Sentenza n. 691 del 1988

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SENTENZA N.691

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, quinto comma, e 3, primo comma, della legge della Provincia di Bolzano approvata il 19 marzo 1986 e riapprovata il 17 ottobre 1986, avente per oggetto: <Modifiche alla legge provinciale 17 novembre 1981, n. 30, concernente la formazione professionale degli apprendisti>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 13 novembre 1986, depositato in cancelleria il 24 novembre successivo ed iscritto al n. 28 del registro ricorsi 1986.

Visto l'atto di costituzione della Provincia di Bolzano;

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e l'avv. Sergio Panunzio per la Provincia.

 

Considerato in diritto

 

1. - Contrariamente a quanto sostiene la difesa della Provincia di Bolzano, il provvedimento di rinvio, in data 24 aprile 1986, della legge provinciale approvata il 19 marzo 1986, in materia di formazione professionale degli apprendisti, censura l'art. 1, quinto comma, non per <asserita violazione del limite massimo di cinque anni di durata dell'apprendistato stabilito dall'art. 7 della legge (statale) 19 gennaio 1955 n. 25>, bensì in quanto <non rispetta - attesa la competenza concorrente della Provincia - il principio di cui all'art. 7 della legge n. 25 del 1955, che demanda alla contrattazione collettiva la durata dell'apprendistato entro il limite massimo di cinque anni>. Vi é dunque sostanziale corrispondenza tra il motivo prospettato nel rinvio governativo della legge al Consiglio provinciale e il motivo svolto nel ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, nella parte in cui impugna l'art. 5, quinto comma, della legge riapprovata il 17 ottobre 1986, in quanto autorizza la Giunta Provinciale, in mancanza di accordo tra le organizzazioni sindacali più rappresentative, a fissare con norma regolamentare una durata massima del rapporto di apprendistato inferiore al li mite legale di cinque anni.

In questa misura il primo capo dell'impugnativa é ammissibile e va disattesa la contraria eccezione avanzata dalla resistente.

2. - Sotto tale profilo il ricorso é fondato.

La norma impugnata viola due principi dell'ordinamento dello Stato, che devono essere rispettati dalla competenza legislativa concorrente della Provincia di Bolzano in materia di apprendistato.

In primo luogo viola il principio generale che esclude ogni competenza legislativa delle regioni e delle province autonome in materia di disciplina dei rapporti giuridici privati (salva la specialissima eccezione ammessa per la Provincia di Bolzano in tema di ordinamento dei masi chiusi). Il termine massimo dell'apprendistato e un elemento integrante del regolamento contrattuale di questo rapporto speciale di lavoro: alla sua scadenza, in difetto di disdetta da parte del datore di lavoro, l'art. 19 della legge n. 25 collega l'effetto della trasformazione automatica del rapporto di apprendistato in rapporto di lavoro definitivo (a tempo indeterminato).

Perciò anche la fissazione di un termine massimo inferiore a quello stabilito dalla legge nazionale e esclusa dalla competenza legislativa della Provincia di Bolzano in questa materia (art. 9 n. 4 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti il Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. n. 670 del 1972) e dalle corrispondenti attribuzioni amministrative (artt. 1 e 2 delle norme di attuazione approvate con d.P.R. n. 471 del 1975): tale competenza e tali attribuzioni riguardano esclusivamente i profili pubblicistici del rapporto.

In secondo luogo la norma impugnata viola un principio specifico stabilito dalla legge n. 25 del 1955. L'art. 7 dispone una <riserva di contrattazione collettiva (di categoria)> per la fissazione di una durata massima dell'apprendistato inferiore a quella legale di cinque anni. La norma e un'applicazione del principio generale che riserva alla contrattazione collettiva la competenza a <derogare in melius> ai minimi legali di tutela dei lavoratori. Nessun'altra fonte normativa, e tanto meno un regolamento amministrativo, può surrogarsi all'autonomia professionale in tale funzione.

Ciò si comprende agevolmente ove si rifletta che i detti minimi sono determinati dalla legge mediante un bilanciamento degli opposti interessi dei prestatori e dei datori di lavoro, così che essi non possono essere modificati in senso più favorevole ai primi se non con l'accordo dei secondi.

Pertanto, se per una categoria professionale le organizzazioni sindacali più rappresentative non raggiungono un accordo per ridurre la durata massima dell'apprendistato, questa rimane fissata in cinque anni a norma dell'art. 7 della legge n. 25.

A tale ipotesi si equipara praticamente quella, pure prevista dalla norma impugnata, ma del tutto improbabile, in cui sia stipulato un contratto collettivo che determini una durata massima del rapporto superiore a quella legale, richiamata nel secondo comma dell'art. 1 della legge sotto esame.

Una simile clausola collettiva sarebbe nulla e automaticamente sostituita, in virtù dell'art. 1339 cod. civ., dalla clausola legale di cui all'art. 7 della legge n. 25, onde neppure in tal caso potrebbe legittimamente intervenire una norma regolamentare della Giunta provinciale.

Si aggiunga che la previsione di un previo tentativo di conciliazione delle parti sociali, da esperirsi dall'Assessore provinciale competente in materia, dimostra come il potere regolamentare attribuito dalla norma censurata alla Giunta provinciale sia sostanzialmente destinato a una funzione di arbitrato pubblico obbligatorio di un conflitto collettivo.

Sotto questo aspetto la norma urta direttamente contro la garanzia dell'autonomia collettiva implicita nell'art. 39, primo comma, Cost.

3. - Legittimamente invece, in applicazione dell'art. 2 lett. a) del d.P.R. 471 del 1975, l'altra norma denunziata, cioè l'art. 3, primo comma, prevede l'autorizzazione del competente organo provinciale (Ufficio apprendistato) in luogo dell'autorizzazione dell'Ispettorato provinciale del lavoro prescritta dall'art. 2, secondo comma, della legge n. 25 del 1955, modificata dalla legge n. 424 del 1968. Comunque l'art. 3 e stato riprodotto integralmente nell'art. 2 della successiva legge provinciale 7 agosto 1987 n. 19, pubblicata nel B.U. della Regione Trentino-Alto Adige n. 38 del 25 agosto 1987. E venuta meno pertanto la materia del contendere.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, quinto comma, della legge della Provincia Autonoma di Bolzano, recante <Modifiche alla legge provinciale 17 novembre 1981 n. 30, concernente la formazione professionale degli apprendisti>, approvata dal Consiglio provinciale il 19 marzo 1986 e riapprovata il 17 ottobre 1986, nella parte in cui autorizza la Giunta provinciale, in mancanza di accordo tra le organizzazioni sindacali provinciali più rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro, a disciplinare con regolamento la durata dell'apprendistato entro il limite massimo previsto dalla legislazione statale;

dichiara cessata la materia del contendere per quanto attiene all'impugnativa dell'art. 3, primo comma, della legge medesima, proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri col ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA - Luigi MENGONI

 

Depositata in cancelleria il 23/06/88.