi dubbio che coloro che rivestono
uffici direttivi nelle U.S.L. detengono una posizione ben diversa dai semplici
dipendenti o convenzionati, e che, pertanto, correttamente il legislatore ha
ritenuto di ravvisare soltanto nei confronti dei primi la possibilità di
condizionare istituzionalmente il voto di settori significativi
dell'elettorato. Si tratta di un requisito di tipo negativo che, proprio per
essere stato previsto esclusivamente nei confronti di coloro che si trovano ai
vertici della struttura, rispetta il principio di razionalità tanto sotto il
profilo dell'art. 3 quanto sotto quello previsto
nell'art. 97 Cost.
Né alcun contributo a una diversa soluzione può venire dal riferimento
all'ipotesi di cui al n. 7 dello stesso art.
In quest'ultimo caso, infatti, si tratta dei diretti dipendenti degli
enti, che aspirano a diventarne amministratori: posizione questa che il
legislatore ha correttamente valutato ben diversa da quella di coloro che dipendono soltanto da una struttura operativa
dell'ente, ma non dall'ente.
3. - I ricorrenti nelle loro scritture-così come negli atti introduttivi
innanzi al giudice a quo-hanno fatto riferimento alternativamente anche ad una possibile <incompatibilità>, che peraltro il
giudice non ha direttamente enunciato nella questione proposta, se non - come
s'é detto - attraverso l'accorpamento delle cause che starebbero alla base
della ratio di ineleggibilità.
Sta di fatto che una causa d'incompatibilità (non, dunque,
d'ineleggibilità) e effettivamente prevista dalla
legge in esame nel n. 2 dell'art. 8 anche per il sindaco e gli assessori del
comune che - come nella specie - concorrono a costituire l'unita sanitaria
locale da cui dipendono o con cui sono convenzionati.
Vero é che la, legge limita l'incompatibilità ai
comuni con popolazione superiore ai 30 mila abitanti: requisito negativo che
non é ravvisabile nella specie. D'altra parte, il n. 2 dell'art. 8 della legge non é stato espressamente impugnato dall'ordinanza
di rimessione, né é possibile desumerne l'impugnazione dal già respinto
accomunamento di cause accennato nella motivazione.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 n. 8 della
l. 23 aprile 1981 n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità
alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale
e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale),
sollevata dal Tribunale di Lecce con ordinanza 16 novembre
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
Costituzionale, palazzo della Consulta, il 26/10/88.
Francesco SAJA - Ettore GALLO
Depositata in cancelleria il 09/11/88.