Ordinanza n.73 del 1988

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ORDINANZA N.73

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 46 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (<Norme sui contratti agrari>), pro mosso con ordinanza emessa l'8 febbraio 1985 dal Pretore di Matelica, iscritta al n. 279 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 196 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto che nel procedimento civile - relativo ad un rapporto di mezzadria-vertente tra Ruggeri Gino e Paggi Gino, instaurato a seguito di provvedimento pretorile d'urgenza ex art. 700 e seguenti del codice di procedura civile, il Pretore di Matelica, sulla eccezione del resistente di improcedibilità dell'azione, non avendo il Ruggeri esperito il preventivo tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 46 della legge n. 203 del 1982, con ordinanza emessa l'8 febbraio 1985, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 46 della legge 3 maggio 1982, n. 203, nella parte in cui assoggetta le controversie in materia di contratti agrari alla condizione di procedibilità del tentativo obbligatorio di conciliazione, adducendo che la norma denunziata introdurrebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni identiche, con pregiudizio del diritto di difesa;

che la normativa di cui al Capo I, Titolo IV, del Libro secondo del codice di procedura civile, colloca sullo stesso piano le controversie di cui all'art. 409 del codice di procedura civile, laddove per il giudizio in materia di lavoro il tentativo preventivo di conciliazione e rimesso alla discrezionalità del ricorrente;

che l'Avvocatura dello Stato ha concluso per la declaratoria d'infondatezza.

Considerato che nella recente legislazione procedurale c.d. <specializzata> l'istituto della conciliazione preventiva trova applicazione in diverse materie e risulta chiaramente finalizzato ad evitare la pendenza giudiziaria della lite, essendo strutturato nei vari casi secondo diversi modelli di raccordo con l'azione giudiziaria;

che la non obbligatorietà per le vertenze di lavoro del preventivo tentativo di conciliazione trova la sua giustificazione nella necessita di raccordare con l'azione giudiziaria le disposizioni dei contratti collettivi, che in genere prevedono l'esperibilità solo facoltativa della conciliazione dinanzi alle associazioni sindacali, a differenza di quanto era previsto dal l'ordinamento corporativo, nel cui ambito l'art. 431 del codice di procedura civile, prefigurava come obbligatorio il previo esperimento del tentativo di conciliazione;

che questa Corte (sent. 13 aprile 1977, n. 63) ha già avuto modo di ribadire in relazione all'art. 24 della Costituzione, che tale <precetto costituzionale non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, e non vieta quindi che la legge possa subordinare l'esercizio dei diritti a controlli o condizioni, purchè non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attività processuale>;

che per le cause agrarie di competenza pretorile non può ravvisarsi nello speciale onere del previo tentativo di conciliazione un adempimento vessatorio di difficile osservanza ne un'insidiosa complicazione processuale tale da ledere il diritto di difesa dell'attore, non potendosi d'altronde istituire una identità tra la materia del lavoro e quella dei contratti agrari.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 46 della legge 3 maggio 1982, n. 230 (<Norme sui contratti agrari>), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Matelica con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 21 Gennaio 1988.