Sentenza n.498 del 1988

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SENTENZA N.498

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Parità di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 7 ottobre 1981 dal Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Cogo Livia e la s.r.l. C.M.P., iscritta al n. 138 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 206 dell'anno 1982;

2) ordinanza emessa il 26 ottobre 1983 dal Tribunale di Pisa nel procedimento civile vertente tra la s.p.a. Conceria Nuti Ivo e Cenci Maria, iscritta al n. 163 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 dell'anno 1984;

3) ordinanza emessa il 2 aprile 1985 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Barreca Giovanna contro l'Unione del Commercio e del Turismo della provincia di Firenze, iscritta al n. 153 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30/1a s.s. dell'anno 1986;

4) ordinanza emessa il 24 ottobre 1986 dal Tribunale di Monza nel procedimento civile vertente tra Scafuri Giovanna e la s.p.a. PRODEL, iscritta al n. 52 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13/1 a S.S. dell'anno 1987;

5) ordinanza emessa il 4 febbraio 1987 dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra la s.p.a. R.A.S. e Malatesta Adriana, iscritta al n. 194 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22/1a s.s. dell'anno 1987.

Visti gli atti di costituzione di Cenci Maria, dell'Unione del Commercio e del Turismo della provincia di Firenze, della s.p.a. R.A.S. e di Malatesta Adriana nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1988 il Giudice relatore Francesco Greco;

uditi gli avvocati Giorgio Bellotti per Cenci Maria, Michele Giorgianni per la s.p.a. R.A.S. e Luciano Crugnola per Malatesta Adriana e l'Avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1.-I cinque giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza in quanto prospettano questioni in parte identiche ed in parte connesse.

Il Pretore di Milano (R.O. n. 138/82) e i Tribunali di Monza (R.O. n. 52/87), di Pisa (R.O. n. 163/84) e di Milano (R.O. n. 194/87), dubitano della legittimità costituzionale del l'art. 4 della legge 9 dicembre 1977 n. 903 nella parte in cui, per le lavoratrici, subordina la prosecuzione del rapporto di lavoro tra il cinquantesimo ed il sessantesimo anno di età, con le garanzie di stabilita previste dalla legge, all'esercizio, da parte loro, di un'opzione in tal senso, da farsi tre mesi prima della data del perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia. Nè risulterebbero violati gli artt. 3 e 37 Cost. in quanto le suddette avrebbero un trattamento deteriore rispetto ai lavoratori, per i quali non sussiste alcun onere, nonchè rispetto alle stesse lavoratrici in servizio alla data di entrata in vigore della legge, sebbene in possesso dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia, esonerate dal suddetto onere.

l.1 - La Corte di cassazione (R.O. n. 153/86) dubita della legittimità costituzionale del secondo comma dello stesso articolo nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'onere dell'opzione anche per le lavoratrici le quali, licenziate per raggiunti limiti di età prima della entrata in vigore della legge, abbiano impugnato il licenziamento prima di detto momento, rivendicando il loro diritto di proseguire l'attività lavorativa fino agli stessi limiti di eta previsti per l'uomo. A parere della remittente risulterebbero violati gli artt. 3, 4 e 37 Cost. in quanto vi sarebbe disparità di trattamento tra il caso disciplinato dalla norma e il caso sottoesposto al suo esame, ad esso sostanzialmente assimilabile, per la eventualità di una successiva declaratoria di nullità del licenziamento ne deriverebbe anche una discriminazione del lavoro femminile rispetto a quello maschile di per se non soggetto ad alcun onere nonchè una compressione dello stesso diritto al lavoro.

2.-E' preliminare l'esame della eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dell'Unione del Commercio e del Turismo della provincia di Firenze, nel giudizio di cui all'ordinanza della Corte di Cassazione (R.O. n. 153/86).

Si sostiene la irrilevanza della questione in quanto la lavoratrice licenziata per il raggiunto limite di età di cinquantacinque anni, senza avere formulato l'opzione di cui alla norma censurata, ha ottenuto dal giudice di merito solo il riconosci mento del diritto al risarcimento dei danni mentre era stata esclusa la tutela reale del posto di lavoro e sul punto si sarebbe formato giudicato.

L'eccezione non può essere accolta.

Anche a seguire l'assunto della deducente, in punto di fatto si osserva che indubbiamente la durata del rapporto di lavoro influisce anche nella determinazione dell'ammontare dei danni, il quale é ad essa ragguagliato.

L'eccezione va, pertanto, disattesa.

3. - La questione é fondata.

L'art. 4 della legge n. 903 del 1977, ora censurato, attribuisce alla donna lavoratrice, nonostante che sia in possesso dei requisiti per avere diritto alla pensione di vecchiaia, la possibilità di continuare a prestare la sua opera negli stessi limiti di durata del rapporto di lavoro prevista per l'uomo lavoratore da disposizioni legislative regolamentari, contrattuali.

Ma per la sola donna richiede un'opzione in tal senso é la sua comunicazione al datore di lavoro, da farsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto alla pensione oppure entro la data in cui maturano i suddetti requisiti nel caso in cui ciò avvenga entro i tre mesi successivi alla entrata in vigore della legge in esame.

E' esonerata dalla comunicazione solo la lavoratrice che, alla data di entrata in vigore della legge, abbia continuato a lavorare pur avendo maturato i requisiti per avere la pensione di vecchiaia.

E' evidente che la lavoratrice, rispetto al lavoratore, ha avuto un trattamento diverso che non ha alcuna ragionevole giustificazione proprio per i principi affermati più volte da questa Corte sulla parità uomo-donna in materia di lavoro e, in particolare, per quelli posti a fondamento della sentenza n. 137 del 1986. Si é ritenuto che l'evoluzione delle situazioni verificatesi nel campo del lavoro, specie a seguito dell'introduzione di nuovi mezzi e di nuove tecniche, della previdenza, dell'assistenza, nonchè nel campo del diritto di famiglia per effetto della riforma di cui alla legge 19 maggio 1975, n. 151, con l'attuazione della parità dei coniugi in seno alla famiglia, nell'assistenza, nella cura e nell'educazione dei figli, ha fatto venir meno le ragioni giustificatrici della differenza di trattamento della donna lavoratrice rispetto all'uomo lavoratore ai fini della stabilita del rapporto di lavoro.

3.1-Con la suddetta sentenza, dichiarandosi la illegittimità costituzionale dell'art. 11 della legge n. 604 del 1966, che prevedeva la possibilità di licenziamento ad nutum della donna al cinquantacinquesimo anno di età e non al sessantesimo, come per l'uomo, si e sancito il diritto della prima alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino alla stessa età prevista per l'uomo e le si é, correlativamente, assicurata la stabilita nel posto di lavoro fino a tale età.

Il riferimento alle norme sul pensionamento anticipato per vecchiaia della donna (55 anni) rispetto all'uomo (60 anni) ivi contenuto é meramente incidentale; la statuizione precettiva e la rilevanza innovativa nell'ordinamento giuridico hanno riguardato, in base alle ordinanze dei giudici a quibus, solo l'<età lavorativa> della donna al compimento del sessantesimo anno e non la postergazione dell'età pensionistica, la quale per la donna e rimasta ferma al cinquantacinquesimo anno.

3.2-Ora, nella fattispecie, siccome la richiesta opzione discrimina la donna rispetto all'uomo per quanto riguarda l'età massima di durata del rapporto di lavoro stabilita da leggi, regolamenti e contratti, e, quindi, la protrazione del rapporto, sussiste la violazione dell'art. 3 Cost., non avendo la detta opzione alcuna ragionevole giustificazione, e dell'art. 37 Cost., risultando leso il principio della parità uomo-donna in materia di lavoro, e va, quindi, dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui prevede l'opzione.

Si ribadisce così che l'età lavorativa deve essere eguale per la donna e per l'uomo, mentre rimane fermo il diritto della donna a conseguire la pensione di vecchiaia al cinquantacinquesimo anno di età, onde poter soddisfare esigenze peculiari della donna medesima, il che non contrasta con il fondamentale principio di parità, il quale non esclude speciali profili, dettati dalla stessa posizione della lavoratrice, che meritano una particolare regolamentazione.

La protrazione della durata del rapporto di lavoro, cioé dell'età lavorativa, consente anche alla donna lavoratrice di conseguire i relativi vantaggi, come, ad esempio, gli aumenti retributivi e i conseguenti aumenti di pensione.

Resta assorbita la dedotta violazione dell'art. 4 Cost.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, nella parte in cui subordina il diritto delle lavoratrici, in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia, di continuare a prestare la loro opera fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali, all'esercizio di un'opzione in tal senso, da comunicare al datore di lavoro non oltre la data di maturazione dei predetti requisiti.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/04/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 27 Aprile 1988.