Sentenza n. 727 del 1988

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N.727

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12 (Norme per l'assegnazione, la gestione, la revoca e la disciplina dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 2, secondo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione dei criteri generali emanati dal C.I.P.E. con deliberazione del 19 novembre 1981), promosso con ordinanza emessa il 14 febbraio 1986 dal Pretore di Parma nel procedimento civile vertente tra Rainieri Enzo e il Comune di Parma ed altro, iscritta al n. 486 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39/1a serie speciale dell'anno 1986.

Visti gli atti di costituzione del Comune di Parma e della Regione Emilia-Romagna;

udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi l'avv. Alberto Predieri per il Comune di Parma e l'avv. Adriano Giuffré per la Regione Emilia Romagna.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Pretore di Parma dubita della legittimità costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12 (Norme per l'assegnazione, la gestione, la revoca e la disciplina dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 2, comma secondo, della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione dei criteri generali emanati dal C.I.P.E. con deliberazione del 19 novembre 1981) nel suo complesso e dell'art. 23 della legge medesima, in riferimento agli artt. 108 e 117 Cost.

Nel giudizio di opposizione promosso, con ricorso depositato il 18 giugno 1984, innanzi ad esso Pretore, ai sensi dell'art. 11, comma tredicesimo, del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, avverso provvedimento di revoca di assegnazione di alloggio popolare adottato il 13 aprile 1983 dalla Giunta municipale ex art. 17, lett. b), del suindicato d.P.R. per avere l'assegnatario abbandonato l'alloggio, l'opposto Comune di Parma aveva infatti eccepito il difetto di giurisdizione del Pretore, derivante dall'omesso richiamo, nell'art. 17 del d.P.R. n. 1035 del 1972 (concernente le cause di revoca dell'assegnazione), dell'art. 11, comma tredicesimo, dello stesso d.P.R. (concernente il rimedio dell'opposizione avverso i provvedimenti di decadenza dall'assegnazione).

Il giudice a quo ha rilevato che, nella specie, é applicabile la legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12, la quale, nel dettare norme per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, dispone, all'art. 23, comma quarto, che e proponibile l'opposizione avanti al Pretore, ai sensi dell'art. 11, comma tredicesimo e segg., del d.P.R. n. 1035 del 1972, avverso i provvedimenti di decadenza dall'assegnazione, e ricomprende tra questi (al comma primo, lett. b, dello stesso articolo) la mancata stabile abitazione nell'alloggio, la quale configura invece, ex art. 17, lett. b), del d.P.R. n. 1035 del 1972, ipotesi di revoca.

Ha conseguentemente sollevato le seguenti questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 23 della legge della Regione Emilia-Romagna n. 12 del 1984, in quanto, qualificando come ipotesi di decadenza dall'assegnazione di alloggio popolare fattispecie configurate dal d.P.R. n. 1035 del 1972 come ipotesi di revoca, e disponendo che avverso i provvedimenti adottati nelle suindicate ipotesi sia esperibile l'opposizione al Pretore di cui all'art. 11, comma tredicesimo, del d.P.R. n. 1035 del 1972, sarebbe in contrasto con gli artt. 108 e 117 Cost., che riservano allo Stato la disciplina della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi; b) dell'intera suindicata legge regionale n. 12 del 1984 per contrasto con l'art. 117 Cost., in quanto la Regione avrebbe legiferato in una materia - assegnazione e revoca di alloggi di edilizia residenziale pubblica - per la quale non ha competenza legislativa.

2. - Osserva la Corte che la questione sub b), nonostante la sua ampia formulazione, finisce con l'investire - secondo la precisazione contenuta nella parte motiva dell'ordinanza di rimessione ed in relazione al limite oggettivo della sua rilevanza - esclusivamente l'art. 23, comma primo, lett. b), della legge della Regione Emilia-Romagna n. 12 del 1984, in quanto <ha disciplinato come decadenza comportamenti (dell'assegnatario) già regolati diversamente dalla legge dello Stato>.

La questione, in tal modo individuata, non é fondata.

Occorre infatti considerare che, nella materia dell'edilizia residenziale pubblica, l'art. 88, n. 13, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, attribuisce allo Stato soltanto <la determinazione dei criteri per le assegnazioni di alloggi e per la fissazione dei canoni>, mentre l'art. 93 dello stesso d.P.R. dispone un ampio trasferimento alle regioni delle funzioni di programmazione e di gestione (comma primo, concernente la programmazione, la localizzazione, la realizzazione e la gestione degli interventi, le funzioni connesse alle procedure di finanziamento), nonché di organizzazione del servizio della casa (comma secondo, relativo alla riorganizzazione degli I.A.C.P.).

La successiva legge n. 457 del 1978, all'art. 2, comma secondo, ha ulteriormente specificato l'ambito della competenza statale, attribuendo al C.I.P.E. la determinazione dei <criteri generali> per le assegnazioni e la fissazione dei canoni, nel mentre ha ancora arricchito la sfera della competenza regionale in materia con l'art. 4, in base al quale spetta, fra l'altro, alle regioni: individuare il fabbisogno abitativo nel territorio regionale (lett. a); formare programmi quadriennali e progetti biennali di intervento per l'utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili (lett. b); ripartire e coordinare gli interventi per ambiti territoriali (lett. c); formare e gestire l'anagrafe degli assegnatari (lett. f); disporre la concessione dei contributi pubblici (lett. l); esercitare il controllo sui soggetti incaricati della realizzazione dei programmi (lett. m).

Ne deriva che, al di fuori della formulazione dei <criteri generali> da osservare nelle assegnazioni, e attribuita alle regioni la più ampia potestà legislativa nella materia, e quindi la disciplina attinente alle assegnazioni e alle successive vicende dei relativi rapporti.

E tale potestà, del resto, risulta largamente esercitata dalle regioni (cfr. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 1 settembre 1982, n. 75; legge prov. Trento 6 giugno 1983, n. 16; legge reg. Toscana 14 dicembre 1983, n. 78; legge reg. Puglia 20 dicembre 1984, n. 54).

Pertanto, non può ritenersi esorbitante dalla competenza della Regione Emilia-Romagna l'aver disciplinato, all'art. 23, lett. b), della legge impugnata, tra le ipotesi di decadenza, il difetto di stabile abitazione, da parte dell'assegnatario, nell'alloggio trattandosi, appunto, di disciplina specifica di una vicenda (la decadenza) dell'assegnazione.

Senza dire che, così disponendo, la legge regionale non si e neppure discostata - come invece ritiene il giudice a quo - dalla normativa statale, dal momento che il C.I.P.E., con deliberazione 19 novembre 1981, adottata ai sensi dell'art. 2, comma secondo, della legge n. 457/1978, ha previsto, al punto 14, lett. b), che <si verifica la decadenza dall'assegnazione nel caso in cui l'assegnatario <non abiti stabilmente nell'alloggio occupato>.

3. - E' per converso fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma quarto, della legge impugnata.

Tale norma prevede che <contro il provvedimento del sindaco> (che dispone la decadenza dall'assegnazione nelle ipotesi definite dal precedente comma primo) <si applica la procedura prevista dagli ultimi tre commi dell'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035>, e cioè l'opposizione al Pretore.

In tal modo la legge regionale ha peraltro preteso di dettare norme in tema di tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti di decadenza dall'assegnazione, così illegittimamente interferendo nella materia giurisdizionale, che l'art. 108 Cost. riserva alla legge dello Stato (cfr. sentt. di questa Corte nn. 81/1976; 72/1977; 43/1982; 203/1987; 615/1987).

Né la violazione dell'art. 108 Cost. é esclusa dall'avere la legge regionale richiamato la normativa processuale statale, in quanto anche la mera riproduzione delle norme statali comporta, in base alla giurisprudenza di questa Corte, una indebita novazione della fonte (sentt. nn. 128/1963; 203/1987; 615/1987).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma quarto, della legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12 (Norme per l'assegnazione, la gestione, la revoca e la disciplina dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 2, secondo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione dei criteri generali emanati dal C.I.P.E. con deliberazione del 19 novembre 1981);

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma primo, lett. b), della suddetta legge regionale n. 12 del 1984, come proposta, in riferimento all'art. 117 Cost., dal Pretore di Parma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/06/88.

 

Francesco SAJA - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 30/06/88.