Ordinanza n.541 del 1988

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ORDINANZA N.541

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente,

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 92 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 28 gennaio 1976 dal Tribunale amministrativo della Toscana, iscritta al n. 858 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 354 dell'anno 1984.

Visti gli atti di costituzione di Ravenna Aurelio e del Ministero dell'Interno nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1988 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto che il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, con ordinanza 28 gennaio 1976, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 92 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), a norma del quale l'impiegato, per ordine del Ministro, può essere sospeso dal servizio per gravi motivi anche prima che sia esaurito o iniziato il procedimento disciplinare, percependo, in tal caso, un assegno alimentare in misura non superiore alla meta dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia;

che la questione é stata sollevata sotto il profilo del contrasto: con gli artt. 25, secondo comma, e 27, secondo comma, Cost., per violazione dei principi nullum crimen sine lege e della presunzione di innocenza dell'imputato; con gli artt. 21 e 24 Cost., in quanto la genericità delle fattispecie, oggetto di procedimento disciplinare (e quindi di sospensione cautelare) potrebbe portare a compressione della libertà di espressione del pensiero e del diritto di difesa; con gli artt. 24 e 3 Cost., per essere il potere di sospensione attribuito al Ministro anzichè alla Commissione di disciplina, la quale garantirebbe maggiore imparzialità e migliore e più obiettiva valutazione dei fatti;

con l'art. 24 Cost. per la compressione che subirebbe il diritto di difesa dell'impiegato, data la assoluta discrezionalità e la incontrollabilità del potere di sospensione; con gli artt. 3 e 36 Cost. in quanto la misura dell'assegno alimentare inciderebbe gravemente sui mezzi di sussistenza dell'impiegato;

considerato che il potere di sospensione attribuito al ministro concreta una potestà discrezionale e l'attribuzione di essa al suddetto organo, anzichè alla commissione disciplinare, concreta una scelta legislativa che non e idonea a ledere il diritto di difesa del dipendente, che, se mai, può trovare la sede idonea di tutela nell'ambito del procedimento disciplinare, considerato nella sua integralità (cfr. sent. 3 maggio 1988, n. 239) e non nei confronti dell'atto ministeriale che può esplicarsi anche prima che tale procedimento sia iniziato;

che gli artt. 25 e 27 Cost. concernono la materia penale, la quale per il suo contenuto e per le sue conseguenze é oggettivamente diversa da quella disciplinare (cfr. sentenze 8 giugno 1981, n. 100 e 11 aprile 1969, n. 78);

che il precetto costituzionale posto dall'art. 36 Cost. ha riferimento alla tutela del lavoro e non anche alle particolari situazioni nelle quali venga a mancare l'applicazione del principio di corrispettività fra le prestazioni delle parti, come nel caso di sospensione della prestazione lavorativa, in seguito a sospensione cautelare;

che per i profili concernenti l'art. 3 Cost. manca nell'ordinanza di rimessione l'indicazione del tertium comparationis, mentre il richiamo all'art. 21 Cost. appare manifestamente inconferente.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 92 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), sollevata dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana, con ordinanza 28 gennaio 1976 (n. 858 del R.O. 1984), in riferimento agli artt. 3, 21, 24, 25, secondo comma, 27, secondo comma, e 36 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/05/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Gabriele PESCATORE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 12 Maggio 1988.