Sentenza n. 744 del 1988

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SENTENZA N.744

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato il 12 novembre 1984, depositato in Cancelleria il 19 novembre successivo ed iscritto al n. 50 del registro ricorsi 1984, per conflitto di attribuzioni sorto a seguito della deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, contenente: <Disposizioni per la prima applicazione dell'art. 4 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, concernente lo smaltimento dei rifiuti>.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi l'avv. Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Verzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.- La Regione Lombardia propone conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione a delibera in data 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui al l'art. 5 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, recante disposizioni sullo smaltimento dei rifiuti, così come modificato con l'art. 1 del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176, nel testo sostituito in sede di conversione (avvenuta con legge 25 luglio 1984, n. 381).

Deduce, innanzi tutto, che il carattere invasivo dell'atto deriverebbe dalla illegittimità costituzionale della normativa di grado legislativo su cui esso si fonda (artt. 4 e 5 del detto d.P.R. n. 915), normativa già impugnata da essa Regione in via principale, per violazione delle competenze regionali in materia di ambiente e di attuazione delle direttive comunitarie.

Per l'ipotesi che l'impugnazione in via principale non sia stata accolta, prospetta la sollevabilità in via incidentale di questione di legittimità costituzionale della stessa normativa.

Osserva poi che la normativa di grado legislativo suindicata e particolarmente l'art. 4 del d.P.R. n. 915 prevede soltanto l'individuazione di <criteri generali> sulla metodologia di smaltimento dei rifiuti, sulle caratteristiche delle zone per l'ubicazione degli impianti di smaltimento, sulla assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani, oltreché sul rilascio delle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi e l'emanazione di <norme tecniche generali> relative ai sistemi di smaltimento che favoriscano il recupero di materie e la produzione di energia, nonché per il separato smaltimento di rifiuti tossici e nocivi ed, infine, la determinazione di <limiti di accettabilità>, <caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche> di sostanze in relazione a specifiche utilizzazioni e <qualità, concentrazioni o caratteristiche> di sostanze che rendono i rifiuti tossici o nocivi.

Ciò posto sostiene che l'atto di indirizzo e coordinamento eccede la accennata disposizione di legge:

a) per l'oggetto (in quanto contiene la disciplina di aspetti meramente amministrativi dello smaltimento dei rifiuti, del trasporto e della raccolta dei rifiuti urbani, dei modi di sistemazione e recupero delle aree interessate da impianti di discarica, delle procedure di prelievo ed analisi e dei relativi verbali, dei termini di applicabilità delle disposizioni; in quanto prevede poteri di controllo e poteri sostitutivi non contemplati dalla legge e identifica la categoria dei <rifiuti pericolosi>, non considerata dall'art. 4 del d.P.R. n. 915);

b) per il contenuto (stante il suo carattere di disciplina dettagliata ed esaustiva della materia con riguardo, in particolare, alle modalità di smaltimento dei rifiuti ospedalieri, alla presunzione di tossicità di alcuni rifiuti, alla raccolta ed al trasporto di rifiuti urbani, ospedalieri, tossici e pericolosi, ai processi di incenerimento e compostaggio, alle discariche ed al regime delle autorizzazioni).

2. - Le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. n. 915 del 1982 sono state dichiarate non fondate da questa Corte con sentenza n. 192 del 1987. Non può essere accolta, in conseguenza, la censura che investe l'atto nella sua interezza sotto il profilo dell'asserita incostituzionalità derivata.

Né vi sono motivi per sollevare in via incidentale nuova questione di legittimità degli artt. 4 e 5 del d.P.R. n. 915 del 1982. Quanto all'art. 4 in se considerato non sono stati dedotti, infatti, profili nuovi e diversi rispetto a quelli già prospettati con il precedente ricorso in via principale ed esaminati con la sentenza di questa Corte suindicata. Per quel che riguarda lo stesso art. 4 e l'art. 5, congiuntamente considerati, l'unico profilo sembra esser quello della mancanza in esso dell'enunciazione di criteri generali per l'esercizio del potere attribuito al Comitato interministeriale di cui all'art. 3 della legge 10 maggio 1976, n. 319 - come composto ai sensi del detto art. 5 d.P.R. n. 915 e dell'art. 1 decreto-legge 29 maggio 1984 n. 176, convertito nella legge 25 luglio 1984, n. 381 -profilo che é prospettato anche come vizio dell'atto impugnato (adducendosi implicitamente che, in ogni caso, per la asserita mancanza di criteri generali, la detta normativa non potrebbe servire da idoneo supporto legislativo dell'atto medesimo). Si tratta peraltro di censura, secondo quanto sarà detto nel prosieguo (infra, par. 3), non fondata.

3. - Con la sentenza di questa Corte n. 192 del 1987 é stato ritenuto che al Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 915 del 1982 sono conferiti poteri di indirizzo e coordinamento, sicché l'atto impugnato deve ritenersi espressione di tali poteri. Con altra sentenza di questa Corte (sent. n. 560 del 1988) l'indirizzo e coordinamento esercitato con atto governativo é stato ritenuto compatibile con la garanzia costituzionale dell'autonomia regionale, in quanto tocca direttamente la sola attività amministrativa, mentre nei confronti dell'attività regionale legislativa dispiega effetti mediati e riflessi; l'attività legislativa regionale risulta limitata solo in relazione alle esigenze unitarie, nei profili evidenziati dall'atto di indirizzo e coordinamento, mentre le singole disposizioni di questo possono essere sostituite con misure regionali che siano, singolarmente o nel complesso, equivalenti (vale a dire in eguale misura rispondenti, anche se con diverso contenuto, alle anzidette esigenze unitarie e idonee in definitiva a realizzarle).

Per quanto concerne la mancanza di criteri generali idonei ad orientare l'esercizio dei poteri conferiti al Comitato interministeriale, va osservato che, in realtà, l'art. 4 del detto d.P.R. n. 915 del 1982 contiene un insieme di indicazioni di scopo (<favorire il riciclaggio dei rifiuti, il recupero delle materie utilizzabili>, <limitare la formazione dei rifiuti>) e strumentali (definire, se necessario, <norme tecniche per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi separatamente da ogni altra materia e residuo>) che integrano veri e propri criteri per l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento.

Ulteriori criteri possono essere desunti:

1) dal d.P.R. n. 915 del 1982 che, con i primi due articoli, determina i profili dei valori ambientali e della salute oggetto di particolare tutela in rapporto allo smaltimento dei rifiuti;

2) dalla normativa su materie analoghe o strettamente connesse ed, innanzi tutto, dalla legge 10 maggio 1976, n. 319, sulla tutela delle acque dall'inquinamento, alle cui tabelle il presente atto talvolta si richiama (cfr. punti 4.2.3.2.; 4.2.3.3., lett. d); e poi anche dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690, sempre sull'inquinamento delle acque (cfr. punti 3.4.1.; 4.2.2.), dalla legge 29 maggio 1974, n. 256 e dal d.P.R. 24 novembre 1981, n. 927, sulla etichettatura e sull'imballaggio delle sostanze pericolose (cfr. punto 1.1.1., lett. c).

Il criterio fondamentale, del resto, di tutela dell'igiene e dell'ambiente, affermato dalla normativa in vigore, é ulteriormente precisato dal riferimento a nozioni tecniche e scientifiche cui il legislatore legittimamente rinvia e che si pongono come limite quanto mai stringente alla discrezionalità del potere di indirizzo coordinamento di cui si tratta.

Considerazioni analoghe sul carattere largamente vincolato delle valutazioni tecniche cui il legislatore può fare riferimento hanno condotto, del resto, questa Corte ad ammettere che la delega legislativa o il decreto delegato possa legittimamente rinviare a criteri tecnici (cfr. sentt. nn. 3/1971; 9/1972; 127/1981).

4.- L'atto impugnato é stato modificato con deliberazione del medesimo Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 915 del 1982, in data 13 dicembre 1984, che ha abrogato la disposizione concernente il potere sostitutivo del Commissario del Governo in caso di inottemperanza da parte della regione all'obbligo di istituire un Comitato di esperti per l'individuazione delle aree idonee alla realizzazione degli impianti di smaltimento (punto 0.3.,terzo comma); per questa parte deve, dunque, dichiararsi cessata la materia del contendere.

Le censure di eccesso rispetto alle previsioni di legge per oggetto e per contenuto debbono peraltro essere esaminate con riferimento alle restanti parti dell'atto impugnato.

5.- L'art. 4 del d.P.R. n. 915 del 1982 prevede un potere di indirizzo e coordinamento per la predisposizione di criteri generali sullo smaltimento dei rifiuti, sulla determinazione delle zone per l'ubicazione degli impianti relativi, sull'assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, sul distinto smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, sul rilascio delle autorizzazioni, oltreché l'emanazione di norme dirette a limitare la formazione dei rifiuti, a favorire il riciclaggio, a determinare i limiti di accettabilità di certe sostanze, a determinare le quantità e concentrazioni delle sostanze che rendono i rifiuti tossici e nocivi.

6. - Per quanto concerne la determinazione di <criteri generali per il rilascio delle autorizzazioni> (art. 4, lett. f) il potere attribuito dalla norma di legge deve ragionevolmente intendersi come riferito al coordinamento delle attribuzioni di regioni o di enti locali diversi, nella ipotesi di attività che li coinvolgano congiuntamente, e come relativo alla indicazione di criteri di valutazione dell'attività da autorizzare e dell'oggetto di essa: non già come concernente prescrizioni attinenti al momento organizzativo e procedimentale così puntuali da contenere la predeterminazione completa ed esaustiva del procedimento autorizzativo o di una fase di esso.

Non rientra, pertanto, nel potere attribuito la previsione (punto 5.2., terzo comma) di un parere congiunto dell'Istituto Superiore della Sanità, dell'Istituto per la sicurezza del lavoro e dell'Istituto di ricerca delle acque del C.N.R. per le discariche di terza categoria.

Del pari estranea al potere riconosciuto dalla norma anzidetta é la disciplina del momento procedimentale del conferimento dell'autorizzazione medesima e, dunque, della domanda (punto 5.1.2. dell'atto impugnato) e della fase istruttoria (punto 5.2. primo comma, lettere a, c) che non attiene, appunto, ai <criteri> ma alle modalità di esercizio della funzione che si esplica nel rilascio delle autorizzazioni.

Analogamente e da dire per quel che riguarda le disposizioni relative al contenuto, alla durata ed alle forme di pubblicità del provvedimento autorizzativo (punto 5.3.1.; 5.3.2.; 5.3.3.; 5.3.4.) nonché ai controlli sul rispetto delle condizioni dell'autorizzazione stessa (punto 5.3.6.), per un verso non riconducibili alla determinazione <dei criteri per il rilascio dell'autorizzazione> e per altro verso consequenziali a quelle attinenti alle modalità di esercizio della funzione che si esplica nel rilascio delle autorizzazioni.

Da ciò consegue l'annullamento delle suindicate disposizioni, annullamento che, naturalmente, non tocca le norme del d.P.R. n. 915 del 1982 che direttamente disciplinano la materia anche sotto l'aspetto procedimentale (e ciò a prescindere dalla possibilità che alcune di tali norme, secondo quanto affermato con la sentenza di questa Corte n. 192 del 1987, siano da considerare norme di principio, come tali derogabili dal legislatore regionale).

7. -Rientra, invece, nei poteri conferiti al Comitato interministeriale - in quanto rientra nella determinazione dei criteri generali per lo smaltimento dei rifiuti - prevedere che le Regioni individuino le aree idonee alla ubicazione degli impianti relativi con valutazione che abbia il supporto di adeguate competenze tecniche da parte di comitati che di tali competenze siano muniti, senza peraltro determinare la composizione dell'organo e le modalità procedimentali del suo intervento (punto 0.3., ultimo comma). ciò é vero a maggior ragione con riferimento alla nuova formulazione della norma contenuta nella deliberazione del medesimo Comitato interministeriale in data 13 dicembre 1984, che contiene una disciplina meno penetrante sul punto (limitandosi a richiedere la presenza di competenze in materia sanitaria, ingegneristica, geologica e chimica e non più una specializzazione di medico igienista o di ingegneria sanitaria, oltreché geologica e chimica).

Rientra, ancora, nei poteri conferiti al Comitato interministeriale la disposizione che qualifica tossici e nocivi i rifiuti provenienti da attività di produzione e di servizi indicate in apposita tabella (tab. 1.3.), salvo che l'interessato dimostri che questi rifiuti, per la quantità e concentrazione delle sostanze, indicate in altre tabelle (tab. 1.1. e tab. 1.2.) pure allegate, non possono essere considerati tossici e nocivi (punto 1.2., n. 2, dell'atto). Si tratta infatti di disposizione riconducibile al potere di determinare <le caratteristiche delle sostanze... che rendono i rifiuti che le contengono tossici o nocivi per la salute dell'uomo e/o per l'ambiente> conferito con il detto art. 4, lett. g), del d.P.R. n. 915 del 1982.

La definizione della categoria dei <rifiuti pericolosi>, operata ai soli fini della prima applicazione dell'art. 8 del d.P.R. n. 915 del 1982, atteso il suo carattere <provvisorio>, non e idonea a ledere le competenze regionali. La successiva deliberazione del Comitato in data 13 dicembre 1984, sopra menzionata, precisando che <resta salva la facoltà dei comuni di disciplinare ... l'assimilabilità di rifiuti provenienti da attività agricole, artigianali, commerciali e di servizi, nonché da ospedali, istituti di cura ed affini, sia pubblici che privati, ai fini dell'ordinario conferimento dei rifiuti medesimi al servizio pubblico...>, contribuisce del resto a chiarire l'ampio ambito delle competenze comunali in materia.

Rientra nel concetto di <smaltimento dei rifiuti> qual e assunto nel senso più lato e senza limitazioni dall'art. 4, lett. b) del d.P.R. n. 915 del 1982, anche la disciplina della raccolta e del trasporto dei rifiuti, sicché l'atto impugnato non e censurabile per il fatto di disciplinare anche la raccolta ed il trasporto tanto dei rifiuti tossici e nocivi quanto di quelli urbani ed ospedalieri (punti 1.1.3; 2.1.1; 2.1.2; 2.2.; 2.3.).

Analogamente é da dire per i processi di incenerimento (3.3.) e di compostaggio (3.4.), rientrando il primo nel concetto di <smaltimento dei rifiuti> ed il secondo costituendo fase significativa di quel riutilizzo e riciclaggio delle materie in relazione a cui il potere di indirizzo e espressamente conferito (art. 4, lett. c, d.P.R. 915 del 1982).

La disciplina della localizzazione degli impianti di discarica e la disciplina del recupero delle aree adibite a discarica, in quanto contiene semplici criteri per la salvaguardia di inderogabili esigenze di igiene, non e idonea a ledere le competenze regionali in materia urbanistica (punto 3.l.). Sono funzionali alla determinazione di questi criteri, ovviamente, anche le classificazioni degli impianti di discarica (punto 4.2. e segg.).

La disciplina dei controlli, dei prelievi e delle analisi rientra, d'altra parte, nel potere di fissare i criteri e le modalità per lo smaltimento dei rifiuti e per l'ubicazione delle discariche al fine di garantire i beni fondamentali della salute e dell'ambiente (punto 6). La stessa disciplina della relativa verbalizzazione (punto 6.4.) impone il riferimento ad elementi essenziali del controllo (e, dunque, fra l'altro, firma di chi lo ha eseguito, indicazione dei rappresentanti dell'impresa presenti, osservazioni) e, pertanto, e conseguenza necessaria delle disposizioni relative al controllo medesimo.

Non é estranea al potere di indirizzo e coordinamento in materia di autorizzazioni (art. 4, lett. f, del d.P.R. n. 915 del 1982), secondo quanto si e accennato, la disciplina dettata con l'atto impugnato nella parte in cui si limita a garantire le competenze di tutte le Regioni interessate per la ipotesi che il medesimo soggetto intenda svolgere questa attività in diversi luoghi o che l'attività coinvolga il territorio di più Regioni, ed a salvaguardare gli enti minori, prevedendo la comunicazione, per conoscenza, ai Comuni ed alle Province interessate delle domande relative (punto 5.1.1.; 5.2., secondo comma). Analogamente va detto per quanto concerne, nell'ambito della disciplina anzidetta, la previsione, peraltro senza ulteriori specificazioni, di garanzie idonee ad assicurare la copertura dei costi del servizio cui subordinare l'autorizzazione (punto 5.3.1, lett. f; 5.3.5.).

La determinazione dell'efficacia temporale dell'atto con riguardo alle attività, agli impianti e alle attrezzature, nonchè ai trasferimenti e alle modifiche rilevanti per la salute e/o l'ambiente posti in essere in epoca successiva (punto 7, primo comma) e con riguardo agli impianti esistenti (punto 7, secondo comma, n. 1) non innova rispetto alla disciplina di cui agli artt. 31 e 33 del d.P.R. n. 915 del 1982.

E' vero che l'art. 33, terzo comma, prevede che le Regioni stabiliscano il termine entro cui gli impianti e le attrezzature esistenti debbono adeguarsi alle disposizioni del detto d.P.R. n. 915 del 1982, dopo aver esercitato le loro competenze di normazione integrativa, in stretta consecutio rispetto alle disposizioni dell'atto di indirizzo e coordinamento da emanare (art. 33, commi primo e secondo); tuttavia l'art. 31 impone ai gestori degli impianti in atto di chiedere autorizzazione provvisoria che potrà essere accordata solo previo riscontro dell'osservanza delle disposizioni del d.P.R. n. 915 del 1982 immediatamente applicabili (art. 31, quinto comma).

Il d.P.R. n. 915 del 1982 e, dunque, immediatamente efficace per le disposizioni di esso idonee, appunto, ad immediata applicazione. E tali debbono ritenersi non solo quelle già complete di tutti gli elementi prescrittivi, ma anche quelle che vengono ad essere completate per effetto delle indicazioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento.

Spetta, invece, alla Regione determinare i tempi di applicazione di quelle disposizioni del d.P.R. n. 915 del 1982 non complete di tutti gli elementi prescrittivi e non completate per effetto di indicazioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento, ma che dovranno essere integrate con norme di legge regionale.

Non é allora ravvisabile un contrasto fra quanto dispone il punto 7 dell'atto di indirizzo e coordinamento e quanto dispone la normativa transitoria del d.P.R. n. 915 del 1982.

Per quanto riguarda gli impianti futuri, saranno applicabili immediatamente solo quelle disposizioni del d.P.R. n. 915 del 1982 già complete di tutti i necessari elementi prescrittivi o completate in conseguenza di indicazioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento, non potendo avere efficacia precettiva immediata, al di là di espresse norme in proposito e per sua stessa natura, una disciplina che sia di principio od indicativa di criteri, qual é quella che, in larga misura, é contenuta nell'atto di indirizzo e coordinamento impugnato.

Per quanto concerne gli impianti esistenti, l'immediata precettivita di quanto dispongono i punti 1.2. ed 1.3. dell'atto di indirizzo e coordinamento si collega, come accennato, al l'avvenuta integrazione, ad opera delle indicazioni contenute in tali parti dell'atto medesimo, delle prescrizioni del d.P.R. n. 915 del 1982 sui rifiuti tossici e nocivi e sui rifiuti pericolosi.

Il preannunzio di successiva deliberazione del Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 915 del 1982 relativamente ai criteri da adottare nel rilevamento dati in ordine alla produzione ed allo smaltimento dei rifiuti (par. 8), essendo privo, come ammette la medesima regione ricorrente, di contenuto dispositivo attuale, non e idoneo a ledere le competenze regionali.

8.- Le prescrizioni dell'atto di indirizzo e coordinamento impugnato riconosciute rientranti nei poteri del Comitato non sono, d'altra parte, eccessivamente dettagliate o tali da annullare le competenze della Regione, giacché si limitano a stabilire criteri generali e minimali.

L'elenco, infatti, di cui al punto 1.1.1. sui rifiuti assimilabili ha carattere, testualmente, esemplificativo; l'elenco di cui al punto 1.3. (rifiuti pericolosi) ha, come e stato osservato, carattere provvisorio (<ai fini della prima attuazione>); la disciplina della raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, ospedalieri, tossici e nocivi si compone di un insieme di criteri piuttosto elastici ed aperti, come quelli relativi ai contenitori, alla dispersione dei rifiuti, largamente determinati da previsioni legislative e pur sempre minimali.

Contrariamente a quanto asserito nel ricorso non é prescritta né la forma né il colore di questi contenitori ma solo che, per il colore o per altra caratteristica, siano facilmente distinguibili (punto 2.2.).

La disciplina dei processi di incenerimento contiene ampi rinvii alla normativa vigente e fa salve espressamente ulteriori e più rigorose prescrizioni regionali sicché ha carattere largamente minimale. E del pari si limita a fissare requisiti minimi inderogabili la disciplina del compostaggio (punto 3).

Neppure esaustiva della competenza legislativa regionale e la disciplina delle discariche, che si limita ad esigere distanze di sicurezza dai centri abitati, dalle falde acquifere, cautele per evitare l'inquinamento ed ulteriori requisiti minimali di sicurezza (punto 4.2. ss.).

Naturalmente - salva l'adozione di misure equivalenti nel senso suindicato da parte della legge regionale - le regioni hanno comunque il potere - come é espressamente riconosciuto nell'atto impugnato-di emanare precetti più rigorosi di quelli che l'atto stesso pone al fine di prescrivere requisiti minimi inderogabili a tutela della salute e dell'ambiente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara cessata la materia del contendere per quel che concerne il punto 0.3., terzo comma, della delibera del Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, in data 27 luglio 1984, nella parte in cui prescrive che <In caso di inottemperanza da parte della regione, provvede all'uopo il Commissario del Governo>;

dichiara che non spetta allo Stato disciplinare, con la deliberazione del Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 915 del 1982, in data 27 luglio 1984, il momento organizzativo dell'azione amministrativa regionale, in tema di autorizzazione per lo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, prevedendo il parere congiunto dell'Istituto superiore della sanità, dell'Istituto per la sicurezza del lavoro e dell'Istituto di ricerca sulle acque del C.N.R. sui progetti di discarica di terza categoria e, per l'effetto, annulla il punto 5.2., terzo comma, di tale atto;

dichiara che non spetta allo Stato disciplinare, con il detto atto, il momento procedimentale delle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi e, per l'effetto, annulla i punti 5.1.2., 5.2., primo comma, 5.3.1., salva la prescrizione di cui alla lettera f); 5.3.2.; 5.3.3.; 5.3.4.; 5.3.6. dell'atto medesimo;

rigetta per il resto il ricorso per conflitto di attribuzioni proposto dalla Regione Lombardia con l'atto indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/06/88.

 

Francesco SAJA - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 30/06/88.