Ordinanza n. 659 del 1988

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ORDINANZA N.659

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 14 del d.l. C.P.S. 15 settembre 1947, n. 896 (Nuove disposizioni per la disciplina dei prezzi), promosso con ordinanza emessa il 20 aprile 1984 dal Pretore di Sestri Ponente nei procedimenti penali riuniti a carico di Tosetti Enrico ed altri, iscritta al n. 1020 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale avente ad oggetto l'accertamento del reato di cui all'art. 14 D. Lgs. C.P.S. 15 settembre 1947 n. 896, che prevede sanzioni penali per l'inosservanza dei prezzi imposti dal C.I.P., il Pretore di Sestri Ponente, con ordinanza in data 20 aprile 1984, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della predetta norma incriminatrice, con riferimento agli artt. 25, comma secondo e 41, comma terzo, Cost.;

che la disposizione impugnata - contenendo una norma penale in bianco - viene censurata nella parte in cui affida il contenuto del suo precetto ad un sistema normativo che lascia alla completa discrezionalità dell'amministrazione la scelta dei beni da sottoporre a calmiere, la determinazione del prezzo e la stessa competenza all'emanazione dei provvedimenti, (di volta in volta ripartita fra Comitato interministeriale prezzi, Comitati provinciali e Comitato interministeriale per la programmazione economica) ponendosi così in contrasto con il principio della riserva di legge in materia penale e della stessa legalità della pena di cui all'art. 25 comma secondo, Cost.;

che un ulteriore motivo di illegittimità costituzionale viene ravvisato nella circostanza che l'attuale sistema di controllo dei prezzi, non prevedendo lo strumento legislativo per un efficace rilevamento dei costi e la conseguente fissazione dei prezzi da imporre, violerebbe la riserva di legge prevista dall'art. 41, comma terzo, Cost. in materia di programmi e controlli opportuni per indirizzare e coordinare a fini sociali l'attività economica privata;

che non si sono costituite le parti, mentre ha spiegato intervento l'Avvocatura Generale dello Stato chiedendo che la questione venga dichiarata infondata.

Considerato che, in relazione al primo profilo di illegittimità costituzionale, con cui si lamenta la mancata prefissazione di criteri per l'esercizio del potere discrezionale del C.I.P., questa Corte, con la sentenza n. 103 del 1957, ha già rilevato che il potere di tale comitato e dei comitati provinciali prezzi <lungi dall'essere illimitato si da sconfinare in una valutazione di fattori riservata al legislatore ... e collegato a elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito>, consistenti nella qualità tecnica degli organi consultivi e deliberativi preposti alla disciplina dei prezzi (art. 2 d.l.l. 19 ottobre 1944 n. 347 e artt. 2 e 5 d.l.l. n. 363 del 1946), nella possibilità di avvalersi di un servizio ispettivo (art. 13 d.l. n. 896 del 1947) e di esperti (art. 3 d.l.l. n. 347 del 1944), nonché nel fatto che alla fissazione dei prezzi si perviene sulla scorta dei dati elaborati dall'Istituto Centrale di Statistica (art. 8 d.l.l. n. 347 del 1944), dopo un'istruttoria per accertare i costi di produzione, le condizioni del mercato e i fattori che comunque possono operare sulla determinazione dei prezzi (art. 2 d.l.l. n. 363 del 1946);

che tali concetti sono stati ribaditi da questa Corte nella pronuncia n. 79 del 1984 nella quale si é espressamente osservato che nel corso dell'istruttoria amministrativa <l'accertamento del costo delle merci viene compiuto da apposite commissioni, di cui fanno parte le stesse categorie interessate, non in maniera simbolica ma con precisi poteri consultivi e deliberanti, tanto che le deliberazioni adottate dai comitati prezzi, essendo ancorate a precisi elementi tecnici, non sono sfornite di garanzie giurisdizionali, potendosi ricorrere contro di esse davanti al giudice amministrativo> e che <anche in sede ordinaria il giudice penale, chiamato ad applicare le norme impugnate, non incontra alcun ostacolo al pieno esercizio del suo potere di controllo giurisdizionale di legittimità sui provvedimenti, la cui violazione viene contestata all'imputato>;

che, anche in relazione alla scelta del bene da sottoporre a calmiere e all'individuazione dell'organo competente all'emanazione del provvedimento, il sistema non appare privo di criteri idonei a delimitare l'esercizio del potere amministrativo dovendosi, nel primo caso, far riferimento alla potestà di indirizzo - peraltro <insuscettibile di preventiva regolamentazione> in quanto collegata <alle non prevedibili contingenze della mutevole situazione economica> (sent. n. 103 del 1957) - che, nell'individuazione dei settori di intervento e attribuita al C.I.P.E. e, nel secondo, alle norme contenute nei dd.ll.lgt nn. 347 del 1944 e 363 del 1946, nel d.l.C.P.S. n. 896 del 1947, e nell'art. 52 del d.P.R. n. 616 del 1977, che ripartiscono a livello centrale e locale la competenza tra C.I.P. e Comitati provinciali;

che, pertanto, risultando sufficientemente determinati i presupposti, il contenuto ed i limiti dei provvedimenti dell'autorità amministrativa alla cui trasgressione e collegata la sanzione penale, il principio di legalità della pena deve ritenersi osservato e la questione appare dunque manifestamente infondata;

che ad identica conclusione deve pervenirsi anche in relazione al secondo profilo di illegittimità concernente la pretesa violazione dell'art. 41, comma terzo, Cost., in quanto, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, <dalla legislazione sulla disciplina dei prezzi esula ... ogni intento di attribuire ai Comitati - prezzi funzioni di carattere dirigistico considerate dal detto comma terzo> dell'art. 41 Cost. (sent. n. 103 del 1957).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14 D.Lgs. C.P.S. 15 settembre 1947 n. 896, sollevata, in riferimento agli artt. 25, comma secondo e 41, comma terzo, Cost., dal Pretore di Sestri Ponente con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 16/06/88.