Sentenza n. 990 del 1988

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SENTENZA N.990

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 36, secondo, terzo e quarto comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (<Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica>), e 4, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (<Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica>), promosso con ordinanza emessa il 24 novembre 1987 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione di Palermo, sul ricorso proposto da Fazio Giuseppe contro il Ministero della pubblica istruzione, iscritta al n. 142 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima Serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di costituzione di Fazio Giuseppe nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1988 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

uditi gli avvocati Giuseppe Fazio, Gioia Vaccari e Federico Sorrentino per Fazio Giuseppe e l'Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con ordinanza del 24 novembre 1987, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia , Sezione di Palermo, solleva, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 36, secondo, terzo e quarto comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (<Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica>), e dell'art. 4, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (<Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica>).

2. - Il T.A.R. rimettente prospetta due questioni.

La prima questione assume vulnerato il principio di eguaglianza perché la normativa impugnata disporrebbe trattamento uniforme per situazioni non omogenee: a) assoggettando a controllo di straordinariato sia il docente confermato che provenga dal ruolo dei professori universitari di seconda fascia, sia chi tale provenienza non abbia; b) applicando ai professori di prima fascia il limite del servizio attivo al compimento del sessantacinquesimo anno, laddove i professori provenienti dalla seconda fascia e già incaricati stabilizzati dovrebbero conservare il diritto, loro spettante a seguito della stabilizzazione, a rimanere in servizio sino al termine dell'anno accademico in cui compiono il settantesimo anno di età, ai sensi dell'art. 6 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, che ha sostituito l'art. 24 del d.P.R. n. 382 del 1980.

Per la seconda questione il giudice a quo reputa pregiudicato il buon andamento della pubblica Amministrazione perché la cessazione dal servizio al sessantacinquesimo anno del docente che avrebbe avuto diritto a rimanere sino al settantesimo implicherebbe <mancata completa utilizzazione dell'attività svolta dal medesimo soggetto la cui produttività viene differenziata non già per una accertata ragione giustificativa particolare sebbene esclusivamente per il passaggio ad una fascia superiore di insegnamento>.

3. - Entrambe le questioni sono infondate.

Esse postulano che la unicità del ruolo dei professori universitari valga concettuale e funzionale indistinzione delle due fasce, dei professori straordinari e ordinari, e dei professori associati. Siffatta petizione di principio non trova alcuna base nei testi normativi del 1980 - la legge di delega n. 28 e il d.P.R. n. 382 - nei quali oltretutto non ricorre mai la locuzione <ruolo unico>; anzi, l'art. 3, primo comma, della legge di delega n. 28 e l'art. 1, secondo comma, del d.P.R. n. 382, indicano nettamente come fine generale della riforma quello di assicurare <la distinzione dei compiti e delle responsabilità> delle due fasce di docenti <nell'unitarietà della funzione docente>.

Unitarietà della funzione docente, alla quale si accompagna <uguale garanzia di libertà didattica e di ricerca> per l'una e l'altra fascia, é il solo ed unico connotato comune ai professori universitari: tale unitarietà della funzione docente da rilievo alla prestazione didattica che l'istituzione universitaria fornisce ad extra alla collettività studentesca a mezzo dei propri docenti, prescindendo dalle loro diversità di status. Invece nella organizzazione ad infra l'istituzione si struttura in compiti e responsabilità differenziate cui corri sponde la diversificazione delle figure del personale accademico.

Il dato storico della conservazione all'università riformata del personale che a vario titolo aveva concorso a fronteggiare l'imponente incremento della domanda didattica, a seguito della crescita demografica e della scolarità e della più intensa mobilita sociale - dando luogo ad un corpo di diritto transitorio interno alle norme riformatrici per l'assorbimento del precariato, e in particolare per la prima formazione della fascia dei professori associati senza selezione concorsuale ma attraverso procedure ricognitive di idoneita - può avere ingenerato la interpretazione del <sistema> del riordinamento del 1980 come ispirato a prevalente rilevanza della funzione didattica, dinanzi alla quale la <distinzione dei compiti e delle responsabilità> interne alla vita universitaria sono potute apparire accidentalità secondarie, tali da non giustificare ragionevolmente il regime di due diversi status di professore.

4. -In realtà due norme del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 - gli artt. 41 e 42 - danno ragione della essenziale diversità delle figure del professore ordinario e del professore associato ben al di la della <unitarietà della funzione docente>.

L'art. 41, primo comma, stabilisce: <L'accesso al ruolo dei professori universitari, nella fascia dei professori ordinari, ha luogo mediante pubblici concorsi per titoli su base nazionale, intesi ad accertare la piena maturità scientifica dei candidati>.

L'art. 42 dispone: <L'accesso al ruolo dei professori universitari, nella fascia dei professori associati, avviene mediante concorso su base nazionale, per titoli scientifici, integrati dalla discussione dei titoli presentati dal candidato e da una prova didattica nell'ambito di una disciplina del raggruppamento connessa con i suoi titoli e da lui indicata.

Il concorso e inteso ad accertare l'idoneità scientifica e didattica del candidato>.

Le distinte modalità dei due accessi concorsuali - diversa composizione delle rispettive commissioni; solo titoli scientifici per l'accesso alla fascia dei professori ordinari; titoli, discussione integrativa e prova didattica per il reclutamento nella fascia dei professori associati-sono preordinate a diversi accertamenti: la <piena maturità scientifica> dei candidati al ruolo dei professori universitari di prima fascia; la mera <idoneità scientifica e didattica> dei candidati per la seconda fascia.

Se ne deduce che il sistema normativo della riforma del 1980 statuisce una gerarchia di valori e di funzioni tra le due fasce del ruolo dei professori universitari oltre <l'unitarietà della funzione docente>.

E’ riconosciuta superiorità alla figura dello studioso dalla personalità scientifica compiutamente affermata, rispetto a quella del docente che dia soltanto prove di idoneità alla ricerca e all'insegnamento.

Mentre tale superiorità non é rilevante in ordine a quella indifferenziata prestazione didattica ad extra, indirizzata alla collettività degli studenti, e che é organizzativamente strutturata in base al principio della <unitarietà della funzione docente>, la figura dello scienziato e prescelta dal legislatore per le funzioni ad infra, di cui all'art. 16 del d.P.R. n. 382 del 1980: <(...) sono riservate ai professori ordinari le funzioni di rettore, preside di facoltà, direttore di dipartimento e di consiglio di corso di laurea, nonché le funzioni di coordinamento dei corsi di dottorato di ricerca e le funzioni di coordinamento tra i gruppi di ricerca.

E’ riservata di norma ai professori ordinari la direzione degli istituti, delle scuole di perfezionamento e di specializzazione e delle scuole dirette a fini speciali.

In caso di motivato impedimento degli stessi la direzione di detti istituti e scuole é affidata a professori associati>.

Come é ribadito anche dall'ultimo comma, che affida ai professori associati compiti direttivi (peraltro nell'ambito limitato degli istituti e scuole) solo in caso di motivato impedimento di professori di prima fascia, il legislatore ha individuato migliore garanzia, per l'assolvimento delle funzioni direttive e di coordinamento, nella figura dell'ordinario, acquisita alla istituzione universitaria dopo una più severa selezione, intesa ad identificare una personalità scientifica pienamente matura.

5. -Tanto netta distinzione delle due figure di professori universitari ha come corollario la non fungibilità del giudizio di conferma in ruolo del professore associato con il giudizio per la nomina ad ordinario del professore straordinario.

L'art. 23 del d.P.R. n. 382 del 1980 recita: <Dopo un triennio dall'immissione in ruolo, i professori associati sono sottoposti ad un giudizio di conferma, anche sulla base di una relazione della Facoltà, sull'attività didattica e scientifica dell'interessato>.

L'art. 78, terzo comma, del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592 (<Approvazione del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore>), confermato in vigore dall'art. 4, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28, nonché dall'art. 6, terzo e quarto comma, del d.P.R. n. 382 del 1980, richiede un giudizio sulla operosità scientifica e didattica del professore durante il triennio di straordinariato.

E evidente, dalla ricomprensione delle disposizioni ivi contenute nel <sistema> riformatore del 1980, che il giudizio di ordinariato vale ad acclarare la continuazione nel triennio dell'operosità <scientifica e didattica> di quella personalità pienamente matura di scienziato rivelatasi all'atto del concorso.

6. - In definitiva, nucleo della questione di costituzionalità e se il legislatore abbia usato trattamento pari in causa dispari, applicando la disciplina del triennio di straordinariato sia al candidato proveniente dalla fascia dei professori associati sia al candidato che tale provenienza non abbia.

La ratio decidendi va rinvenuta nella estraneità dei servizi pregressi alla materia del giudizio scientifico sui candidati nel concorso per l'accesso alla fascia dei professori ordinari. E da questa prospettiva, del giudizio sulla piena maturità scientifica, che i candidati sono in condizione di totale parità, qualunque sia la loro provenienza. Ne consegue che l'applicazione a tutti indistintamente i vincitori del concorso per l'accesso alla prima fascia del ruolo dei professori universitari del triennio di straordinariato e relativo conclusivo giudizio per la nomina a professore ordinario non concreta violazione del principio costituzionale di eguaglianza, di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

7.-Quanto alla seconda questione, l'ordinanza di rimessione assume <contrasto dell'art. 6, per la parte giuridica, e dell'art. 36, terzo, quarto e quinto comma, per la parte economica, del d.P.R. n. 382 del 1980 con l'art. 3 della Costituzione, dal momento che quanto meno alla categoria degli associati già incaricati stabilizzati avrebbe dovuta essere garantita la permanenza fino al 70° anno>.

Anche tale questione postula che il concorso per l'accesso alla prima fascia dei professori universitari conservi diversità di situazioni giuridiche a seconda delle provenienze dei candidati- vincitori. Tale postulato e già stato dimostrato insussistente.

Il principio di eguaglianza, essendo applicata a tutti indistintamente i vincitori del concorso a professore di prima fascia la normativa sul collocamento fuori ruolo e poi a riposo, di cui all'art. 19, primo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 (<I professori ordinari sono collocati fuori ruolo a decorrere dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età e a riposo cinque anni dopo il collocamento fuori ruolo>), e salvaguardato proprio perché il legislatore ha adottato pari trattamento in causa pari, evitando di perpetuare situazioni acquisite in status precedenti ed esauriti.

In particolare, il professore incaricato stabilizzato, acquisito il diritto a restare in servizio fino al 70° anno di età, lo conserva qualora divenga associato a seguito di giudizio di idoneità, ai sensi dell'art. 6 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, ma non può vantarlo nella ulteriore nuova posizione di professore di prima fascia, non essendo questa configurabile come prosecuzione della carriera di professore di seconda fascia e in generale come luogo di scorrimento di status riconosciuti da norme di diritto transitorio quale quella del citato art. 6 della legge n. 705 del 1985.

A vanificazione, peraltro, delle ragioni economiche della doglianza va rilevato che il professore associato già incaricato stabilizzato, nel suo nuovo status di professore di prima fascia, e pur sempre collocato a riposo al 70° anno, dopo il quinquennio trascorso nella posizione di fuori ruolo. A confutazione del profilo sollevato d'ufficio dal giudice a quo circa la violazione del principio di cui all'art. 97, primo comma, della Costituzione per la mancata piena utilizzazione del professore fino al 70° anno va affermato che, al contrario, il buon andamento dell'Amministrazione esige, da un canto, la massima possibile uniformità di regime nella durata del servizio dei pubblici dipendenti e, dall'altro, che esso, nell'ambito peculiare della istituzione universitaria, e meglio realizzato quando si promuove il mutamento e l'avanzamento della cultura e della scienza traverso il rinnovamento del corpo docente, che non quando si protraggano i limiti d'età di alcune figure di docenti pur portatrici di esperienze a lungo collaudate.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 36, secondo, terzo e quarto comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (<Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica>) e dell'art. 4, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (<Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica>), in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione di Palermo, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/10/88.

 

Francesco SAJA - Francesco Paolo CASAVOLA

 

Depositata in cancelleria il 25/10/88.