Sentenza n.373 del 1988

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SENTENZA N.373

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 37 del t.u. 23 gennaio 1973, n. 43 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 2 aprile 1982 dal Tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra la Società esercizio magazzini generali di Catania e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 761 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 81 dell'anno 1983;

2) ordinanza emessa il 2 aprile 1982 dal Tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra la ditta Garibaldi e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 762 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 81 dell'anno 1983;

3) ordinanza emessa il 5 luglio 1984 dalla Corte di appello di Genova nel procedimento civile vertente tra la s.p.a. San Giacomo provveditorie marittime e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 1175 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti di costituzione della Società esercizio magazzini generali, della ditta Garibaldi e della s.p.a. San Giacomo provveditorie marittime, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1988 il Giudice relatore Francesco Saja;

uditi l'avv. Ugo Monterosso per la Soc. esercizio magazzini generali e la ditta Garibaldi e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

l.-I giudizi promossi con le tre ordinanze in epigrafe hanno identico contenuto e pertanto debbono essere riuniti decisi con unica sentenza.

2.-L'art. 37 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, come interpretato autenticamente dall'art. 23 ter d.l. 31 ottobre 1980 n. 693, convertito nella l. 22 dicembre 1980 n. 891, stabilisce che l'obbligazione doganale e esclusa in caso di perdita della merce, da intendere come dispersione e non pure come sottrazione della disponibilità della stessa.

I giudici rimettenti dubitano che tale disposizione contrasti: a) con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), in quanto tratterebbe in modo ingiustificatamente deteriore, nell'ambito della categoria degli importatori, il soggetto che, avendo subito una sottrazione, é stato privato del bene e tuttavia viene assoggettato al tributo; b) con il principio della capacita contributiva (art. 53 Cost.), in quanto non collegherebbe il tributo ad un indice concretamente rivelatore di ricchezza.

3.-Al riguardo occorre premettere che l'art. 36, primo comma, d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 stabilisce testualmente, quale presupposto dei diritti di confine sulle merci estere (i più importanti nell'ambito dei diritti doganali: art. 24 d.P.R. cit.), la loro destinazione al consumo entro il territorio doganale: destinazione da indicare nella dichiarazione ex art. 56 d.P.R. cit., con cui l'operatore economico rende noto all'Amministrazione finanziaria l'intenzione di importare definitiva mente la merce stessa.

Aggiunge l'art. 37 che si considera non avvenuto il presupposto dell'obbligazione tributaria quando il soggetto passivo dimostri, tra l'altro, che la mancanza in tutto o in parte della merce (estera) dipende dalla sua <perdita>; ed il citato art. 22 ter del cit. d.l. n. 693 del 1980 convertito dalla legge n. 891 del 1980, interpretando autenticamente la suddetta espressione <perdita>, dispone-come s'é detto-che essa va intesa come <dispersione> e non come <sottrazione della disponibilità del prodotto>.

Tale norma, com'é chiaro, da rilievo unicamente all'elemento oggettivo, nel senso che esclude l'obbligazione tributaria soltanto se la merce, per essere venuta meno nella sua consistenza fisica, non possa essere immessa nel circuito commerciale nazionale; per contro, non attribuisce importanza al fatto che tale immissione avvenga ad opera dell'importatore ovvero di persona che ne abbia acquistato la materiale disponibilità anche mediante reato.

E' appena il caso di aggiungere che la disposizione impugnata, secondo l'intenzione del legislatore esplicitamente dichiarata nel capoverso dell'art. 23 ter cit., ha funzione interpretativa e perciò efficacia retroattiva, consentita nel nostro sistema costituzionale, che la esclude soltanto nella materia penale.

4. - Ciò premesso, osserva la Corte che le ordinanze di rimessione deducono, come già si é detto, la violazione del principio di eguaglianza in quanto il legislatore irrazionalmente avrebbe distinto tra <dispersione> e <sottrazione della disponibilità del prodotto>.

La proposta questione non é fondata.

L'obbligazione tributaria doganale per le merci é indissolubilmente collegata all'ingresso delle medesime nel mercato nazionale, e proprio in ciò trova il suo fondamento e la sua ragion d'essere. La distruzione od il completo deterioramento dei beni rendono impossibile tale ingresso e perciò impediscono il sorgere dell'obbligazione tributaria. Per converso, la perdita della soggettiva disponibilità non rende il bene inutilizzabile, trasferendosi soltanto ad altra persona la concreta possibilità di disporne e di effettuarne così l'immissione nel circuito commerciale: dal che consegue l'esclusione di una immutazione oggettiva della situazione da cui nasce l'obbligazione tributaria, conformemente a quanto disposto dalla normativa impugnata.

5.-Vale aggiungere che tale disciplina, essendo connaturata, secondo la comune concezione, alla finalità intrinseca del tributo doganale, non e esclusiva del nostro Paese, ma e significativamente accolta in altri ordinamenti. Essa, invero, si applica nell'ambito della Comunità economica europea, secondo il disposto della direttiva del Consiglio delle Comunità 25 giugno 1979 n. 623, emanata per armonizzare le diverse norme nazionali sull'obbligazione doganale (art. 4): ed in tale senso é la sentenza della Corte di giustizia emessa dalla IV Sez. il 5 ottobre 1983 in cause 186 e 187/82, la quale ha espressamente dichiarato la disciplina italiana, attualmente impugnata, conforme a quella comunitaria.

Inoltre la stessa regola é accolta, al di la dello spazio europeo, anche su piano internazionale, in base alla convenzione di Kioto 18 maggio 1973 sulla semplificazione ed armonizzazione dei regimi doganali: essa, infatti, dopo aver disposto al punto 22 dell'allegato E3 che <les marchandises entreposees qui sont detruites ou irremediablement perdues, par suite d'accident ou de force majeure, ne sont pas soumises au droits et taxes a l'importation>, precisa poi nell'allegato B1 che <les marchandises volees ne sont pas considerees detruites ou irremediablement perdues>.

6.-Da tutto ciò discende chiaramente come il principio di eguaglianza sia stato invocato fuor di proposito per effetto della diversità-generalmente riconosciuta-delle due situazioni messe a raffronto, non sussistendo nell'una, a differenza dell'altra, la possibilità di immissione in commercio della merce importata.

Nè certo possono valere le affermazioni, peraltro assiomatiche e approssimative, svolte dalle ordinanze in base a pretese ragioni d'equità, giacche, a parte ogni altra, intuitiva considerazione, é evidente come sia il contribuente stesso a decidere spontaneamente di tenere in deposito le merci destinate alla circolazione commerciale, sicchè il rischio, che dipende dalla sua scelta, deve essere da lui sopportato senza che sia possibile addossarlo all'Amministrazione finanziaria.

7. -Circa il riferimento all'art. 53 Cost., dopo quanto é stato sopra osservato sono sufficienti brevissime notazioni.

Invero, la capacità contributiva consiste, com'é noto, nell'idoneità ad eseguire la prestazione coattivamente imposta, correlata non già alla concreta capacita del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l'obbligazione e collegata.

Quando tale presupposto sussista e sia, come nella specie, non irragionevolmente definito dal legislatore, l'imposizione della prestazione tributaria é certamente legittima, e gli accadimenti successivi non sono idonei, salvo diversa disposizione di legge, ad escludere la sussistenza dell'indicato presupposto.

Conseguentemente risulta del tutto irrilevante che in concreto il contribuente consegua o no l'utilità sperata, restando inalterato, per quanto si é detto, il rapporto tributario. Devesi in conclusione ritenere che, sotto entrambi i profili dedotti, la proposta questione non é fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 37 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43-interpretato autenticamente dall'art. 23 ter d.l. 31 ottobre 1980 n. 693, convertito dalla l. 22 dicembre 1980 n. 891 -, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. dal Tribunale di Catania e dalla Corte d'appello di Genova con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco SAJA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31 Marzo 1988.