Sentenza n. 1003 del 1988

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SENTENZA N.1003

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato l'8.9.1987, depositato in Cancelleria il 17.9.1987 ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 1987, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del d.P.R. 13 maggio 1987, n. 268 pubblicato nel supplemento ordinario n. 2 della G.U n. 160 dell'll.7.1987 contenente <Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale, per il triennio 1985-87, relativo al comparto del personale degli enti locali>, e all'accordo sindacale recepito nel medesimo decreto.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore Enzo Cheli;

udito l'Avv. Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Regione Lombardia impugna, in sede di conflitto di attribuzioni, il d.P.R. 13 maggio 1987 n. 268 recante <Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativo al comparto del personale degli enti locali>, nonché l'accordo sindacale recepito nel medesimo decreto.

Ad avviso della Regione tale decreto e l'accordo sottostante si presenterebbero illegittimi e invasivi della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita alla ricorrente per il fatto: a) di essere stati adottati in esecuzione del d.P.R. 5 maggio 1986 n. 68, concernente la determinazione dei comparti di contrattazione collettiva, anche esso contestato nella legittimità mediante un precedente ricorso (primo motivo); b) di avere formulato una disciplina unificata per settori del pubblico impiego non omogenei, assorbendo e <appiattendo> la posizione del personale regionale in quella del personale degli altri enti locali non dotati di pari autonomia (secondo motivo); c) di avere esteso alle Regioni a statuto ordinario l'efficacia del decreto presidenziale di approvazione dell'accordo, in violazione del procedimento previsto dall'art. 10 della legge-quadro sul pubblico impiego (terzo motivo); d) di avere introdotto una disciplina per vari aspetti invasiva della riserva di legge regionale fissata dall'art. 2 della legge quadro (quarto motivo).

2. - Va innanzitutto rilevata l'inammissibilità del conflitto proposto nei confronti dell'accordo sindacale relativo al comparto del personale regionale e degli enti locali, stipulato, per il triennio 1985-1987, in data 28 aprile 1987 e successivamente recepito nel decreto presidenziale n. 268.

L'accordo in questione, in sé considerato, al pari degli altri strumenti di contrattazione collettiva regolati dalla legge quadro sul pubblico impiego, si caratterizza, infatti, come atto a struttura contrattuale alla cui formazione hanno concorso, attraverso l'apporto paritario delle rispettive delegazioni, sia la pubblica amministrazione che le organizzazioni sindacali: esso, pertanto,-ove si prescinda dal suo recepimento in uno strumento normativo unilaterale riferibile alla sfera statale-non é tale da poter assumere le connotazioni di quell'<atto dello Stato> alla cui presenza invasiva risulta condizionata la proposizione del conflitto da parte regionale (art. 39 l. 11 marzo 1953 n. 87).

3. - Va inoltre affermata l'infondatezza dei primi due motivi del ricorso.

Ambedue tali motivi mirano, infatti, nella sostanza, ad affermare l'illegittimità del d.P.R. n. 268 del 1987 come consequenziale alla asserita illegittimità del decreto n. 68 del 1986, nella parte concernente la definizione del comparto unico che ha raggruppato il personale delle Regioni e degli enti pubblici non economici da esse dipendenti con il personale dei Comuni, delle Province, delle Comunità montane e di altri enti locali e funzionali. Senonché il ricorso in precedenza proposto dalla stessa Regione Lombardia avverso il decreto n. 68 del 1986 (confl. n. 26 del 1986) é stato da questa Corte, con sentenza n. 1001 in data 12 ottobre 1988, dichiarato inammissibile, per difetto di una lesione attuale alla sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla Regione. La mancata caducazione del d.P.R. n. 68 del 1986 rende, pertanto, infondate le censure proposte nel presente ricorso come consequenziali all'asserita illegittimità del comparto unico tracciato dallo stesso decreto.

4. - Risulta, invece, fondato il terzo motivo del ricorso, concernente la violazione da parte del d.P.R. n. 268 del 1987 del procedimento regolato dall'art. 10 della legge quadro al fine del conferimento di efficacia agli accordi sindacali previsti per il personale delle Regioni e degli enti pubblici non economici dipendenti.

Il decreto impugnato, nel recepire il contenuto degli accordi stipulati in data 28 aprile 1987, ha esteso la propria efficacia a tutte le diverse categorie di personale richiamate nell'art. 4 del d.P.R. n. 68 del 1986 e pertanto anche al personale regionale e degli enti dipendenti: il dato risulta con certezza sia dalla formulazione letterale dell'art. 1, primo comma, del d.P.R. n. 268 del 1987 sia dal contenuto dello stesso decreto, che in varie norme richiama istituti e norme chiaramente riferibili solo od anche al personale regionale e degli enti dipendenti.

Questa estensione di efficacia della disciplina contrattuale, operata mediante decreto del Presidente della Repubblica, contrasta peraltro con la procedura di recepimento degli accordi sindacali fissata nell'art. 10 della legge n. 93, dove, con riferimento agli accordi da applicare nei confronti del personale delle Regioni a statuto ordinario e degli enti pubblici non economici da esse dipendenti, nel mentre si richiama la procedura fissata nel precedente art. 6, si esclude, invece, espressamente l'applicabilità dell'ultimo comma di tale norma, concernente il recepimento degli accordi sindacali mediante decreto del Capo dello Stato. Ne, per superare tale contrasto, potrebbe ritenersi sufficiente il riferimento all'art. 10 della legge n. 93 ed al provvedimento regionale di approvazione degli accordi contenuto nell'art. 1, terzo comma, del decreto impugnato: tale richiamo, se da un lato conferma la necessita, sanzionata dall'art. 10 della legge n. 93, di un provvedimento regionale di approvazione, anche ai fini dell'adeguamento degli accordi ai singoli ordinamenti regionali, dall'altro non e tale da precludere l'efficacia diretta e immediata del decreto presidenziale di cui e causa nei confronti del personale delle Regioni e degli enti da esse dipendenti. Secondo l'impianto della disciplina posta dal d.P.R. n. 268 del 1987 il decreto presidenziale viene, pertanto, a caratterizzarsi come atto interposto tra gli accordi sindacali ed il provvedimento di approvazione regionale, introducendo nel procedimento di formazione della disciplina dell'impiego regionale una fase che l'art. 10 della legge n. 93 non solo non prevede, ma espressamente esclude. Questa fase potrebbe, invero, condizionare indebitamente la sfera dell'autonomia costituzionalmente garantita alla Regione nella materia in esame, attraverso vincoli di contenuto che lo stesso decreto presidenziale potrebbe essere in grado di determinare nei confronti del successivo provvedimento regionale.

Deve essere quindi affermata-secondo le richieste formulate dalla Regione sotto la lettera b) delle proprie conclusioni - la non spettanza allo Stato del potere di recepire, con decreto del Presidente della Repubblica, la disciplina posta dall'accordo con riferimento al personale delle Regioni e degli enti da esse dipendenti, con la conseguente dichiarazione d'illegittimità del decreto di cui e causa nella parte in cui ha esteso la propria efficacia a tale personale.

5. - L'inefficacia del decreto n. 268 del 1987 nei confronti del personale della Regione e degli enti da essa dipendenti, che viene a conseguire alla dichiarazione della sua parziale illegittimità, rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure formulate nel quarto motivo, che investono contenuti specifici dello stesso decreto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzioni proposto dalla Regione Lombardia con il ricorso di cui in epigrafe nei confronti dell'accordo sindacale per il triennio 1985-1987, relativo al comparto del personale regionale e degli enti locali, stipulato in data 28 aprile 1987;

dichiara che non spetta allo Stato recepire nel decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987 n. 268 le norme del suddetto accordo sindacale per la parte concernente il personale delle Regioni e degli enti pubblici non economici da esse dipendenti e conseguentemente annulla lo stesso decreto nella parte in cui ha esteso la propria efficacia a tale personale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/10/88.

 

Francesco SAJA - Enzo CHELI

 

Depositata in cancelleria il 27/10/88.