Ordinanza n. 936 del 1988

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ORDINANZA N.936

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 415, terzo, quarto e quinto comma, 645, secondo comma, e 649 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 25 luglio 1987 dal pretore di Gravina in Puglia nel procedimento civile vertente tra l'Impresa Edil Popolare Gravinese e Aquila Michele, iscritta al n. 641 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47/I ss. dell'anno 1987;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 giugno 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che, nel corso del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, promosso innanzi al Pretore di Gravina in Puglia dall'Impresa Edil Popolare Gravinese contro Aquila Michele, il giudice adito, con l'ordinanza in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questioni di legittimità costituzionale: a) del combinato disposto degli artt. 415, terzo, quarto e quinto comma, 645, secondo comma, e 649 cod. proc. civ., nella parte in cui, prevedendo e disponendo tassativamente ed inderogabilmente che <fra la data di notificazione al convenuto – opposto - e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni>, non consente che gli artt. 645, secondo comma, e 649 cod. proc. civ. possano in qualche modo trovare applicazione antecedentemente all'udienza di prima comparizione, fissata ex art. 415, terzo, quarto e quinto comma, udienza che si identifica con quella di discussione della causa, realizzando così, in un ordinario giudizio di opposizione ad ingiunzione, emessa dal Pretore in funzione di giudice del lavoro, che non si diversifica da ogni altro giudizio ordinario di opposizione ad ingiunzione, una tutela assolutamente diversa, limitativa per l'opponente rispetto a quanto e possibile ottenere in pro cedimenti di opposizione a decreti ingiuntivi non pronunziati dal giudice del lavoro; b) dello stesso art. 649 cod. proc. civ., autonomamente considerato, perché, pur essendo norma concernente un giudizio di impugnazione (del decreto ingiuntivo), realizza, per un identico istituto giuridico, quale

e quello della sospensione dell'esecuzione provvisoria, una più limitata tutela rispetto a quanto previsto nel secondo comma dell'art. 351 cod. proc. Civ.;

che nel giudizio ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità della questione;

considerato che la diversità di trattamento tra l'opposizione a decreto nelle forme del rito ordinario e quella nelle forme del rito del lavoro trova, alla stregua dei principi ripetutamente espressi da questa Corte, ragionevole giustificazione e fondamento nelle peculiarità del rito speciale, finalizzate all'accelerazione del procedimento (anche e principalmente attraverso l'eliminazione del sistema della citazione a udienza fissa e la contestuale previsione di una rete di termini, tale da sottrarre alle parti il potere di determinazione dei tempi di introduzione della lite) e alla concentrazione della trattazione nonché alla immediatezza della pronunzia;

che, quanto al diverso problema della possibilità o meno, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo - sia essa proposta nelle forme del rito ordinario o in quelle del rito speciale - di applicare, ai fini della pronunzia di provvedimenti attinenti alla provvisoria esecuzione del decreto stesso, le disposizioni di cui all'art. 351, deve anzitutto rilevarsi che tale ultima norma, mentre prevede che detta pronunzia possa essere resa anche anteriormente alla prima udienza , implicitamente esclude, contrariamente a quanto opina il giudice remittente, che possa costituire oggetto di un decreto emesso inaudita altera parte, in quanto le attribuisce la forma dell'ordinanza e cioè di un provvedimento che, di norma, presuppone il previo contraddittorio tra le parti;

che, pertanto; nell'ordinanza di rimessione, la doglianza relativa all'asserita inutilizzabilità del rimedio costituito da un decreto di sospensione o revoca, inaudita altera parte, della provvisoria esecuzione dell'ingiunzione anteriormente alla prima udienza appare posta in riferimento ad un tertium comparationis inesistente;

che, inoltre, non si rinvengono ostacoli di rilievo (specie se si configura, come sembra adombrare il giudice remittente, l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo come introduttivo di un procedimento di impugnazione) all'applicabilità, anche in tale procedimento ed in via analogica, delle disposizioni del citato art. 351 cod. proc. civ., ai fini di una delibazione anticipata rispetto all'udienza delle questioni concernenti la provvisoria esecuzione del decreto, come é stato ritenuto anche in giurisprudenza, con riferimento sia al rito ordinario, sia al rito speciale del lavoro;

che, conseguentemente, non si rinvengono la disparità di trattamento e le violazioni del diritto di difesa ipotizzate dal giudice a quo, sicché la questione appare manifestamente in fondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 415, terzo, quarto e quinto comma, 645, secondo comma, e 649 cod. proc civ., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dal Pretore di Gravina in Puglia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/07/88.

 

Francesco SAJA - Francesco GRECO

 

Depositata in cancelleria il 29/08/88.