Sentenza n.469 del 1988

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SENTENZA N.469

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Veneto 24 agosto 1979, n. 64 (Norme di attuazione dell'art. 6, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 20 settembre 1973, n. 962. Tutela della citta di Venezia e del suo territorio dall'inquinamento delle acque), promossi con ordinanze emesse il 26 marzo e il 20 giugno 1984 (n. 2 ordinanze) dal Pretore di Venezia nei procedimenti penali a carico di De Conciliis Generoso, di Lippi Manlio ed altro e di Lazzari Alberto ed altra, rispettivamente iscritte ai nn. 495, 997 e 998 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 280 dell'anno 1984 e n. 13-bis dell'anno 1985.

Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Considerato in diritto

1. - Le tre ordinanze di rimessione - emanate tutte nel corso di procedimenti penali instaurati dal Pretore di Venezia a seguito di controlli eseguiti, in base all'art. 4 della legge della Regione Veneto 24 agosto 1979, n. 64, dal Laboratorio di igiene e profilassi della Provincia di Venezia su effluenti scaricati da impianti di depurazione nelle acque della Laguna-sollevano una stessa questione di legittimità costituzionale, motivata in termini pressochè identici. I relativi giudizi vanno, quindi, riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

2. - Ad essere posto in discussione é, appunto, l'art. 4 della legge della Regione Veneto 24 agosto 1979, n. 64, nella parte in cui <non prevede che il Laboratorio Provinciale di Igiene e Profilassi dia avviso all'interessato dell'esecuzione dell'analisi ne contempla la possibilità di richiederne la revisione>. Tale norma viene denunciata con riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto l'analisi così compiuta dal Laboratorio <costituisce atto d'accertamento assimilabile alla perizia e come tale idoneo a fondare il convincimento del giudice> nel processo penale che ne può conseguire.

3. -Ad un primo esame, la questione si direbbe inammissibile per incertezza del petitum, data l'apparente alternatività delle soluzioni che il giudice a quo prospetta per superare il contrasto da lui lamentato. In realtà, le due soluzioni esplicitate nella motivazione delle ordinanze (<imporre di dare avviso alle parti interessate dell'inizio delle operazioni d'analisi> oppure <prevedere la possibilità, per le parti medesime, di richiedere la revisione d'analisi>) vengono, cronologicamente e contenutisticamente, a collocarsi su piani ben distinti. Si é, cioé, in presenza di due doglianze nettamente diverse, che, tenuto conto sia del logico succedersi delle operazioni di controllo (prima l'analisi, poi la sua revisione) sia della decrescente consistenza delle possibili forme di tutela degli interessati (partecipare all'analisi o richiederne soltanto la re visione), risultano proposte l'una in via principale, l'altra in via subordinata.

Così puntualizzata, la situazione si presenta lineare. Le ordinanze di rimessione si dolgono, anzitutto, che l'art. 4 della legge della Regione Veneto 24 agosto 1979, n. 64, non imponga al competente Laboratorio provinciale di igiene e profilassi di <dare avviso all'interessato dell'esecuzione dell'analisi>. Solo per l'eventualità di un rigetto di tale prospettazione, il giudice a quo chiede che sia, per lo meno, dichiarata l'illegittimità dell'art. 4 nella parte in cui neppure <contempla la possibilità di richiedere la revisione> dell'analisi.

4. - La questione principale é fondata.

Essa riecheggia i termini di un'analoga, più lontana, questione, che ha avuto per oggetto l'art. 15, settimo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, come sostituito dall'art. 18 della legge 24 dicembre 1979, n. 650, nella parte in cui anch'esso si limitava <ad attribuire ai laboratori provinciali di igiene e profilassi le funzioni di controllo sugli scarichi>, senza prevedere che lo stesso ufficio dovesse <dare avviso al titolare dello scarico del giorno in cui verranno effettuate le analisi sicchè l'interessato possa essere presente con la eventuale assistenza di un consulente tecnico>.

Pur non contenendo cenno alcuno alla sentenza n. 248 del 1983, con cui questa Corte ha dichiarato illegittimo, per violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, l'art. 15, settimo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, come sostituito dall'art. 18, primo comma, della legge 24 dicembre 1979, n. 650, <nella parte in cui non prevede che il Laboratorio Provinciale di Igiene e Profilassi dia avviso al titolare dello scarico affinchè possa presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione delle analisi>, le ordinanze in esame fanno significativamente uso di espressioni e concetti che riportano direttamente a quel precedente: specie la dove era stata messa in risalto la <particolare efficacia probatoria> delle analisi compiute dal Laboratorio provinciale di igiene e profilassi <con un procedimento che é un vero e proprio accertamento assimilabile, nella sostanza, ad una perizia, fonte, quindi, di convincimento del giudice>.

Ovviamente, la presente questione in tanto viene proposta in quanto il giudice a quo non ritiene utilizzabile il suddetto art. 15, settimo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, nei casi che, come quelli di specie, riguardano il bacino sfociante nella Laguna di Venezia, e ciò perchè, a suo avviso, il generale ambito di applicazione di tale comma troverebbe un limite nelle particolarità della regolamentazione dettata per la tutela della città di Venezia e del suo territorio dall'inquinamento delle acque. Una regolamentazione che, dopo la legge 5 marzo 1963, n. 366, ha i suoi punti fermi nella legge 16 aprile 1973, n. 171, nel d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962, e nella legge della Regione Veneto 24 agosto 1979, n. 64, emessa in attuazione dell'art. 6, ultimo comma, d.P.R. n. 962 del 1973.

Proprio l'art. 4 della legge regionale, nel mentre mantiene <ferma... la competenza degli organi dello Stato all'interno della <conterminazione lagunare>, statuisce che <nel rimanente territorio, di cui al terzo comma dell'art. 2> (ovverosia, nel territorio <delimitato nella planimetria di cui all'allegato A> della medesima legge) i controlli previsti dagli articoli prece denti <sono eseguiti dal personale dei laboratori provinciali di igiene e profilassi>, così ripetendo sostanzialmente il dettato dell'art. 15, settimo (allora-cioe, prima della sostituzione operata dall'art. 18 della legge 24 dicembre 1979, n. 650 -sesto) comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, circa l'affidamento delle funzioni tecniche di controllo sugli scarichi ai laboratori provinciali di igiene e profilassi.

L'interpretazione che dei rapporti tra le due norme da il giudice a quo non può certamente essere oggetto di sindacato in questa sede. D'altra parte, la stessa ratio decidendi sottostante alla declaratoria di parziale illegittimità dell'art. 15, settimo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, come sostituito dall'art. 18, primo comma, della legge 24 dicembre 1979, n. 650, non può non valere nei confronti di una previsione normativa che, per la particolare delicatezza ed importanza degli interessi tutelati, deve farsi tanto più carico delle esigenze inviolabili del diritto di difesa.

5.-Anche in ordine all'art. 4 della legge della Regione Veneto 24 agosto 1979, n. 64, va, dunque, ribadito, in linea con la sentenza n. 248 del 1983, che <se é logico che l'Autorità amministrativa, cui compete il diritto di effettuare i campionamenti delle acque..., non abbia l'obbligo di preavvisare il titolare dello scarico circa il momento in cui verranno effettuate le operazioni di prelievo per evitare che possano essere apportate modifiche agli scarichi e di conseguenza fatte sparire le tracce di ogni irregolarità, non altrettanto può dirsi per quanto riguarda il momento delle analisi delle acque campionate. Infatti queste debbono essere esaminate con la massima tempestività stante la loro deteriorabilità e pertanto le analisi non sarebbero utilmente ripetibili nel corso del successivo procedimento penale>. Pure qui é la <particolare efficacia probatoria del risultato delle analisi> ad imporre <che sia dato avviso> all'interessato <onde consentirne la presenza con l'eventuale assistenza di un consulente tecnico>. In altre parole, il fatto che un'analisi non ripetibile in sede processuale a causa della rapida deteriorabilità del suo oggetto sia idonea a diventare fonte di convincimento del giudice non può non rendere necessaria una pronta e, quindi, immediata tutela del diritto di difesa, a sua volta realizzabile soltanto con l'avvisare dell'inizio delle operazioni d'analisi chi dal loro esito sfavorevole potrebbe risultare irrimediabilmente pregiudicato.

Con l'accoglimento della questione come prospettata in via principale resta assorbita l'altra prospettazione subordinatamente formulata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Veneto 24 agosto 1979, n. 64 (Norme di attuazione dell'art. 6, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 20 settembre 1973, n. 962. Tutela della città di Venezia e del suo territorio dall'inquinamento delle acque), nella parte in cui non prevede che il Laboratorio provinciale di igiene e profilassi dia avviso dell'inizio delle operazioni d'analisi al responsabile dello scarico affinchè questi possa presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione delle operazioni stesse.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/04/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 27 Aprile 1988.