Sentenza n.376 del 1988

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SENTENZA N.376

 

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Dott. Francesco SAJA Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 36 e 119 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchè sperimentazione organizzativa e didattica), promossi con le seguenti ordinanze:

 

1) ordinanza emessa il 1S ottobre 1986 dal T.A.R. per il Piemonte sul ricorso proposto da Romano Silvio ed altri contro l'Università degli studi di Torino ed altri, iscritta al n. 225 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25/prima serie speciale dell'anno 1987;

 

2) ordinanza emessa il 24 giugno 1986 dal T.A.R. per la Calabria - Catanzaro sul ricorso proposto da Bellinello Pier Francesco contro l'Università degli studi della Calabria ed altri, iscritta al n. 394 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39/prima serie speciale dell'anno 1987.

 

Visti gli atti di costituzione di Romano Silvio ed altri e di Bellinello Pier Francesco nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1988 il Giudice relatore Francesco Saja;

 

uditi l'avvocato Alessandro Nigro per Romano Silvio ed altri, l'avvocato Carlo Rienzi per Bellinello Pier Francesco e l'Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

l. - Le ordinanze in epigrafe sollevano due questioni concernenti la medesima normativa; pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

 

2.-Con la prima di dette questioni il T.A.R. del Piemonte ha impugnato l'art. 36 d.P.R. 11 luglio 1980, n.382 () nella parte in cui prevede a favore dei professori universitari a tempo pieno la maggiorazione del 40Vo della retribuzione spettante ai professori a tempo definito, senza comprendervi anche l'indennità integrativa speciale, e così omettendo-sempre ad avviso del giudice a quo-di attuare compiutamente, in riferimento agli artt. 76 e 77 Cost., il precetto della norma delegante (art. 4, primo comma, lett. c, l. 21 febbraio 1980 n. 28).

 

La questione non é fondata.

 

E' vero che la legge delega, nel citato art. 4, dispone che al docente universitario a tempo pieno deve essere assicurato un trattamento economico superiore di almeno il quaranta per cento del del corrispondente personale a tempo definito; mentre la norma delegata, oggetto dell'impugnazione, non comprende nel calcolo della maggiorazione anche l'indennità integrativa speciale.

 

Tuttavia non é possibile ritenere che sussista la lamentata violazione della delega, in quanto deve escludersi che nell'espressione possa rientrare la detta indennità.

 

Questa Corte con la recente sentenza n. 220 del 1988 ha, con ampia ed analitica motivazione, escluso che, allo stato della legislazione vigente, l'indennità integrativa speciale possa costituire un elemento della retribuzione spettante all'impiegato statale, avendo invece di regola, per la sua natura e funzione, una propria autonomia.

 

Nè in contrario vale l'unico argomento addotto, che fa perno sull'espressione , usata, come s'é detto, dalla legge delega.

 

Il rilievo, invero, si ancora ad un elemento puramente letterale, trascurando quello logico, che per converso non può essere omesso in un corretto procedimento ermeneutico.

 

Al riguardo é decisiva l'osservazione che, a seguire la tesi del giudice a quo, il docente universitario a tempo pieno percepirebbe due volte (una volta parzialmente, e cioé per il 40t/o, e, l'altra, completamente per la sua qualita di pubblico dipendente) l'indennità integrativa speciale. Per contro, quest'ultima, in quanto strettamente e specificamente correlata all'esigenza di compensare l'aumentato costo della vita, non può essere, per definizione, percepita che una sola volta. Trattasi di una regola generale che consegue di necessita alla funzione di detta indennità e che peraltro é ribadita anche legislativamente (arg. ex artt. 1, quarto comma, e 2, sesto comma, l. 27 maggio 1959, n. 324).

 

Deve quindi concludersi che nell'espressione , usata dal citato art. 4, non rientra l'indennità integrativa speciale e che la norma impugnata non si discosta affatto dall'ambito della delega.

 

3.-Per quanto possa sembrare ultroneo, ritiene la Corte di dover rilevare come la differenza del trattamento economico, che forma oggetto di questo giudizio, abbia una consistenza minima, se non addirittura irrisoria.

 

Pertanto la sua esclusione non é affatto idonea ad incidere negativamente su uno degli scopi essenziali della riforma universitaria, ossia quello, autorevolmente posto in rilievo, di ricondurre gli studiosi ai doveri primari della ricerca e dell'insegnamento sulla base di una libera scelta, sostenendone anche con un'adeguata retribuzione la vocazione esclusiva agli studi. La mancata realizzazione di tale finalità, suscettibile di compromettere l'effettivo progresso culturale e quindi l'evoluzione socio-economica del Paese, si ricollega ad un complesso di cause, tra cui rientra sicuramente anche la mancata previsione di una congrua retribuzione, tale da compensare i mancati guadagni della libera professione.

 

Perciò la Corte, pur non potendo riconoscere, per insuperabili ragioni tecnico-giuridiche, la fondatezza della questione, relativa ad un emolumento economicamente insignificante, non può non auspicare che la riforma universitaria possa avere, nell'ulteriore fase di attuazione, i necessari ed opportuni miglioramenti anche sotto l'aspetto retributivo.

 

4.-Pure infondata é l'altra questione con cui il T.A.R. della Calabria - Catanzaro, ha dedotto, in riferimento agli artt. 36, 76 e 77 Cost., l'illegittimità costituzionale degli artt. 36 e 119 d.P.R. 11 febbraio 1980 n. 382 cit., nella parte in cui svincolano il trattamento economico degli assistenti universitari da quello dei professori, per i quali e stato disposto l'aggancio al trattamento dei dirigenti statali risulterebbe così violato l'art. 5, sesto comma, della citata legge delega 21 febbraio 1980 n. 28, che vieta una modifica in peius della posizione degli assistenti e non sarebbe altresì osservato il principio di proporzionalità della retribuzione alla qualità del lavoro, sancito dall'art. 36 Cost.

 

Per quanto concerne il primo profilo, é sufficiente notare come la formula della legge delega (

Ne consegue che anche tale censura non può trovare accoglimento.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 (), sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 Cost., dal T.A.R. per il Piemonte con l'ordinanza indicata in epigrafe;

 

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 36 e 119 d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, sollevata, in riferimento agli artt. 36, 76 e 77 Cost., dal T.A.R. per la Calabria - Catanzaro con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/03/88.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Francesco SAJA, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 31 Marzo 1988.