Ordinanza n. 847 del 1988

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ORDINANZA N.847

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), e 14 della legge 29 aprile 1976, n. 177 (Collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Miglioramento del trattamento di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza), promosso con ordinanza emessa il 19 ottobre 1983 dalla Corte dei Conti - Sezione III giurisdizionale - sui ricorsi riuniti proposti da Barrella Antonio ed altri, iscritta al n. 457 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 dell'anno 1984;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1988 il Giudice relatore Francesco Greco;

Ritenuto che la Corte dei Conti, con ordinanza in data 19 ottobre 1983, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, e dell'art. 14 della legge 29 aprile 1976, n. 177, nella parte in cui, in violazione degli artt. 3, primo comma, 35, secondo comma, e 36, primo comma, Cost., stabiliscono, nei confronti dei dipendenti civili dello Stato, diversamente da quanto previsto dall'art. 32 dello stesso d.P.R. n. 1092/73 per gli ufficiali in servizio permanente effettivo, l'onere del pagamento di un contributo di riscatto, per conseguire la valutazione in pensione del periodo corrispondente alla durata legale degli studi universitari, nel caso che il relativo diploma costituisca condizione necessaria per l'ammissione in servizio: che, ad avviso del giudice a quo, la normativa censurata viola il principio di eguaglianza in quanto l'istituto del riscatto si configura in modo sostanzialmente unitario per identità di scopo (formazione del servizio utile per la pensione), di entità del beneficio (durata legale del corso di studi superiori), di presupposto giuridico (possesso del titolo come condizione per l'ammissione in servizio), sia per il personale civile che per quello militare, onde non si giustifica il regime di onerosità previsto soltanto per il primo;

che, inoltre, ad avviso dello stesso giudice, la disposizione sul riscatto senza oneri del periodo di studi universitari - vigente per i soli ufficiali-non dovrebbe considerarsi una norma di favore nei riguardi di costoro, sebbene una norma conseguente all'applicazione dei principi direttamente scaturenti dagli artt. 35 e 36 Cost., con la conseguenza che gli oneri, imposti, invece, in parte qua, al personale civile dello Stato, si porrebbero in contrasto anche con queste disposizioni costituzionali;

considerato che, in materia di contributo di riscatto, come questa Corte ha già ritenuto (v. sent. n. 218/84), spetta al legislatore ordinario un ambito di discrezionalità, non solo nello scegliere i periodi e i servizi da ammettere al riscatto medesimo, ma anche nello stabilire se porre a carico del dipendente il relativo onere in tutto o in parte;

che nella specie, tale discrezionalità appare correttamente esercitata in relazione alle peculiarità proprie dell'impiego militare, rispetto a quello civile, destinate a ripercuotersi anche sulle modalità e sui tempi del trattamento di quiescenza;

che quest'ultimo rilievo vale in particolare riguardo ai più bassi limiti di età per la cessazione dal servizio permanente degli ufficiali (limiti, tra l'altro, decrescenti in relazione al grado conseguito: v. legge n. 113/54), per i quali la conseguente maggior difficoltà, rispetto agli impiegati civili, di raggiungere il massimo di anzianità ai fini del trattamento di quiescenza, trova compensazione nel previsto beneficio della valutabilità, non onerosa, del periodo corrispondente alla durata del corso di studi universitari;

che, pertanto, la questione si palesa manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), e 14 della legge 29 aprile 1976, n. 177 (Collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Miglioramento del trattamento di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 35, secondo comma, e 36, primo comma, Cost., dalla Corte dei Conti con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/07/88.

 

Francesco SAJA - Francesco GRECO

 

Depositata in cancelleria il 21/07/88.