Sentenza n.410 del 1988

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SENTENZA N.410

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (<Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili>), in relazione all'art. 6, primo comma, n. 2 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (<Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria>), promossi con n. 10 ordinanze emesse il 25 agosto 1986 dalla Commissione tributaria di primo grado di Piacenza sui ricorsi proposti dalla Pia Casa di Ricovero e Provvidenza Maruffi, dall'Opera Pia Madonna della Bomba e dall'Istituto Sordomute Scalabrini, iscritte ai nn. da 806 a 815 del registro ordinanze 1986 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n 4/1a s.s. dell'anno 1987.

Visti gli atti di costituzione della Pia Casa di Ricovero e Provvidenza Maruffi e dell'Opera Pia Madonna della Bomba nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi l'avv. Luigi Papi per la Pia Casa di Ricovero e Provvidenza Maruffi e l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

l. - Con dieci distinte ordinanze di identico contenuto si solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, nella parte in cui prevede l'applicazione dell'I.N.V.IM., per decorso decennio, anche agli immobili di proprieta di enti pubblici ed in particolare delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, in riferimento all'art. 77 Cost., in quanto la norma denunciata contrasterebbe con il criterio della legge di delega 9 ottobre 1971 n. 825 (art. 6), che ne prevede l'applicabilità solo agli immobili appartenenti a società.

In via subordinata si prospetta l'illegittimità costituzionale dell'art. 25, comma secondo, lett. a del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 - nella parte in cui, prevedendo l'esenzione dell'I.N.V.IM. decennale per lo Stato, le regioni, le provincie ed i comuni e i relativi consorzi ed associazioni dotate di personalità giuridica, non la prevede anche per le I.P.A.B. -in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto porrebbe in essere una ingiustificata disparità di trattamento soprattutto in considerazione dell'affinità degli scopi di queste ultime rispetto a quelli perseguiti dallo Stato e dagli enti beneficiari dell'esenzione.

2. - I giudizi vanno riuniti in quanto le ordinanze di rimessione prospettano questioni identiche.

3. - La questione relativa all'art. 3, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, sollevata in riferimento all'art. 77 Cost. per un asserito eccesso di delega (in relazione all'art. 6 legge n. 825 del 1971) é manifestamente inammissibile.

Va difatti rilevato che il testo dell'art. 3 del citato d.P.R., quale attualmente in vigore e della cui legittimità si dubita, é quello risultante dalla modifica introdotta dalla legge 22 dicembre 1975 n. 694 e, quindi, non può avere alcuna rilevanza il dedotto profilo di eccesso di delega.

4.l.-Con la seconda questione, relativa all'art. 25, secondo comma, lett. a, d.P.R. n. 643 del 1972, si deduce il contrasto con l'art. 3 Cost., a causa della mancata equiparazione-ai fini dell'esenzione dell'imposta per decorso decennio-tra gli immobili appartenenti <allo Stato, alle regioni, alle provincie, ai comuni e ai relativi consorzi o associazioni dotate di personalità giuridica> (come previsto dall'impugnata norma, art. 25, secondo comma, lett. a) e quelli appartenenti agli istituti pubblici di assistenza e beneficenza, sostenendosi che queste perseguirebbero <finalità parallele se non addirittura integrative rispetto a quelle dello Stato e degli altri enti pubblici>.

4.2. - La questione non é fondata.

Devesi al riguardo preliminarmente considerare che il legislatore ha già previsto, per gli immobili di enti pubblici con sede nello Stato, non aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, l'esenzione dall'I.N.V.IM. decennale a condizione che essi siano <destinati all'esercizio delle attività istituzionali> (art. 25, secondo comma, lett. c) nonchè, indipendentemente dalla qualificazione del proprietario, quando gli immobili siano <totalmente destinati allo svolgimento ... di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie ...> (art. 25, secondo comma, lett. e) del d.P.R. n. 643 del 1972).

Pertanto, in presenza di tali disposizioni, la differenza del regime fiscale risulta in larga parte attenuata giacchè anche gli immobili delle I.P.A.B. godono del beneficio in parola, in quanto siano direttamente destinati al perseguimento di finalità che solo il legislatore, nel suo discrezionale apprezzamento può assimilare a quelle svolte dallo Stato, regioni ed enti locali, estendendo il medesimo beneficio.

4.3-Per quel che riguarda gli altri immobili non direttamente utilizzati ma destinati a produrre un reddito, devesi ribadire il principio già affermato da questa Corte (sent. n. 134 del 1982; n. 108 del 1983; n. 86 del 1985) secondo cui le ipotesi di esenzione e di agevolazione fiscali hanno carattere derogatorio e quindi la loro previsione e esclusivamente rimessa alla valutazione del legislatore. Da ciò la conseguenza che il profilo della disparità di trattamento potrebbe essere considerato solo se la discriminazione dovesse risultare operata in ragione di quegli elementi esemplificativamente elencati nell'art. 3 Cost., perchè solo in presenza di una circostanza del genere potrebbe parlarsi di arbitraria disparità.

La situazione delle I.P.A.B. é invece obiettivamente non omogenea rispetto a quella degli enti territoriali e simili cui sono concesse le esenzioni, essendo le relative discipline, nel loro complesso, totalmente differenti e quindi non comparabili.

Basterebbe al riguardo solo considerare che la maggior parte degli enti cui sono concesse le esenzioni hanno carattere necessario, essendo di rilevanza costituzionale, mentre gli altri enti previsti costituiscono loro derivazione.

Per quel che riguarda poi il riferimento alle esenzioni concesse agli enti di natura ecclesiastica dall'art. 45 della legge 20 maggio 1985, n. 222, e da rilevare che si e in presenza di una disciplina nella sua genesi pattizia ancorchè promulgata con legge ordinaria, e questa sola peculiarità e di per se sufficiente ad impedire ogni raffronto comparativo.

In presenza di situazioni così disomogenee non é perciò fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, secondo comma, del d.P.R. n. 643 del 1972, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.

E' da rilevare infine che questa Corte con la sentenza n. 301 del 1987 (sia pure affrontando il problema sotto un profilo in parte diverso), non ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l'assoggettamento all'INVIM degli immobili delle IPAB.

In tale occasione si é ribadito il principio della libertà di scelta del legislatore e quindi non irragionevole che questi, nel concedere l'esenzione solo agli immobili direttamente strumentali, non abbia ritenuto apprezzabile-al fine di concedere un medesimo trattamento-che per gli altri immobili il loro reddito si <incorpori> nel patrimonio dell'ente per essere destinato al perseguimento delle sue finalità.

Tale affermazione, in linea con tutta la giurisprudenza di questa Corte in tema di esenzioni fiscali, anche se affronta i l problema in termini diversi appare nelle sue conclusioni di tutta evidenza pertinente anche ai fini della risoluzione della questione in esame, per cui non può essere condiviso l'assunto, sostenuto dalla parte privata, secondo cui essa sarebbe ininfluente ai fini del presente giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma primo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (<Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili>), nel testo modificato dalla legge 22 dicembre 1975, n. 694, sollevata in riferimento all'art. 77 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma secondo, lett. a) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (<Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili>), sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 07 Marzo 1988.